CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 settembre 2019, n. 22290
Rapporto di lavoro – Contratto di somministrazione – Indicazione della causale – Specificità
Rilevato che
1. La Corte di appello dì Brescia, in accoglimento del ricorso proposto dalla S. D. – F. Italia s.p.a., ha riformato la sentenza del Tribunale di Bergamo ed ha rigettato la domanda, proposta da A. V. con la quale era stata denunciata, tra l’altro, l’illegittimità del contratto di somministrazione in relazione al quale il V. aveva prestato la sua attività in favore della società utilizzatrice S. D.- F. Italia dall’11 gennaio al 24 febbraio 2012 e di cui era stata chiesta la conversione con condanna della società al risarcimento del danno.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che la causale del contratto (mantenimento delle attuali cadenze di produzione in relazione alle variazioni di mix produttivo) fosse sufficientemente specifica ed ancorata a precisi ed oggettivi elementi di identificazione tenuto conto della realtà concreta in cui il contratto si doveva calare. Inoltre, il giudice di appello ha verificato in concreto l’effettività dell’esigenza prospettata nel periodo in cui il V. era stato assunto oltre che la sua temporaneità.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A. V. affidato a due motivi ulteriormente illustrati da memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1. cod. proc. civ.. Resiste con controricorso la S. D. – F. Italia s.p.a.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso è censurata la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 27 d.lgs. n. 276 del 2003, ritenuto sufficientemente specifica la causale apposta al contratto di somministrazione intercorso nel periodo dall’11 gennaio al 24 febbraio 2012 oltre che effettive le ragioni ad essa sottese. Osserva al riguardo il ricorrente che l’espressione “mantenimento delle attuali cadenze di produzione” è priva di un parametro di riferimento che consenta di verificarne l’attualità e la durata nel periodo di esecuzione del contratto. Mancherebbe poi un riferimento al numero dei pezzi da produrre ed inoltre l’espressione “mix produttivo” non contiene elementi di raffronto dai quali sia possibile comprendere rispetto a quale standard l’esigenza di è posta e quando è insorta. Infine, sostiene il ricorrente che il giudice non avrebbe verificato se vi era un collegamento tra la causale apposta e le mansione richieste al ricorrente.
4.1. Sotto altro profilo, poi, sostiene il V. che, con riferimento all’art. 27 del decreto 276 del 2003, la Corte di appello non avrebbe verificato se in concreto vi era corrispondenza tra l’esigenza produttiva e la sua attività di addetto all’assemblaggio delle cabine dei trattori tenuto conto del fatto che mentre la produzione di trattori era assestata su una media di 70 unità al giorno, per le cabine il numero era più ridotto e le variazione del mix produttivo non incidevano su quella linea.
5. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esaminare di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ., con riferimento alle specifiche mansioni svolte dal V. sulla linea di produzione delle cabine alla quale era preposto quale addetto al montaggio piantoni. Ad avviso del ricorrente la sentenza non avrebbe posto in evidenza se vi era una specifica relazione tra la sua concreta utilizzazione nel contesto produttivo aziendale e le esigenze dedotte nel contratto di somministrazione.
5. Le censure, da esaminare congiuntamente, risultano in parte inammissibili ed in parte infondate.
5.1. Non sussiste infatti la denunciata violazione degli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 276 deel 2003. La Corte di merito nel pervenire al convincimento della specificità della causale apposta al contratto di somministrazione è stata ritenuta sufficientemente specifica applicando i criteri dettati in via generale da questa Corte anche attraverso una verifica, in concreto, della sussistenza delle esigenze ivi richiamate.
