CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 novembre 2021, n. 34063
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico del reddito – Redditometro – Elementi indice di capacità contributiva – Presunzione legale – Prova contraria del contribuente – Limiti
Ritenuto che
Con la sentenza in epigrafe, la CTR del Veneto accoglieva parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Treviso, che aveva accolto in parte il ricorso del contribuente, G. O., avverso più avvisi di accertamento, per gli anni 2006, 2007 e 2008, con i quali l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dal contribuente.
In particolare, con l’avviso di accertamento riguardante l’anno 2006, l’Ufficio aveva accertato sinteticamente un reddito imponibile di euro 92.806,00, oltre interessi e sanzioni, in luogo del reddito complessivo di euro 9.439,00 dichiarato dal contribuente; con l’avviso di accertamento per l’anno 2007, il reddito imponibile era stato accertato in euro 104.157,00, oltre interessi e sanzioni, in luogo di quello dichiarato pari ad euro 9.802,00 e, con l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008, l’Ufficio determinava sinteticamente il reddito di euro 96.404,00 – oltre interessi e sanzioni – in luogo di quello di euro 28.730,00 dichiarato da G. O..
La Commissione tributaria provinciale, giudicando eccessiva la determinazione sintetica del reddito operata dall’Ufficio, aveva ridotto l’ammontare del dovuto, per ciascuna delle tre annualità, ad euro 30.280,54, decisione in parte riformata dalla CTR del Veneto che, con la sentenza qui impugnata, accoglieva in parte l’appello dell’Agenzia delle entrate determinando i redditi attribuibili al contribuente in euro 50.586,95 per l’anno 2006, in euro 59.581,95 per l’anno 2007, ed in euro 53.290,09 per l’anno 2008. Avverso la sentenza della CTR di cui in epigrafe, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
G. O. ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso successivo affidato a dodici motivi cui non replicato con controricorso l’Agenzia dell’entrate.
Considerato che
1. Preliminarmente s’impone la riunione delle impugnazioni che, nella specie, è obbligatoria ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto trattasi di impugnazioni che investono lo stesso provvedimento (v. Sez. Un., 23/01/2013, n. 1521; conf., Sez.5, 30/10/2018, n. 27550).
1.1. In proposito va considerato che il ricorso successivo di G. O. vale ricorso incidentale, atteso che, per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione (che, nel caso di specie, riguarda il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate) benché tutte le altre impugnazioni dovrebbero essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, con l’atto contenente il controricorso, tale ultima modalità non è essenziale, di tal che il ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante (cfr., Sez. 2, 14/01/2020, n. 448).
2. Per l’esame dei ricorsi appare utile esporre preliminarmente la struttura che la CTR ha dato alla motivazione della decisione impugnata. Ed infatti, in considerazione della varietà dei beni cd. indice di capacità contributiva presi in considerazione dall’Ufficio per la rideterminazione del reddito di G. O. (residenza principale e secondaria, beni immobili adibiti ad uso diverso, autovetture d’epoca, motocicli, incrementi patrimoniali di varia natura tra cui denaro proveniente da disinvestimenti), i secondi giudici, come hanno esposto nella premessa di cui al paragrafo 8 della sentenza, hanno ritenuto di affrontare il merito della controversia in base ad un “riesame” dei valori determinati dall’Ufficio relativamente ai singoli beni indice e degli elementi offerti da ambo le parti a sostegno delle proprie tesi. In considerazione del metodo prescelto, hanno articolato la motivazione in paragrafi specifici sulle diverse questioni agitate in causa, riguardanti la determinazione del reddito afferente alla residenza principale (§8.1), alla residenza secondaria (§ 8.2), al possesso dell’autovettura Triumph targata (…), al motoveicolo Triumph tg. (…), alle spese assicurative, al motoveicolo Sumbeam S8 tg. (…) (§8.3), agli incrementi patrimoniali relativi agli acquisti di autovetture per gli anni 2010 e 2011 (§8.4), ai disinvestimenti patrimoniali (§9.2.1.), ai redditi da pensione (§9.2.2); nei paragrafi successivi, la motivazione si sofferma sulle questioni di diritto relative alla legittimità dell’applicazione del cd. redditometro, alla presunzione legale relativa che ne deriva e alla prova contraria (“controprova”) rilevante a favore del contribuente (§9.3.1.), ai criteri in base ai quali è stato ridotto il reddito rispetto a quello determinato negli avvisi di accertamento (§9.3.2) e, infine, sulle questioni riguardanti la irrogazione delle sanzioni (§ 9.3.3).
