CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20638

Tributi – Riscossione – Crediti erariali oggetto di cartella di pagamento ritualmente notificata e non impugnata – Termine di prescrizione

Rilevato che

Equitalia Nord S.p.A. ricorre con due motivi avverso L.Z. per la cassazione della sentenza n. 5638/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata in data 2 ottobre 2014, depositata in data 3 novembre 2014 e non notificata, che ha rigettato l’appello principale di Equitalia Nord S.p.A. e quello incidentale della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di intimazione conseguenti alla mancata impugnazione delle cartelle di pagamento relative ad Irpef ed Ilor per gli anni di imposta 1994 e 1995;

la contribuente aveva impugnato le intimazioni, sostenendo la mancata notifica delle cartelle prodromiche e la violazione dell’art. 26 d.P.R. n.602/1973;

la C.t.p. di Pavia aveva accolto il ricorso, ritenendo che per due cartelle non vi fosse la prova della notifica, mentre per la terza che si fosse maturata la prescrizione quinquennale dei crediti erariali;

Equitalia aveva proposto appello limitatamente alla statuizione sulla terza cartella, sostenendo l’avvenuta rituale notifica entro i termini di prescrizione del credito erariale, decennali e non quinquennali;

anche la contribuente aveva proposto appello incidentale, sostenendo l’inesistenza della notifica della terza cartella, non essendo l’agente della riscossione legittimato ad avvalersi direttamente della notifica a mezzo posta;

con la sentenza impugnata la C.t.r. ha ritenuto che i Giudici di prime cure avevano correttamente rilevato l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria, in conformità con il termine quinquennale operante nel caso di specie;

il giudice di appello, dichiaratosi consapevole della questione giuridica inerente l’applicabilità o meno dell’art. 2953 cod.civ. alle cartelle di pagamento notificate da Equitalia e cristallizzatesi, per mancata opposizione, in un credito irretrattabile, riteneva che l’art. 2953 cod.civ. non fosse applicabile alla cartella di pagamento, non avendo quest’ultima la medesima natura giuridica della sentenza;

di conseguenza la cartella doveva intendersi regolata dallo stesso termine di prescrizione del credito da essa riportato;

pertanto, secondo la C.t.r., risultava corretta la scelta dei giudici di prime cure di porre la propria attenzione sulla natura dei crediti vantati dall’amministrazione tributaria e contestati nella cartella, per riconoscere l’applicabilità di un termine di prescrizione quinquennale, ad ogni modo decorso dalla data della presunta notifica della cartella (7 ottobre 2003) a quella della notifica del relativo avviso di intimazione (30 luglio 2012);

a seguito del ricorso, la contribuente è rimasta intimata;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 12 luglio 2021, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;

Considerato che

con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 cod. civ., in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

secondo la ricorrente, la C.t.r. ha errato a dichiarare l’inapplicabilità della prescrizione decennale dopo l’intervenuta definitività dei crediti trasposti nella cartella non impugnata;

invero, l’applicabilità del termine decennale deriverebbe dalla previsione dell’art. 2946 cod. civ. e non da quella dell’art. 2953 cod. civ.;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

la ricorrente, rilevando che la C.t.r. non si era pronunciata in ordine alla validità della notifica della cartella, ritenendo assorbito il ricorso incidentale della contribuente vertente sul punto, ribadisce la ritualità della notifica della cartella, avvenuta per posta secondo le modalità di legge, in ciò contestando le perplessità espresse dalla C.t.p., che, comunque, le aveva superate, ritenendo operante la prescrizione quinquennale;

il primo motivo è fondato con conseguente assorbimento del secondo;

in primo luogo, deve rilevarsi che non è condivisibile l’affermazione della ricorrente, secondo cui la mancata impugnazione, con conseguente definitività della cartella di pagamento, comporterebbe la “conversione” dell’eventuale termine quinquennale di prescrizione del credito erariale in quello ordinario decennale di cui all’art. 2953 cod. civ.;

come questa Corte ha chiarito, <<la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato>> (Cass. Sez. U., Sentenza n. 23397 del 17/11/2016>>;

in successive pronunce, questa corte ha ribadito che, in tema di riscossione mediante ruolo, la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non produce la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11814 del 18/06/2020; Sez. 6-5, Ordinanza n. 11760 del 03/05/2019);

tuttavia, deve rilevarsi che i diversi tributi soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, se la legge non prevede termini prescrizionali differenti;

con riferimento alle imposte Irpef, Ires, Irap ed Iva, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (cfr. Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 10547 del 15/04/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Sez. U, Sentenza n. 8500 del 25/03/2021);

pertanto, sotto tale profilo, il motivo va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.t.r. della Lombardia, che dovrà valutare il decorso del termine prescrizionale in relazione ai tributi oggetto della pretesa erariale;

dunque, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.