CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 agosto 2020, n. 17333
Tributi – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Agevolazioni ex art. 33, co. 3, della Legge n. 388 del 2000 – Decadenza della agevolazione per la quota non edificata della superficie edificabile – Legittimità
Ritenuto
1. – La Commissione Tributaria Regionale del Veneto con sentenza n. 810/16 del 17 maggio 2016 pubblicata il 20 giugno 2016 ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia n. 513/2015 di accoglimento dei ricorsi riuniti proposti dalla contribuente S. s.p.a. avverso:
a) l’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro (e delle imposte ipotecaria e catastale) applicate ad aliquota ordinaria sulla compravendita di un terreno edificabile in dipendenza della decadenza della agevolazione, prevista dall’art. 33, comma 3, della legge 27 dicembre 2000, n. 388, in relazione – e limitatamente – alla quota non edificata della superficie edificabile;
b) i provvedimenti della Agenzia delle entrate in data 15 gennaio 2014 di diniego del rimborso della ridetta maggiore imposta di registro, ad aliquota ordinaria, e delle connesse imposte ipotecaria e catastale.
Colla ridetta sentenza la Commissione tributaria regionale ha, altresì, riconosciuto alla contribuente intimata, appellante incidentale, il diritto agli interessi maturati e maturandi sulle somme da rimborsare.
2. – L’Avvocatura Generale dello Stato, mediante atto del 12 gennaio 2017 ha proposto ricorso per cassazione.
3. – La contribuente intimata ha resistito mediante controricorso del 23 febbraio 2017, col quale ha anche richiamato i motivi delle controdeduzioni non esaminati dalla Commissione tributaria regionale siccome assorbiti.
Considerato
1. – La Commissione regionale tributaria ha motivato la conferma della sentenza appellata nei termini seguenti.
1.1 – In punto di fatto è accertato che la contribuente, pur non avendo completato la « edificazione totale » della intera area acquistata, ha, tuttavia, realizzato « tutte le opere di urbanizzazione » del terreno (fognature, strade, parcheggi, rete idrica, rete elettrica, rete di distribuzione del gas, etc…), così trasformando irreversibilmente l’immobile nella sua interezza.
1.2 – Per fruire della agevolazione, prevista dall’art. 33, comma 3, della legge 27 dicembre 2000, n. 388, la «utilizzazione edificatoria » non richiede la ultimazione della costruzione di tutti i fabbricati previsti nel piano urbanistico;
Se il legislatore avesse inteso subordinare la concessione del beneficio alla ultimazione dei fabbricati, avrebbe certamente espressamente enunciato tale più rigorosa condizione.
Peraltro nella specie la contribuente ha ottenuto la concessione edilizia solo all’inizio del 2009, per causa a lei non addebitabile, in quanto il Comune aveva « rifatto il piano urbanistico ».
1.2 – Inoltre non è, comunque, configurabile alcuna decadenza a carico della contribuente, in quanto, per effetto delle successive proroghe, disposte dal legislatore, l’originario termine quinquennale è stato ampliato a 11 anni, sicché, all’epoca dell’avviso di liquidazione, « la parte era pienamente nei termini per usufruire della agevolazione »; e aveva diritto al rimborso « di quanto indebitamente versato nel 2013 ».
Non è fondata la tesi della Agenzia delle entrate appellante la quale ha contestato l’applicazione al caso in esame della ultima proroga, disposta col decreto legge 31 agosto 2013, n. 102.
Detta norma ha semplicemente modificato (raddoppiandolo) il termine di proroga dal decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225 (con decorrenza dal 2005) senza modificare la retroattività di quest’ultima disposizione.
2. – L’ Avvocatura generale dello Stato ricorrente sviluppa due motivi
2.1 – Col primo motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 33, comma 3, legge 27 dicembre 2000, n. 388; in relazione all’art. 1 della Tariffa – Parte Prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131; e in relazione all’art. 2645-bis, comma 6, cod.civ.
L’Avvocatura generale dello Stato censura che la Commissione tributaria regionale ha erroneamente interpretato l’art. 33, comma 3, legge 27 dicembre 2000, n. 388, supponendo che per la fruizione del beneficio non fosse necessario il completamento, entro il termine di decadenza, della utilizzazione edificatoria dell’area (quando meno ai sensi dell’art. 2645- bis, comma 6, cod. civ.) essendo, invece, sufficiente a tal fine « l’inizio dei lavori o l’avvio della realizzazione dell’intervento ».