3. Col primo mezzo di ricorso principale, l’Amministrazione finanziaria ha impugnato il capo della decisione, distinto con il paragrafo n. 8.4, che ha annullato la ricostruzione sintetica dei redditi correlata alla spesa per incrementi patrimoniali in quanto relativa ad acquisti effettuati negli anni 2010 e 2011 successivi a quelli di accertamento riguardanti gli anni dal 2006 al 2008 (v. § 8.4: «passando all’esame delle quote degli elementi patrimoniali va riconosciuta l’illegittimità, perché in palese contrasto con le norme sul redditometro, della considerazione delle spese per l’acquisto negli anni 2010 e 2011 delle autovetture targate EC…. ed EF….., trattandosi di acquisti effettuati in anni successivi a quelli accertati»), deducendone l’erroneità per violazione dell’art. 38,d.P.R. 29/09/1973, n. 600, nella formulazione previgente alla novella introdotta dall’art. 22 d.l. 31/05/2010 n. 78, conv. mod., l. 30/07/2010 n. 122.
3.1. Col secondo mezzo la difesa erariale si duole, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., della violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, 61 d.lgs. 31/12/1992 n. 546, 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. civ., 111 Cost., per difetto assoluto di motivazione rispetto alla prova gravante sul contribuente per dimostrare la disponibilità dei redditi per gli incrementi patrimoniali contestatigli (§ 8.4.), per dimostrare la disponibilità dei redditi esenti (disponibilità che la CTR avrebbe confermato per il 50% della spesa riguardante l’acquisto dell’autovettura targata D…., essendo danaro proveniente da un conto corrente cointestato al contribuente ed a sua moglie), nonché l’entità del reddito e la durata del possesso, quali circostanze sintomatiche che la spesa fosse stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte.
3.2. Il secondo motivo di ricorso principale – che va esaminato prioritariamente poiché riguarda un vizio di nullità della sentenza che, se sussistente, travolgerebbe interamente la decisione impugnata – è infondato, non sussistendo la nullità dedotta in quanto la motivazione della decisione impugnata supera certamente l’asticella del cd. minimo costituzionale (cfr., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Sez. 6- 5, 07/04/2017, n. 9105; Sez. 1 , 30/06/2020, n. 13248), essendo in essa indicate le ragioni per le quali si è ritenuto corretta la valorizzazione, ai fini della rideterminazione del reddito, della spesa di euro 29.000,00 per l’acquisto, nell’anno 2007, dell’autovettura targata ID3990PK, per il quale i giudici di secondo grado hanno attributo al ricorrente il 50% di tale spesa, sul presupposto che trattavasi di denaro proveniente da conto corrente cointestato con la moglie. Né il parametro di censura evocato consente di verificare la correttezza dell’applicazione della regola iuris afferente alle regole di riparto dell’onere probatorio, non avendo la ricorrente dedotto il diverso vizio di cui al n. 3, dell’art. 360 cod. proc civ., vizio che non è possibile sussumere in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., in quanto l’articolazione del secondo motivo di ricorso è chiaramente volta a denunciare la nullità della sentenza per omissione di motivazione e non altri vizi.
3.4. Il primo motivo di ricorso principale è fondato e va accolto. Va considerato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, gli elementi e le circostanze di fatto utilizzate per l’accertamento sintetico di cui all’art. 38, quarto comma, d.P.R. 29/09/1973 n. 600, nella formulazione vigente ratione temporis per gli avvisi di accertamento relativi agli anni 2006-2008, non debbono necessariamente riferirsi all’anno in contestazione, ma possono essere accaduti in anni diversi, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi.
Ciò in quanto, in base alla formulazione previgente dell’art. 38, quarto comma, del d.P.R. cit., è consentito all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito, e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. La norma non esclude la possibilità di superare dette presunzioni, ma sempre che il contribuente soddisfi l’onere, a suo carico, di provare che la disponibilità di quel reddito presunto non rientra nella base imponibile da prendere in considerazione ai fini della determinazione delle imposte (cfr., ex pluribus, Sez. 1, 02/06/1992, n. 6714; Sez. 1, 22/12/1995, n. 13089; Sez. 5, 21/06/2002, n. 9099; Sez. 5, 01/07/2003, n. 10371; Sez. 5, 07/06/2006, n. 13316; Sez. 5, 20/04/2012, n. 6226, richiamata dalla ricorrente; Sez. 6-5, 26/03/2014, n. 7163).