Va qui ribadito che in tema di somministrazione di manodopera, il controllo giudiziario sulle ragioni che la consentono è limitato all’accertamento della loro esistenza, non potendo esso estendersi, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, al sindacato sulle valutazioni tecniche ed organizzative dell’ utilizzatore, il quale è tenuto a dimostrare in giudizio l’esigenza alla quale si ricollega l’assunzione del lavoratore, instaurandosi, ove tale onere non sia soddisfatto, un rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatore della prestazione (cfr. Cass. 15/07/.2011 n. 15610, 09/09/2013 n. 20598). Deve considerarsi che la disciplina della somministrazione di lavoro è dettata dal d. Igs. n. 276 del 2003, artt. da 20 a 28. Il primo di tali articoli, l’art. 20, intitolato “condizioni di liceità”, definisce il contratto di somministrazione e distingue tra somministrazione a tempo determinato e a tempo indeterminato. Con riferimento alla somministrazione a tempo determinato, le condizioni di liceità sono indicate al comma 4, con questa disposizione: “la somministrazione a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell’utilizzatore”. L’articolo successivo, il 21, statuisce che il contratto di somministrazione di manodopera deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere una serie di elementi. Tra gli elementi necessari, il punto c) indica “i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20”. Il termine “casi” è riferito al terzo comma concernente la somministrazione a tempo indeterminato, consentita nella casistica delineata ai punti da a) e i) di quel comma. Il termine “ragioni” è riferito al quarto comma, concernente il contratto di somministrazione a tempo determinato, ammesso solo in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
5.2. Tutto ciò premesso, come già osservato in precedenti di questa Corte (cfr, in tali termini, in particolare, Cass. 8.5.2012 n. 6933) “la risposta da dare al problema concernente la necessità o meno che le ragioni del ricorso alla somministrazione siano specificate non può che essere positiva”. Ed invero, la normativa prevede come “condizione di liceità” che il contratto sia stipulato solo in presenza di ragioni rientranti in quelle categorie ed impone di indicarle per iscritto nel contratto a pena di nullità (art. 21, u.c.); inoltre, l’art. 27, comma 3, sancisce che il controllo giudiziale è limitato “all’accertamento della esistenza delle ragioni” (e quindi consiste proprio in tale verifica). La conseguenza di tutto ciò è che tali ragioni devono essere indicate per iscritto nel contratto e devono essere indicate, in quella sede, con un grado di specificazione tale da consentire di verificare se rientrino nella tipologia di ragioni cui è legata la legittimità del contratto e da rendere possibile la verifica della loro effettività. L’indicazione, pertanto, non può essere tautologica, né può essere generica. Non può risolversi in una parafrasi della norma, ma deve esplicitare il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta, (cfr. in tali termini , Cass. 6933/2012 cit.). A tale esigenza di specificazione della causale si ricollega il successivo controllo di effettività della esigenza che si intendeva soddisfare presso la realtà aziendale facente capo all’utilizzatore.
5.3. Nel caso in esame, le ragioni del ricorso al lavoro in somministrazione sono state ricondotte, in relazione al contratto di somministrazione a tempo determinato oggetto di esame, alla necessità, di mantenere “le attuali cadenze di produzione in relazione al mix produttivo” mentre i precedenti contratti erano collegati il primo “alle punte di intensa attività cui non possa farsi fronte con il ricorso di normali assetti produttivi – incremento produzione in linea di montaggio centro costo 137” ed il secondo al “temporaneo aumento della produzione dovuto ad un incremento degli ordini rispetto agli anni precedenti” L’ indicazione delle ragioni in sede contrattuale è stata ritenuta sufficientemente specifica sul punto dai giudici del merito, in quanto la ricorrente ha dedotto con riferimento alle specifiche causali di ogni contratto quali erano in concreto le ragioni sottese alle causali stesse verificate in concreto nel corso del giudizio. Anche sul punto la giurisprudenza di legittimità si è espressa (Cass. 8/05/ 2012, n. 6933, cui si rinvia anche per i richiami e, successivamente, Cass. 09/09/2013 n. 20598, Cass. 01/08/2014 n. 17540, Cass. 06/10/2014 n. 21001). La verifica della corrispondenza dell’impiego concreto del lavoratore a quanto affermato nel contratto è l’oggetto centrale del controllo giudiziario. Non vi sarebbe stato bisogno di una norma specifica a tal fine, perché valgono le regole generali dell’ordinamento. A tale riguardo, il terzo comma dell’art. 27 del D. Lgs. n. 276 del 2003 precisa che il giudice, se non può sindacare nel merito le scelte tecniche, organizzative o produttive in ragione delle quali un’impresa ricorre alla somministrazione, deve orientare il suo controllo “all’accertamento delle ragioni che (la) giustificano”, cioè che giustificano il ricorso alla somministrazione. Il controllo giudiziario è concentrato, quindi, nella verifica della effettività di quanto previsto in sede contrattuale (sul punto, cfr., Cass. 6933 del 2012, cit.; 2521 dei 2012 cit.,15610 del 2011 e, da ultimo Cass. 8120 del 2013 nei sensi riportati). Questo accertamento è di competenza del giudice di merito e quindi, se motivato in maniera adeguata e priva di contraddizioni, non può essere rivalutato in sede di legittimità (Cfr. Cass. 27/10/2015 n. 21916 , 09/10/2017 n. 23513 I).
6. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente soccombente che è del pari tenuto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R.
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