Soggiunge la ricorrente, con richiamo di pertinenti arresti di legittimità, che la interpretazione seguita dai giudici di merito contrasta colla ratio legis della agevolazione della attività edificatoria e dello sviluppo equilibrato del territorio e consentirebbe all’acquirente di procrastinare ad libitum la completa edificazione dell’area o, addirittura, di rivenderla a scopo speculativo.
Con riferimento al rilievo per incidends della Commissione tributaria regionale, in ordine alla data del rilascio della concessione edilizia, l’Avvocatura generale dello Stato ha obiettato che la tempistica del procedimento amministrativo è addebitabile alla intimata, la quale ha presentato un secondo progetto alternativo a quello originario e che, comunque, il legislatore ha stabilito un termine di decadenza sufficientemente ampio in considerazione non solo del tempo occorrente per « la materiale fattura delle costruzioni », ma anche dei tempi necessariamente correlati « alle vicissitudini urbanistiche, amministrative e burocratiche ».
2.2 – Col secondo motivo di ricorso l’Avvocatura generale dello Stato denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 6, comma 6, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 102; in relazione all’art. 2, comma 23, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, « anche in combinato disposto » con l’art. 11, primo comma, preleggi.
Deduce la ricorrente: alla entrata in vigore del decreto legge 31 agosto 2013, recante l’ulteriore prolungamento del termine per l’utilizzazione edificatoria dell’immobile, era già scaduto (alla data del 5 aprile 2013) il termine, già in precedenza prorogato, ai sensi dell’art. 2, comma 23, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225; anche l’avviso di liquidazione è stato notificato (il 14 maggio 2013), prima che entrasse in vigore il decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, quando ormai si era verificata la decadenza della contribuente, con conseguente esaurimento del rapporto tributario; nessuna disposizione prevede la retroattività del ridetto decreto legge; erra la Commissione regionale tributaria nel supporre che il precedente decreto legge 2010, n. 225 fosse retroattivo; come ogni provvedimento di proroga si applica esclusivamente ai termini in corso (e non a quelli già scaduti) al momento della entrata in vigore.
3. – Il ricorso merita accoglimento.
Per ragioni di carattere logico – giuridico la Corte procede all’esame dei motivi di ricorso in ordine inverso rispetto a quello seguito del ricorrente nella presentazione.
Infatti la (ipotetica) soccombenza della ricorrente riguardo al secondo motivo renderebbe ininfluente (qualora, appunto, il termine per la utilizzazione edificatoria dell’area dovesse considerarsi ancora pendente alla data della notificazione degli avvisi di liquidazione) la soluzione della quaestio iuris, proposta col primo mezzo di impugnazione, in ordine alla tipologia della attività edificatoria, della cui realizzazione la legge onera l’acquirente ai fini dell’applicazione della aliquota agevolata.
3.1 – Il secondo motivo di ricorso è fondato.
La Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione dell’art. 11, primo comma, preleggi, in relazione all’art. 6, comma 6, del d. I. 31 agosto 2013, n. 102, convertito in legge con modificazioni dalla I. 28 ottobre 2013, n. 124.
L’art. 11, primo comma, preleggi recita: « La legge non dispone che per l’avvenire; essa non ha effetto retroattivo ».
L’art. 6, comma 6, del d. l. 31 agosto 2013, cit., (entrato in vigore quando per la odierna intimata era già scaduto il termine già prorogato dal precedente d. I. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge con modificazioni dalla I. 26 febbraio 2011, n. 10, e successivamente alla notificazione degli avvisi di liquidazione impugnati), mediante la sostituzione delle parole « tre anni », contenute nel primo periodo dell’art. 2, comma 23, del d. I. 29 dicembre 2010, cit., colle parole « sei anni », ha rideterminato in complessivi undici anni il termine di cui all’art. 1, comma 25, della I. 24 dicembre 2007, n. 244.
La ridetta disposizione recitava nella originaria formulazione: « Nel testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, all’articolo 1 della Tariffa, parte I, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto: 1 per cento” » (sicché per effetto della doppia proroga il temine in parola risulta attualmente elevato a undici anni).
