CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10310
Tributi – Accertamento catastale – Rideterminazione del classamento – Attribuzione nuova rendita
Rilevato che
con sentenza n. 38/16/13 del 28.1.2013 la CTP di Milano dichiarava l’estinzione per mancata riassunzione del giudizio proposto da A. S.r.l. avverso due avvisi di accertamento (M11024874/2008 e M11025298/2008) con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto alla rideterminazione del classamento e alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale a due unità immobiliari ubicate in Milano;
la CTR della Lombardia, con sentenza n. 4051/06/2014 del 13 marzo 2014 in riforma della citata sentenza rilevava l’erroneità della declaratoria di estinzione del giudizio e, decidendo sui ricorsi riuniti, rigettava l’appello proposto dalla predetta s.r.l. sia in ordine all’eccepito difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, sia con riguardo al merito della pretesa, ritenendo fondati gli avvisi stessi;
avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la A. s.r.l. deducendo tre specifici motivi di gravame;
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso;
Considerato che
con il primo motivo la ricorrente ha dedotto “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., dell’art. 3 Legge n. 241/1990 e dell’art. 7 Legge n. 212/2000 in ordine al difetto di motivazione degli avvisi di accertamento”.
La fattispecie in esame riguarda, infatti, due rettifiche di classamento e conseguente attribuzione di nuova rendita catastale operati dall’Agenzia del Territorio, in attuazione dell’art. 1, comma 335, della legge 311/2004, su diciotto unità immobiliari ubicate in Milano di proprietà della ricorrente A..
Orbene, secondo quanto risulta dagli atti, l’eccezione di carenza di motivazione – come evidenziato dalla difesa dell’Ufficio sulla scorta del contenuto della memoria di replica della ricorrente depositata il 6.5.2010 in sede di appello – non è stata mai formulata tanto che la stessa ricorrente si era premurata in quella sede di affermare che “gli scriventi non hanno eccepito la carenza di motivazione ma bensì la falsa applicazione di norme di diritto in quanto il comportamento tenuto dall’Agenzia del Territorio è stato contestato come non rispondente nella fattispecie ai principi che lo dovevano dirigere”.
Deve, pertanto, concludersi nel senso della inammissibilità del motivo costituendo l’eccezione riguardante la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento domanda nuova contenente un nuovo diverso titolo della pretesa improntato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, così come argomentato dalla CTR nella sentenza impugnata.
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto “violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., del RDL 13 aprile 1939, n. 652, del DPR 1 dicembre 1949, n. 1142, dell’art. 1, commi 335 e ss. Legge n. 311/2004, nonché del D.M. 27 settembre 1991, in ordine al criterio estimativo comparativostatistico adottato dall’Agenzia del Territorio”.
La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto “congrue le rettifiche operate” e approvato, ritenendola “assolutamente corretta” la metodologia utilizzata dall’Ufficio nell’adozione delle rettifiche castali operata, in violazione delle disposizioni normative indicate, sulla base di valutazioni statistiche riferite alla “microzona” di ubicazione dell’immobile e non sulla in esito ad un preventivo esame delle specifiche caratteristiche dell’unità immobiliare oggetto di accertamento.
Il motivo è infondato.
Va, infatti, considerato in primo luogo che la CTR ha motivato adeguatamente il giudizio espresso in ordine alla congruità delle rettifiche operate richiamando la zona di ubicazione delle unità immobiliari servita da ogni tipologia di mezzi di trasporto nella microzona 1 nella quale il rapporto tra valore medio catastale e valore medio di mercato era pari a 4,88 e, quindi, di gran lunga discordante dal rapporto medio comunale pari a 3,03″), il riscontro offerto dalle fotografie prodotte ( “… che ben evidenziano la tipologia del palazzo nonché gli interventi di ristrutturazione che prevedono, internamente, anche la riqualificazione dell’impianto termico, la sostituzione dell’ascensore, la messa a dimora di un moderno impianto fotovoltaico)”, valutando, altresì, la elevata redditività derivante di canoni di locazione percepiti. La Corte, peraltro, non può entrare nel merito delle operate valutazioni.
Parimenti infondate, poi, sono le doglianze riguardanti la ritenuta illegittimità del criterio adottato per la rettifica del classamento: la normativa in vigore, risalente al 1949, prevede l’applicazione dell’estimo indiretto per comparazione con le unità tipo di riferimento ed è quello che è stato seguito dall’Agenzia analizzando il fattore posizionale, quello edilizio e la specificità delle singole unità, attribuendo loro un maggior valore economico considerando tutti gli elementi a disposizione. In particolare, quanto al negozio non è stata-attribuita la classe massima prevista dal tariffario – che nella zona censuaría di Milano è la ventiduesima, ma la sedicesima.
Con il terzo motivo, infine, è stata dedotto “omesso esame, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti”.
Il motivo è inammissibile in quanto auspicante un sindacato della Corte su elementi di fatto al fine di pervenire a un diverso e nuovo apprezzamento del materiale probatorio esaminato dalla CTR in sede di merito e già ritenuto supportante appieno l’operato dell’Ufficio.
In ogni caso, va evidenziato come non siano risultati ben evidenziati né i fatti asseritamente omessi né la decisività degli stessi. Comunque, la adeguatezza degli elementi di valutazione e delle argomentazioni addotte dalla CTR a sostegno della ritenuta congruità del nuovo classamento consente di affermare la correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dall’organo giudicante.
La reiezione del ricorso comporta la conferma della sentenza impugnata e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, per la cui liquidazione si rimanda al dispositivo.
Sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito, agli accessori di legge e dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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