3.5. Da tanto ne deriva che il capo della decisione impugnato col primo mezzo di ricorso principale è erroneo – con conseguente accoglimento, in parte qua, del ricorso principale – in quanto, per superare le presunzioni derivanti dall’applicazione dei parametri contenuti nel decreto ministeriale cui al comma quarto dell’art. 38 d.P.R. cit., il contribuente avrebbe dovuto provare che il reddito presunto non rientrava nella base imponibile presa in considerazione dall’Ufficio perché gli incrementi patrimoniali in questione (acquisto delle due autovetture negli anni 2010 e 2011) non derivano da redditi già disponibili nell’anno dell’accertamento.
4. Passando all’esame dei dodici motivi di ricorso incidentale, occorre esaminare dapprima gli ultimi due motivi in quanto con essi il ricorrente incidentale ha dedotto un vizio del procedimento, comportante una nullità che, se sussistente, travolgerebbe l’accertamento e l’intera sentenza. Ed infatti, con l’undicesimo mezzo la difesa di G. O. deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la nullità del procedimento e della sentenza impugnata per non aver la CTR rilevato che gli avvisi di accertamento oggetto di causa non erano stati sottoscritti dal Capo dell’Ufficio o di altro impiegato alla carriera direttiva. La stessa questione dell’invalidità dell’avviso di accertamento è dedotta col dodicesimo mezzo, seppur sotto il diverso profilo della violazione di legge (art. 42, d.P.R. n. 600 del 1973), in relazione al paradigma di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ.
4.1. La questione posta con ambo i mezzi risulta inammissibile prima ancora che infondata.
In primo luogo, va evidenziato che la relativa questione (mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore degli atti impositivi), non risulta ritualmente dedotta con l’atto di appello non avendo il ricorrente incidentale localizzato la proposizione della relativa eccezione in sede di gravame (cfr. Cass., 23/06/2017, n. 15769 che, in tema di contenzioso tributario, ha affermato che il giudice d’appello, attesa la particolare natura del giudizio, non può decidere la controversia sulla base di un’eccezione – nella specie, relativa alla mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto impositivo – non ritualmente dedotta con l’originario ricorso introduttivo). In ogni caso, essa è priva di pregio considerati i principi affermati da questa Corte in tema di rilevanza della qualifica dirigenziale per la sottoscrizione degli atti del procedimento tributario, secondo cui, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’Ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, tanto che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012 (Cass., 26/02/2020, n. 5177; Cass., 09/11/2015, n. 22810).
5. Col primo motivo di ricorso incidentale G. O. lamenta la violazione di legge e, segnatamente dell’articolo 38, commi 2, 4, 5, 6 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno riformato la sentenza di primo grado che aveva, invece, rideterminato per tutti e tre gli anni d’imposta oggetto di accertamento (2006-2007-2008) il reddito imponibile attribuibile al contribuente nella misura di euro 30.280,54 tenendo conto, prevalentemente, della misura del reddito presunto per l’abitazione principale (v. sentenza, sub § 8.1. e §8.2). Secondo l’assunto del ricorrente incidentale la CTR ha erroneamente considerato gli elementi di fatto posti a base dell’accertamento sintetico che, invece, avrebbero dovuto essere valutati ciascuno per l’effettiva consistenza reddituale che esprimevano («tettoie, capannone e magazzino nonché l’area scoperta non potevano essere presi considerazione stante la specifica natura dei suddetti manufatti», v. ricorso pag. 12), con la conseguenza che il calcolo poteva essere effettuato con riferimento “alla superficie di 100 mq.” in quanto “più congrua espressione della capacità contributiva”, così come affermato dalla Commissione provinciale tributaria di Treviso. Deduce, altresì, che la CTR non ha considerato che il d.m. 10/09/1992 prevede una riduzione del reddito per effetto di altri elementi concorrenti, quali la disponibilità del bene da parte di altre persone e le spese di manutenzione sostenute e documentate (sulle spese, v. pag. 17 del ricorso incidentale sub all. n. 9) così come non ha calibrato la reale capacità contributiva in base alla diversa consistenza dei beni in titolarità di egli contribuente (v. pag. 15 del ricorso ove si evidenzia la differenza di quadratura tra il compendio immobiliare quantificato dall’Ufficio in complessivi metri quadri 533 e la residenza principale sita in Nerversa, di metri quadri 148, contenente anche una parte di guardino che, secondo l’assunto del ricorrente andava scomputata, rispetto alla superficie complessiva; a pag. 17 del ricorso, è richiamata la perizia del geom. D. sulla consistenza catastale e di valore delle tettoie e del capanno ad uso artigianale rispetto alla residenza principale; a pag. 18 del ricorso, in riferimento al paragrafo sub. 8.2 della decisione, è richiamata la quadratura della residenza secondaria – mq 41,25 – per sostenere che essa non giustificherebbe il divario tra gli importi pretesi rispetto alla residenza principale).