Orbene – a tacere dal rilievo che formalmente trattasi di norma diversa da quella dell’art. 33, comma 3, della I. 23 dicembre 2000, n. 388, applicata cogli avvisi di accertamento (e abrogata dell’art. 36, comma 15, del d.l. n. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge con modificazioni dalla I. 4 agosto 2006, n. 248, disposizione, a sua volta abrogata dall’art. 1, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, senza reviviscenza della disposizione dell’ art. 33, comma 3, cit., « in quanto [la citata novella del 2007] ha modificato le tariffe allegate al d.P.R. n. 131 del 1986 ed al d.lgs. n. 347 del 1990, prevedendo una nuova regolamentazione », pur « restando ferma la ratio della disciplina originaria di diminuire per l’acquirente il primo costo di edificazione connesso all’acquisto dell’area » v. Sez. 5, Sentenza n. 3536 del 14/02/2018, Rv. 647090 – 01) – se è indubbiamente esatto il rilievo della Commissione tributaria regionale circa il carattere retroattivo della disposizione contenuta nell’art. 2, comma 23, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225 (il secondo periodo del medesimo comma stabilisce espressamente che il termine di riferimento per gli atti e le scritture private autenticate « decorre dall’anno 2005 »), è, tuttavia, erroneo l’ulteriore assunto del giudice a quo circa la efficacia retroattiva della modifica operata col d. I. 31 agosto 2013, cit.
Nessuna norma del decreto legge in parola contempla la retroattività della modificazione (apportata all’art. 2, comma 23, del d. I. 29 dicembre 2010, cit.), sicché la medesima, ai sensi dell’art. 11, primo comma, preleggi, non è applicabile « che per l’avvenire », colla conseguenza che la ulteriore proroga del termine de quo (già prorogato a otto anni) opera per i termini pendenti alla data della entrata in vigore del decreto (oltre ovviamente che per i termini il cui decorso non sia ancora iniziato), ma non (anche) per i termini già scaduti come quello del caso di specie, spirato il 5 aprile 2013.
Né – è appena il caso di aggiungere – dai principi generali dell’ordinamento giuridico è evincibile la regula iuris secondo la quale alla modificazione (o alla abrogazione) di una norma retroattiva si propaga la retroattività della disposizione modificata (o abrogata).
Deve, in conclusione, enunciarsi, ai sensi dell’art. 384, primo comma, cod. proc. civ. il seguente principio di diritto:
“In difetto di espressa previsione, non ha effetto retroattivo la modificazione di una disposizione di legge retroattiva. “
3.3 – È, altresì, fondato il primo motivo del ricorso, che assume rilevanza per effetto dell’accoglimento del secondo.
L’accertata scadenza del termine per la « utilizzazione edificatoria dell’area » cui l’art. 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (successivamente abrogato, ma applicabile ratione temporis nella specie) condiziona la agevolazione, rende, infatti, rilevante la questio iuris circa la definizione giuridica della « utilizzazione edificatoria ».
Anche sul punto la Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione di legge.
Soccorre in proposito il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale « in tema di agevolazioni tributarie, la fruizione del beneficio dell’assoggettamento all’imposta di registro dell’ 1 per cento ed alle Imposte Ipotecarie e catastali in misura fissa, previsto dall’art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, vigente ratione temporis, per i trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, postula l’integrale realizzazione di una nuova costruzione, dovendosi escludere la sufficienza dell’esecuzione di opere di urbanizzazione, sebbene oggetto di convenzione di lottizzazione » (Sez. 6-5, Ordinanza n. 3533 del 09/02/2017, Rv. 643206 – 01); in quanto il requisito richiesto per il beneficio « in analogia con quanto disposto dall’art. 2645-bis, comma 6, cod. civ., può ritenersi integrato [solo] quando l’edificio, ancorché non del tutto completato, sia stato eseguito a rustico, con mura perimetrali e copertura, così da assumere nitide caratteristiche funzionali e di reale trasformazione edificatoria del suolo, in verificabile conformità delle prescrizioni urbanistiche »; sicché deve escludersi il beneficio de quo ove « alla scadenza del quinquennio, solo un edificio tra quelli previsti dal piano particolareggiato presenti le caratteristiche del rustico, mentre un altro risulti mancante del 20% di copertura e del 30% di tamponature esterne e, nella residua area, siano state create le sole fondazioni per ulteriori corpi aggiuntivi » (Sez. 6-5, Ordinanza n. 30018 del 14/12/2017, Rv. 646983 – 01; cui adde Sez. 6-5, Ordinanza n. 3449 del 14/02/2014, Rv. 630053 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 13423 del 30/06/2016, Rv. 640164 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 1991 del 04/02/2015, Rv. 634327 – 01).
In conclusione il mancato completamento, nella specie, della utilizzazione edificatoria dell’area nel termine di (cinque prorogato a) otto anni comporta la decadenza dal beneficio.
3.4 – Conseguono alle considerazioni che precedono l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio – anche per le spese del presente giudizio – alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, la quale, uniformandosi ai superiori principi di diritto, pronuncerà sulle residue questioni non esaminate siccome assorbite dalla decisione cassata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione.
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