CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 febbraio 2021, n. 4009

Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in cassazione – Successiva adesione alla rottamazione delle cartelle – Richiesta di estinzione del giudizio – Omessa allegazione definizione agevolata liti pendenti – Esclusione – Effetti – Inammissibilità del ricorso sopravvenuto difetto di interesse – Condanna alle spese di lite

Ritenuto che

A.A. impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta – irrogazione di sanzioni n. 2011/001/DT/000099195/0/001 con il quale veniva richiesto il pagamento delle imposte relative alla registrazione del Decreto di trasferimento n.991/95 rep. emesso dal Tribunale di Avezzano in esito agli atti intervenuti nella procedura fallimentare n. 991/95.

L’Ufficio liquidava le imposte, in base all’art. 1 della Tariffa parte 1 allegata al T.U.R. sull’importo di euro 460.919,34, quale prezzo quantificato dall’Agenzia delle Entrate, attraverso gli atti acquisiti al fascicolo, per il trasferimento al contribuente della proprietà di un capannone industriale, con liquidazione delle imposte sulla compensazione di credito in base all’art. 22 del T.U.R. e 6 della Tariffa, parte 1 e sull’importo di euro 169.919,34 quale credito della S.r.l. T. ammesso al passivo fallimentare. L’immobile era stato trasferito dal Fallimento della V. S.r.l. ad A.A., nominato acquirente finale del terzo assuntore T. s.r.l., nell’istanza di chiusura del concordato del 12.7.2011 a scioglimento della riserva contenuta nel decreto di omologa del 6.10.2010. Il prezzo dell’immobile, come individuato dall’Ufficio risultava dalla somma di euro 300.000,00 che T. S.r.l. aveva offerto a pagamento integrale delle spese di procedura e dei creditori, e di euro 169.919,34 quale rinuncia di T. s.r.l. al proprio credito ammesso al passivo fallimentare di V. s.r.l.. Il contribuente riteneva, invece, che la somma di euro 300.000,00 era stata già tassata con imposta proporzionale del 3% e che quindi andava tassato a tassa fissa il decreto di trasferimento, mentre la somma di euro 169.919,34 non andava tassata, e di conseguenza la base imponibile delle imposte ipotecarie e catastali doveva essere rideterminata su euro 300.000,00. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 62/IV/2013, dichiarava illegittimo l’avviso impugnato limitatamente alla tassazione della compensazione del credito. Il contribuente proponeva appello che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo con sentenza n. 517/111/14. A.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza svolgendo due motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. Con nota integrativa del 30.10.2020 il contribuente ha comunicato di avere aderito alla rottamazione delle cartelle esattoriali, pertanto ha chiesto la declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, comunicando di avere in ogni caso perso l’interesse ad una pronuncia da parte di questa Corte.

Considerato che

1. All’adunanza camerale del 19.11.2020, fissata per la trattazione della causa, il Collegio rileva che il contribuente ha comunicato di avere aderito alla rottamazione delle cartelle esattoriale, non allegando nessuna documentazione relativa alla definizione agevolata della lite pendente, concludendo comunque con la richiesta di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere in ragione della perdita di interesse alla pronuncia sul ricorso dallo stesso proposto.

Ne consegue che il giudizio non può essere estinto per condono, non essendo consentito a questa Corte valutare la regolarità della definizione della lite.

Il Collegio rileva, altresì, che la rinuncia al ricorso non è stata sottoscritta dalla parte ed il difensore non risulta munito di mandato speciale, pertanto neppure tale rinuncia può produrre l’effetto di estinzione del processo, ma, essendo stato chiaramente esplicitato il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a proseguire il giudizio, è idonea a determinare l’inammissibilità del ricorso per cassazione.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile in ragione del sopravvenuto difetto di interesse ad una pronuncia giudiziale, ma è necessario provvedere alla regolazione delle spese di lite. Si osserva, infatti, che il ricorrente non ha fornito prova della notifica dell’atto di rinuncia alla controparte. Pur rilevando tale atto come espressione di difetto di interesse ad una pronuncia giudiziale ( tanto discende dal fatto che la rinuncia al ricorso per cassazione è atto unilaterale recettizio e non un atto accettizio Cass. Sez.Un. n. 34429 del 2019), la mancanza di accettazione della rinuncia impedisce la compensazione delle spese di lite (Cass. n. 17187 del 2014, richiamata da Cass. Sez. Unite n. 34429 del 2019), le quali, pertanto, devono essere regolate secondo il principio della soccombenza virtuale.