Conclude, dunque, per l’erroneità della sentenza impugnata che avrebbe assimilato tutti i beni del compendio immobiliare alle residenze utilizzabili ad uso abitativo e non avrebbe tenuto conto della prova contraria offerta, in tal modo confermando “l’irragionevolezza” dell’accertamento e, quindi, dei redditi attribuiti sinteticamente con gli avvisi di accertamento o oggetto di giudizio.
5.1. Tale mezzo si rivela inammissibile sotto un duplice ordine di considerazioni.
5.2. In primo luogo, com’è evidente dal tenore della censura, esso è inammissibile in quanto assume come violazione di legge quella che, in realtà, non è altro che la richiesta di un nuovo esame di fatti controversi, il cui accertamento è insindacabile in questa sede (v. Sez. 6-3, 04/04/2017, n. 8758; Sez. U, 28/10/2020, n. 23745), essendo il giudice di merito libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso (ex plurimis, cfr. Sez. 5, 21/01/2015, n. 961) e non essendo tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi di fatto portati al suo esame potendo senz’altro limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultino gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente.
5.3. In secondo luogo, il mezzo non supera lo scrutinio di ammissibilità di cui all’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., non avendo il ricorrente offerto validi argomenti critici a sostegno della tesi accolta dal giudice di merito ed in contrasto con quella accolta dall’orientamento di questa Corte in tema dei presupposti legittimanti dell’accertamento sintetico (v. Sez. U, 21/03/2017, n. 7155, secondo cui: «In tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, c.p.c., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti»; id. Cass., 28/12/2020, n. 29629).
5.4. Va in proposito considerato che la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento costante e che qui si condivide e si fa proprio, ha chiarito che la disciplina del cd. “redditometro” introduce una presunzione legale relativa imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni «l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni» (cfr. Cass., 01/09/2016, n. 17487; Cass., 21/10/2015, n. 21335; Cass., 20/01/2016, n. 930). In tal senso è stato soggiunto che, benché l’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, resta individuata nei decreti, sicché l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ciò non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Cass, 19/10/2016, n. 21142). Sono stati chiariti, altresì, i confini della prova contraria offerta dal contribuente per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (Cass., 26/11/2014, n. 25104; Cass., 20/03/2009, n. 6813).
5.5. Tali ultimi principi riguardanti la prova documentale contraria ammessa per il contribuente rappresentano diritto vivente e da essi non pare discostarsi la CTR soprattutto in relazione alla base di calcolo per il valore del redditometro ed alla ritenuta carenza di prova ulteriore rispetto ai cd. “indici”, di cui al decreto ministeriale del 10 settembre 1992 a carico dell’Amministrazione finanziaria (v. §S 8.1., 8.2., 8.3., 8.4, ove, per la residenza principale, la CTR, dopo aver calcolato al 100% la superficie di 148,95 mq, dopo aver ridotto al 25% la superficie residua di mq 216,17, per un totale di 54 mq, dopo aver considerato al 10% le aree con utilizzo promiscuo, ha considerato solo in 75 mq l’area scoperta contro i 1.920 mq accertati dall’Ufficio, valutando, ai fini del redditometro, un totale di mq 320,49 con un valore quale bene indice di euro 41.615,60 euro per gli anni 2006 e 2007 e di euro 43.995,20 per l’anno 2008, evidenziando la carenza di efficacia dimostrativa dell’assunto del contribuente sulle spese di mantenimento della residenza principale e sul possesso da parte del coniuge di redditi idonei a sostenere il 50% delle spese di mantenimento della residenza principale. Per gli incrementi patrimoniali e per la residenza secondaria – per la quale ha distinto la superficie interna calpestabile da quella di poggiolo, considerata al 50% – ha limitato l’efficacia dimostrativa della prova contraria offerta dal contribuente al solo all’utilizzo di risorse prelevate da un conto corrente cointestato con la di lui moglie per l’acquisto dell’autovettura tg. D…).
