CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 novembre 2020, n. 26296
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Notificazione tardiva – Nullità
Fatti di causa
Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso l’atto con il quale l’Agenzia del territorio di Roma aveva provveduto a rivalutare la rendita catastale di un immobile (seminterrato secondo il ricorrente) sito in via L.M. nella microzona 3 (Trastevere) della città di Roma ex art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, ritenendo tale provvedimento non sufficientemente motivato pur in considerazione delle migliorate condizioni del contesto urbano del quartiere;
che la Commissione Tributaria Regionale, presso la quale la parte contribuente si era costituita, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo la motivazione dell’accertamento adeguata, posto che la procedura di riclassamento è stata effettuata nell’ambito di una cd. “revisione massiva” dei classamenti a livello di microzona, che non prevede una previa visita di sopralluogo;
che la parte contribuente proponeva ricorso affidato a quattro motivi mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso;
con ordinanza interlocutoria n. 6741 del 2020 si riteneva di acquisire il fascicolo di merito alla luce di Cass. SU n. 299 del 2020.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia omesso esame dell’eccezione di tardività dell’appello sollevata dall’appellata in ragione degli artt. 327, comma 1, c.p.c. e 38, comma 3, del d.lgs. n.546 del 1992.
Con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 per l’erronea ed incongrua motivazione in ordine all’eccezione di inesistenza della notifica dell’atto giudiziario, effettuato attraverso l’ausilio di una spedizioniere privato (N. s.p.a.) e non da P.I. s.p.a.
Con il terzo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004, per l’insufficienza e carenza della motivazione del provvedimento di classamento, in considerazione della prova contraria fornita dal contribuente sull’inapplicabilità al proprio immobile del classamento massivo.
Con il quarto motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e 115 c.p.c. nonché violazione del principio di diritto che impone al giudice di decidere sulla base delle prove offerte dalle parti (principio dispositivo, avendo il giudice omesso di valutare la prova contraria fornita dal contribuente in ordine all’applicabilità nel caso specifico del classamento rnassivo).
I primi due motivi, che in quanto strettamente connessi attenendo entrambi alla regolarità della notifica possono essere affrontati congiuntamente, sono fondati.
Infatti, secondo le Sezioni unite della Cassazione n. 299 del 2020: “in tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017“;
“la sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SU n. 299 del 2020).
Si impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda sì naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020) ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle predette sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il diverso e successivo momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.
Tale verifica, consentita anche d’ufficio a questa Corte (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, ex art. 51 del d.lgs. 546 del 1992, spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).
Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, si è potuta constatare la presenza solo dei seguenti atti potenzialmente utili a ricostruire la tempestività o meno dell’appello: la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che risulta depositata il 17 giugno 2016 (che costituisce dunque il termine ad quem), una sorta di ricevuta di consegna a N. di qualcosa da parte dell’Agenzia delle entrate priva di sottoscrizione, con data 18 gennaio 2017 e timbro N. con allegata distinta analitica dei destinatari, in cui al n. 1 compare B.G. (che ha difeso L.E. davanti alla CTR); la costituzione nel giudizio di appello della parte contribuente datata 17 agosto 2017, che dunque costituisce la prima data utile quale termine a quo, non potendosi attribuire giuridica rilevanza alla suddetta ricevuta con annessa la distinta dei destinatari quale data di ricezione dell’appello, con conseguente non tempestività dell’appello, come peraltro era già stato evidenziato dalla parte contribuente in sede di controdeduzioni all’appello dell’Agenzia, pur facendo semplicemente riferimento alla predetta ricevuta, già di per sé riportante una data successiva rispetto ai sei mesi per proporre l’appello.
Ritenuti pertanto fondati il primo e il secondo motivo di impugnazione e assorbiti i restanti terzo e quarto, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, cod. proc. civ., comma 2, ultimo periodo, con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente; ritenuto che possono essere compensate tra le parti sia le spese del doppio grado di merito che quelle del giudizio di legittimità in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.
Compensa le spese dei gradi del giudizio di merito e quelle del giudizio di legittimità.
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