CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2019, n. 30608
Scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento
Rilevato che
la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale stessa sede, ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del credito oggetto dell’intimazione di pagamento contestata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione s.p.a. (già Equitalia Servizi Riscossione s.p.a.) a La S. soc. coop. agricola a r.l. ai sensi dell’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999 n.46;
la Corte territoriale, diversamente dal primo giudice, ha richiamato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite n.23397 del 2016, col quale il Supremo Collegio ha affermato che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento non è idonea a trasformare il termine di prescrizione breve di cui all’art. 3, commi 9 e 10 della I. n.335 del 1995 da quinquennale in ordinario decennale;
la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione sulla base di un unico motivo;
“La S. soc. coop. agricola a r.l.” e l’Inps hanno opposto difese con tempestivo controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
in prossimità dell’Adunanza camerale “La S. soc. coop. agricola a r.l.” ha depositato memoria.
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n.3 cod. proc. civ., l’Agenzia per la Riscossione deduce “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c.: la sentenza contro cui si ricorre è viziata nella parte in cui non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c., trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore”; contesta la conclusione del giudice dell’appello, cui quest’ultimo è approdato sulla scorta della tesi interpretativa espressa dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, insistendo nel ritenere che al caso in esame dovrebbe essere applicata la prescrizione decennale ordinaria, atteso che, a seguito della notifica della cartella il credito contestato si trasformerebbe in un quid novi, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, che il ruolo costituirebbe, pertanto, un titolo esecutivo ex lege e che, in mancanza di una norma ad hoc la quale preveda un termine di prescrizione quinquennale, si applicherebbe il termine ordinario decennale; il motivo non merita accoglimento;
la sentenza gravata ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, cui in questa sede va data continuità, secondo cui «Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.» (Sez. Un. n. 23397 del 2016);
in definitiva, il ricorso è inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controricorrenti, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 5000 in favore di “La S. soc. coop. agricola a r.l.” – da distrarsi in capo al difensore anticipatario – ed Euro 5000 in favore dell’Inps a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
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