6. Col secondo mezzo di ricorso incidentale, G. O. ha dedotto la violazione dell’art. 38, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, commi 4, 5, 6, in combinato disposto con i dd.mm . 10/09/1992 e 19/11/1992, là dove, sub §8 e, segnatamente, sub §8.5, la CTR avrebbe stravolto i principi della prova presuntiva, non valutando la prova contraria offerta dal contribuente così determinando erroneamente i redditi attribuibili al contribuente in euro 50.586,95 per l’anno 2006, in euro 59.891,95 per euro per l’anno 2007 e in euro 53.290,09 per l’anno 2008; secondo l’assunto del ricorrente, la CTR avrebbe dovuto disapplicare i parametri di cui ai citati decreti ministeriali e valutare la capacità contributiva alla luce del cd. “nuovo redditometro”.
5.1. Col terzo mezzo incidentale, ribadisce l’erroneità della sentenza impugnata per violazione di legge (art. 38, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, commi 4, 5, 6 e dei dd.mm . 10/09/1992 e 19/11/1992), circa il corretto utilizzo dello strumento del “redditometro”, circa la palese eccessività, rispetto ai criteri indicati dalle norme vigenti, dei risultati raggiunti, nonché circa la mancata considerazione dei chiarimenti e della documentazione prodotta ed, infine, per erroneità dei calcoli effettuati nella determinazione del valore dei beni indice e delle spese per incrementi patrimoniali.
5.1. Il secondo ed il terzo mezzo, raggruppabili per connessione di censure, sono inammissibili, non superando lo scrutinio di inammissibilità di cui all’art. 360-bis 1 cod. proc. civ., stante il pacifico orientamento di questa Corte, qui condiviso (v. supra, par. 5.4.), circa la presunzione legale relativa scaturente dai fattori-indice della capacità contributiva a favore dell’Amministrazione e del corrispondente onere gravante sul contribuente, orientamento, peraltro, fatto proprio dai secondi giudici (v. paragrafo 9.3.1. ove è affermato che il cd. redditometro «ha il valore di una presunzione legale relativa, senza che l’Ufficio sia tenuto a fornire altra motivazione, in quanto si concretizza in un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (…)».
6.2. Col quarto mezzo, si duole dell’omesso esame di fatti decisivi e controversi nel giudizio, riguardante il “fatto” che «tettoie, capannone, magazzino nonché l’area scoperta non potevano essere presi in considerazione stante la specifica natura dei suddetti manufatti», mentre il calcolo avrebbe dovuto «tutt’al più essere effettuato con riferimento alla superficie di 100 mq, ritenuta più congrua espressione della capacità contributiva». Il ricorrente reitera la deduzione secondo cui la CTR non avrebbe considerato che il d.m. 10/09/1992 prevede la riduzione del reddito per effetto della disponibilità del bene da parte di altre persone, nonché di spese sostenute, riduzione non considerata dai secondi giudici, nonché l’erroneità della valutazione espressa dalla CTR nei paragrafi da 8.2 a 8.5, riguardante gli altri incrementi patrimoniali.
6.3. Col quinto, ribadisce l’erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 38, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, commi 4, 5, 6 e dei dd.mm . 10/09/1992 e 19/11/1992, là dove, la CTR non avrebbe preso in considerazione i disinvestimenti patrimoniali – cessioni di immobili e di autoveicoli- effettuati negli anni in contestazione; i redditi dichiarati nel 2007, in quanto diversi e maggiori da quelli individuati dall’Ufficio comprendenti i redditi da pensione; i redditi del coniuge, sig.ra B., in quanto incidenti sui redditi del nucleo familiare.
6.4. Col sesto mezzo di ricorso incidentale si duole dell’omesso esame dei fatti addotti nell’articolazione del quinto mezzo, sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., quali fatti decisivi e controversi nel giudizio (quali i disinvestimenti patrimoniali; i maggiori redditi dichiarati nel 2007; i redditi del coniuge).