2. Venendo all’esame dei motivi di ricorso, A.A. denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 131 del 1986 e succ. modifiche con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che l’Ufficio avrebbe applicato una duplicazione di imposta perché nel caso di concordato con assuntore già l’omologa aveva avuto effetti traslativi immediati dei beni, con conseguente sua imposizione proporzionale del 3%, sicché ammettendo l’imposizione proporzionale al 7% del successivo decreto di trasferimento, l’Ufficio avrebbe lucrato indebitamente una maggiore imposta proporzionale complessiva del 10%. I giudici di appello, inoltre, sarebbe incorsi nell’omessa motivazione sul fatto decisivo che, pur volendo ritenere l’imposta proporzionale al 3% dell’omologa, l’imposta proporzionale che si poteva porre a carico del contribuente doveva essere quella differenziale del 4%, non potendosi ammettere un risultato impositivo complessivo del 10% superiore a quello di legge.

Le critiche, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono infondate.

Il Collegio rileva che la determinazione della base imponibile è stata correttamente individuata dall’Ufficio, atteso che la stessa corrisponde all’ammontare economico globalmente derivante sia dal fabbisogno concordatario sia dal credito della T. S.r.l., nella misura di euro 460.919,19, come correttamente rilevato dal giudice del merito il quale precisa: “la somma complessiva per la quale la T. era intervenuta era per l’appunto euro 460.919,19, riconoscendosi nella proposta definitiva di concordato (…) che a parte il fabbricato null’altro di valore risultasse all’attivo della società V.”.

Ciò premesso, tenuto conto che A.A. era il terzo designato destinatario finale dei beni da parte dell’assuntore T. s.r.l., va precisato che trattandosi dell’ intervento del terzo assuntore, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha ritenuto che al decreto di omologa debba applicarsi l’imposta di registro in misura proporzionale. E’ stato, infatti, precisato che: ” In tema d’imposta di registro, il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi della letta) dell’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli ‘atti di omologazione contenuto nella lett. g) di detto articolo” (Cass. n. 3286 del 2018); tuttavia la maggiore imposizione che si lamenta essere stata applicata non ha comunque colpito il ricorrente ma la società T. s.r.l., la quale risulta avere definito la controversia con condono (v. controricorso dell’Agenzia delle Entrate).

La tassazione dell’imposta di registro nella misura del 7% è stata, quindi, correttamente applicata ad A.A., quale terzo designato destinatario finale dei beni da parte dell’assuntore T. s.r.l., in ragione dell’effetto traslativo scaturito dal decreto di trasferimento del Tribunale e non come dallo stesso assunto in ragione del provvedimento di omologa del concordato fallimentare (con intervento di terzo assuntore). Trattasi, all’evidenza, di un atto di trasferimento di un bene successivo all’atto di trasferimento degli attivi concorsuali a favore dell’assuntore, e dallo stesso tenuto distinto, che indubbiamente andava tassato ex art. 1, Tariffa 1 TUR sul valore di euro 460.919,34.

In definitiva il ricorso, ai fini della valutazione della soccombenza virtuale, va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese di lite, come liquidate come da dispositivo. Si dà atto che, nella fattispecie, non sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo unificato, di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, atteso che il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso è sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo (Cass. n. 14782 del 2018; Cass. n. 23175 del 2015).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2100,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, ed accessori di legge.