CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 ottobre 2019, n. 26985
Tributi – IRPEF – Accertamenti bancari – Conto corrente cointestato fra coniugi – Versamenti – Incassi dell’attività del coniuge – Prova – Registro corrispettivi – Mancata corrispodenza tra incassi e versamento del giorno – Insufficiente
Rilevato
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR del Lazio di rigetto del suo appello avverso una decisione della CTP di Latina, che aveva accolto il ricorso del contribuente D.R.P. avverso un avviso di accertamento IRPEF 2009;
Considerato
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 2973, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto che il contribuente avesse giustificato i versamenti effettuati sul proprio conto corrente bancario, che avevano portato alla rettifica dell’ufficio ed all’avviso di accertamento impugnato, mediante il deposito del registro IVA corrispettivi 2009, riferito all’attività di vendita di generi alimentari esercitata dalla coniuge del contribuente; da tale registro sarebbe emerso che l’importo delle somme versate sul conto corrente suo e della moglie corrispondevano alla sommatoria degli incassi effettuati nel periodo di riferimento per l’attività commerciale svolta dalla consorte del contribuente; tuttavia dal prospetto prodotto dal contribuente e riproposto nel ricorso per la sua autosufficienza, non sussisteva alcuna reale corrispondenza aritmetica e sommatoria fra i singoli versamenti e gli incassi del giorno, trattandosi di incassi aggregati per più giornate, si che la dedotta corrispondenza fra le singole somme versate ogni giorno e l’incasso della giornata medesima era meramente congetturale, non essendo stata accertata alcuna corrispondenza analitica fra singolo versamento e causale allegata; la prova liberatoria avrebbe dovuto viceversa essere circostanziata e non generica;
che l’intimato si è costituito con controricorso;
che il motivo di ricorso è fondato, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 767 del 2011; Cass. n. 15857 del 2016), in presenza di accertamenti bancari condotti ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, è onere del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbano essere recuperati a tassazione o perché egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché non fiscalmente rilevanti in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili; e, per volontà di legge, l’onere dell’amministrazione di provare la sua pretesa è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, restando a carico del contribuente l’onere di provare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, fornendo una prova non generica, ma analitica, riferita pertanto ad ogni singolo versamento bancario;
che, nella specie la CTR si è limitata a rilevare, in modo del tutto generico, che dal registro corrispettivi IVA della consorte del contribuente, emergeva che l’importo delle somme versate sul conto corrente del contribuente e su quello della consorte commerciante corrispondeva alla sommatoria degli incassi effettuati da quest’ultima nel periodo di riferimento, senza procedere ad alcuna disanima accurata delle singole movimentazioni;
che il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va pertanto accolto;
che la sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio della causa alla CTR del Lazio in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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