6.5. Col settimo mezzo ribadisce l’erroneità della sentenza impugnata per violazione di legge (art. 38, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, commi 4, 5, 6 e dei dd.mm . 10/09/1992 e 19/11/1992), per erroneità del dato numerico valorizzato ai fini della superficie del compendio immobiliare, sito in Nervesa della Battaglia, Via G., adibito a residenza principale ed in comproprietà con la di lui moglie, che avrebbe potuto essere considerato bene indice ai fini della determinazione sintetica del reddito solo per la parte di superficie riguardante la dimora effettiva dell’O. (mq 148,95) e non, invece, dell’intera quadratura (ritenuta pari a complessivi mq 533) riguardante parti immobiliari (tettorie, magazzino, strutture aperte) in quanto aventi natura del tutto diversa dal concetto di “residenza principale” rilevante ai fini dell’accertamento sintetico.
7. Tali mezzi, dal quarto al settimo, sono esaminabili per coppie di censure, stante la loro intima connessione.
6.1. Il quarto ed il sesto mezzo risultano inammissibili in base alla considerazione che esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, anche ex art. 116, commi 1 e 2, cod. proc. civ., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato in relazione al materiale probatorio a sua disposizione, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità (cfr., ex multis, Sez. 3, 01/06/2021, n. 15276).
6.2. Il quinto ed il settimo motivo sono infondati alla luce dei principi di diritto innanzi esposti. Ciò che il ricorrente manca di considerare è che la regola iuris di cui ai commi 3, 4, e 5 dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 comporta l’applicazione di una presunzione legale relativa in favore dell’Amministrazione finanziaria, in base alla quale ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché una volta accertata l’esistenza dei fattori-indice – di cui ai decreti ministeriali – di tale capacità contributiva, l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, gravando sul contribuente l’onere di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (v. comma 6 dell’art. 38 del d.P.R. cit.), e che la prova documentale contraria ammessa riguardi anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso (v. infra, sub. 5.4).
7. Con l’ottavo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’error in procedendo dei giudici regionali nella parte in cui hanno affermato, al paragrafo n. 9.2., che «Per quanto concerne i disinvestimenti patrimoniali effettuati negli anni in cui si riferiscono gli avvisi di accertamento in discussione, la Commissione osserva che i documenti prodotti dal contribuente quali allegati n. 22 al ricorso introduttivo sono privi di un qualche elemento che ne comporti l’autenticità e pertanto privi di valore probatorio», dimenticando di valutarne l’intrinseca valenza indiziaria ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ.
7.1. Tale mezzo è oltre che ammissibile (cfr., Sez. U. 30/09/2020, n. 20807) è fondato. E’ ius receptum, che in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art.22, comma quarto, del d.lgs. 31/12/1992, n.546, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, in tal caso, la produzione del documento in originale, ai sensi del comma quinto dell’art. 22 cit. (cfr. Sez. 5, 22/05/2003, n. 8108, non massimata). Ne deriva che, non essendo stati disconosciuti dall’Agenzia delle entrate, i documenti prodotti dal contribuente, per i disinvestimenti patrimoniali, all’allegato n. 22, in quanto conformi al loro originale, dovevano essere esaminati e vagliati dal giudice di merito ai fini della formazione del suo convincimento (cfr. Sez. 5, 19/08/2004, n. 16232, non massimata).
8. Col nono mezzo il ricorrente incidentale si duole della decisione impugnata nella parte in cui non ha considerato che le sanzioni erano state irrogate senza alcuna motivazione (v. § 9.3.3. della sentenza impugnata) così violando il combinato disposto degli artt. 7, 16 e 17 del d.lgs., 18/12/1997, n. 472.
8.1. In disparte la considerazione che la decisione impugnata ha rigettato la relativa eccezione confermando la sussistenza della motivazione del provvedimento irrogativo delle sanzioni (v. § n. 9.3.3), la questione è superata dal condiviso orientamento di questa sezione (Sez. 5, 04/05/2021, n. 11610) secondo cui l’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, opera soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo caso, viene assolto “per relationem” se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali, mentre nella specie non è nemmeno in discussione che si tratti di sanzioni formalizzate in atto separato.
9. Col decimo motivo di ricorso il ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art 360, primo comma, n. 4, cod. proc civ., nella parte in cui ha ritenuto “inammissibile” la domanda del contribuente relativa alla mancata applicazione degli istituti del concorso di violazioni e della continuazione, dovendo il giudice di merito verificare ex officio la sussistenza di quegli stessi presupposti ove maggiormente favorevoli al contribuente. In altri termini, la CTR sarebbe incorsa in error in procedendo, per aver applicato il cumulo materiale delle sanzioni per gli anni in contestazione e non invece il trattamento più favorevole che sarebbe derivato dal cumulo giuridico e dalla continuazione.
