CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 aprile 2019, n. 10549
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Contenzioso tributario
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER) propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello dell’Agente della Riscossione ed accolto l’appello incidentale (sulle spese di lite) proposto da P.C. avverso la sentenza n. 7446/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano in rigetto del ricorso proposto avverso intimazione per mancato pagamento di cartella esattoriale concernente IRPEF 2000 – Add. Reg. sanzioni ed interessi;
il contribuente resiste con controricorso
Considerato che
1.2. parimenti infondata è l’eccezione relativa al preteso difetto di rappresentanza dell’ATER, laddove il controricorrente afferma che il ricorso sarebbe stato proposto per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, priva di rappresentanza ex lege dell’Ente;
1.3. sul punto va richiamata la recente pronuncia della Corte (n. 28684/2018), che ha affermato i principi di seguito illustrati quanto alla difesa in giudizio dell’Ader;
1.4. il d.l. 193/2016, conv. in L. 225/2016, che ha disposto (art. 1, 1° co.) la soppressione di Equitalia a far data dal 1° luglio 2017, mediante cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese ed estinzione ope legis delle società del relativo gruppo svolgenti attività di riscossione nazionale.
Funzione, quest’ultima, che è stata contestualmente assegnata (2° co.) all’Agenzia delle entrate, la quale la esercita tramite la neo-costituita Agenzia delle Entrate-Riscossione, prevede, al comma 8, che «l’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale»; il legislatore ha altresì stabilito che il nuovo ente possa anche avvalersi di avvocati del libero foro, «sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo» e secondo i parametri selettivi di affidamento di cui al d.lgs.50/16 (Codice dei contratti pubblici), statuendo inoltre che: l’ente possa «avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente»; «ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici», l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, possa in ogni caso «assumere direttamente la trattazione della causa»; trovando applicazione, quanto a capacità processuale, l’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente la costituzione in giudizio «diretta» avanti alle commissioni tributarie;
1.5. la norma ha esteso, dunque, l’inammissibilità della rappresentanza processuale volontaria, oltre che espressamente agli uffici dell’Agenzia delle entrate ed a quelli dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (come già si riteneva) ed alle cancellerie o segreterie dell’ufficio giudiziario (come già previsto dal comma 3 bis), anche all’ufficio dell’agente della riscossione, il quale quindi deve stare in giudizio – in particolare, solo nel giudizio di merito- direttamente (o mediante la struttura territoriale sovraordinata), cioè in persona dell’organo che ne ha la rappresentanza verso l’esterno o di uno o più suoi dipendenti dallo a stesso organo all’uopo delegati, e non può farsi rappresentare in giudizio da un soggetto esterno alla sua organizzazione, tranne che nelle ipotesi in cui può avvalersi della difesa dell’avvocatura dello Stato, come espressamente previsto dall’art. 1 comma 8° del citato decreto legge, sebbene detto ente non appartenga propriamente all’ambito delle Amministrazioni dello Stato – trattandosi di ente pubblico economico – alle quali normalmente si riferisce la previsione circa la rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato (art. 1 del r.d. n. 1611 del 1933);
1.6. a tal proposito, va rammentato che l’Avvocatura dello Stato, in aggiunta al patrocinio obbligatorio in favore delle Amministrazioni dello Stato, può essere autorizzata ad assumere la rappresentanza e difesa anche di Amministrazioni pubbliche non statali e di enti pubblici sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato (c.d. patrocinio autorizzato); condizione necessaria per l’esercizio di questo patrocinio è l’esistenza di un provvedimento di autorizzazione che, in virtù di quanto disposto dall’art. 43 cit., può essere costituito da una “disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto”, i quali, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 11 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, devono essere “promossi di concerto” con i Ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze;
1.7. quando sia intervenuto il detto provvedimento, la rappresentanza e la difesa in giudizio sono assunte dall’Avvocatura «in via organica ed esclusiva» (art. 43 del TU cit. come modificato dall’art. 11 della legge n. 103 del 1979), sicché si applicano le stesse regole del patrocinio obbligatorio, fatta salva l’ipotesi di un conflitto con lo Stato o con le Regioni.
Salva la suddetta ipotesi di conflitto di interessi, le Amministrazioni e gli enti suindicati (anche regionali) possono decidere di non avvalersi della Avvocatura dello Stato soltanto «in casi speciali» e previa adozione di «apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza»; si tratta, quindi, di una facoltà esercitabile in casi di carattere eccezionale, come è stato espressamente confermato nel parere del Consiglio di Stato, Sez. II, 29 ottobre 1986, n. 2025 e nella deliberazione della Corte dei Conti 6 aprile 1984, n. 1432, con riguardo al patrocinio delle Università statali e degli altri istituti statali di istruzione superiore;
1.8. la citata recente normativa, in coerenza con l’art. 43 del R.D. n. 1611/1933, espressamente richiamato, secondo cui «l’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti all’autorità giudiziaria, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela o anche alla sola vigilanza dello Stato, sempre che sia stata autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento con regio decreto», introduce il patrocinio autorizzato ai fini della rappresentanza in giudizio dell’Avvocatura, anziché quello obbligatorio come quella prevista per gli enti pubblici statali dall’art. 9 del predetto R.D; con i conseguenti limitati effetti propri di tale forma di rappresentanza consistenti nell’esclusione della necessità del mandato e, salvi i casi di conflitto, nella facoltà di avvalersi di avvocati del libero foro e non dell’Avvocatura dello Stato solo in casi eccezionali previa la suddetta apposita e motivata delibera dell’organo di vigilanza;
1.9. ne consegue il rigetto dell’eccezione sollevata dal controricorrente sul preteso difetto di ius postulandi dell’Avvocatura dello Stato;
2.1. con il ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta che la CTR abbia erroneamente ritenuto che la cartella di pagamento, relativa a crediti erariali (IRPEF), si prescriva nel termine quinquennale in mancanza di impugnazione;
2.2. con la sentenza n. 23397 del 2016 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sancendo che la mancata o tardiva impugnazione di una cartella esattoriale non determina da sola l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello lungo decennale, in quanto tale conversione opera solo in presenza di un titolo derivante da sentenza passata in giudicato;
2.3. in altri termini è stato ribadito come l’effetto della c.d. <<conversione» del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.; tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza dì un titolo giudiziale divenuto definitivo (cfr. in tal senso anche Cass. n. 11800/2018);
2.4. va, tuttavia, posto in rilievo che, secondo un’altrettanto consolidata interpretazione di questa Corte (cfr. Cass. nn. 16713/2016, 24322/2014, 22977/2010, 2941/2007), «il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948, n. 4, c.c. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi»;
2.5. da queste pronunce di diritto si ricava la conclusione che i crediti di imposta sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, l’art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995, per i contributi previdenziali) e salvo l’actio judicati;
2.6. la sentenza impugnata, laddove afferma che il credito erariale scaturente dalle cartelle esattoriali relative a mancato pagamento «IRPEF 2000, addizionali, sanzioni ed interessi», in quanto non impugnate, sarebbe sottoposto alla prescrizione quinquennale, non si è attenuta ai suddetti principi atteso che il credito IRPEF è soggetto alla prescrizione decennale;
2.7. la sentenza impugnata non risulta peraltro conforme a diritto neppure con riguardo all’affermata applicazione del termine quinquennale relativamente alle sanzioni, parimenti oggetto della cartella impugnata, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (cfr. Cass. S.U. n. 25790/2009, Cass. n. 8814/2008);
3. quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità
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