9.1. Tale motivo di ricorso è fondato a va accolto.
9.2. L’art. 12, comma 5, d.lgs. 18/12/1997, n. 472 ha riformulato la disciplina del concorso di violazione e dell’istituto della continuazione nel sistema tributario, prevedendo in linea generale, l’applicazione del principio del cumulo giuridico, reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva l’art. 8 della precedente legge n. 4 del 1929), ossia l’applicazione di una sanzione unica ridotta, in luogo di quella derivante dalla somma delle sanzioni relative ai singoli illeciti (cd. cumulo materiale). Come chiarito da questa Corte (cfr. Sez. 5, 02/03/2020 n. 5648; Sez. 5, 16/5/2002, n. 7163) la funzione dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni è quella di attenuare il maggior rigore del cumulo materiale, non consentendo che nell’applicazione concreta della continuazione sia comminata al contribuente una sanzione eguale o maggiore a quella che sarebbe derivata dalla somma delle singole sanzioni irrogabili per ciascuna infrazione, così superandosi la previgente disciplina sotto diversi rilevanti profili, quali quello dell’obbligatorietà ( la disposizione in parola chiarisce che la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici), quello dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”), quello temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); quello oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo). Si è chiarito che, in attuazione del principio del favor rei, la continuazione deve essere riconosciuta quando, pur mancando un cumulo formale, sussistano tuttavia più violazioni fra loro connesse per le quali, può essere applicato il cumulo giuridico delle sanzioni (Cass., 26/10/2016, n. 21570).
9.3. In base alla vigente disciplina, dunque, in ipotesi di violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, l’Ufficio in sede di notifica dell’atto di irrogazione deve procedere alla ricostruzione di un’unica serie progressiva, che comprende anche le violazioni precedentemente considerate e contestate, e deve tenere conto, nel determinare l’importo della sanzione, di quello già indicato nell’originario atto notificato. Ciò vale anche in sede processuale, considerato che, a mente dell’ art. 12, comma 5, d.lgs. cit., quando siano pendenti più giudizi, non riuniti, anche dinanzi a giudici diversi e sempre con riferimento a una serie di violazioni suscettibili di unificazione, il giudice a cui è devoluta la cognizione dell’ultimo degli atti di irrogazione può procedere, a seguito di ricognizione di tutte le sentenze intervenute nei singoli processi non riuniti, ad una ricostruzione unitaria, sempre che ne sussistano i presupposti secondo le regole fissate dall’art. 12, rideterminando quindi la sanzione unica applicabile (in senso conforme, circolare del Ministero delle Finanze n. 138 E del 5 luglio 2000 e circolare n. 180 del 1998).
9.4. Da tali principi ne deriva che, nella fattispecie in esame, il giudice di merito ha errato nel dichiarare la richiesta del contribuente “inammissibile”, in quanto, a prescindere dalla domanda del contribuente, era tenuto a verificare che le sanzioni irrogate per i diversi periodi di imposta diversi (2006-2007-2008), avessero tenuto conto del vincolo della progressione, essendo tutte oggetto della sua cognizione ed originando dal recupero di base imponibile eseguito in dipendenza del medesimo accertamento, ed in mancanza di tale progressione, era tenuto a rideterminare la sanzione unica applicabile in base ai presupposti di cui all’art. 12 d.lgs. cit. 10. La sentenza va, pertanto, cassata atteso che il trattamento sanzionatorio è questione che fa parte del thema decidendum fin dal primo grado di giudizio.
11. In conclusione, il ricorso principale va accolto limitatamente al primo motivo, rigettandosi il secondo. Il ricorso incidentale va accolto limitatamente all’ottavo motivo (con riguardo ai disinvestimenti patrimoniali di cui al § 9.2.1. della sentenza impugnata) ed al decimo motivo, rigettandosi i restanti; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi di ricorso principale ed incidentale accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, la quale dovrà procedere a nuovo esame delle questioni di cui ai motivi accolti, tenendo conto, ai fini della rideterminazione delle sanzioni, della legge più favorevole sopravvenuta, ossia delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale limitatamente al primo motivo, rigettando il secondo. Accoglie l’ottavo ed il decimo motivo di ricorso incidentale, rigettando i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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