CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 settembre 2021, n. 25898

Riscossione di crediti previdenziali – Mutamento della natura del credito – Notifica delle cartelle di pagamento – Onere della prova

Rilevato che

con sentenza n. 2285 del 2015, la Corte d’appello di Roma, giudicando nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’opposizione ad iscrizione ipotecaria su immobile di proprietà di L. L. ad opera del concessionario alla riscossione ,per vari crediti tributari e contributivi inevasi portati da diverse cartelle di pagamento che il L. aveva affermato non essergli mai state notificate, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato prescritti i crediti portati da quattro cartelle, dovuti quelli portati da ulteriori sedici cartelle e dichiarata illegittima l’iscrizione di ipoteca, così riformando in parte la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione ritenendo provata, a fronte delle tardive contestazioni sollevate dall’opponente, la notifica delle cartelle tardivamente opposte ad eccezione di una;

la sentenza impugnata ha rigettato il motivo d’appello relativo alla intempestività del disconoscimento delle relazioni di notifica; ha invece ritenuto fondato il motivo con il quale si era rilevata l’omessa pronuncia sui capi dell’opposizione relativi alla nullità della notifica delle cartelle cui si era provveduto a mezzo del servizio postale prima dell’entrata in vigore dell’art. 36, comma 2 quater, d.l. n. 248/2007 conv. in I. n. 31/2008, con consegna al portiere senza invio della seconda cartolina e, per tali aspetti, ha verificato il merito della pretesa, affermando che i crediti compresi tra il 2005 ed il 2009 erano dovuti in quanto non prescritti (non essendo decorsi cinque anni tra il più antico e l’anno 2010) ed essendo indimostrata l’eccezione di pagamento; infine, la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità dell’iscrizione ipotecaria in quanto non preceduta da alcuna comunicazione in contrasto con i principi espressi da Cass. SS.UU. n. 19667 del 2014;

avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS sulla base di due motivi;

L. L. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale basato su due motivi;

Equitalia Sud s.p.a. ha proposto controricorso e ricorso incidentale con un motivo, resistito da L. con controricorso; l’INPS ha depositato delega in calce alla copia notificata del ricorso incidentale di Equitalia Sud. S.p.a.; è stata depositata memoria di costituzione del nuovo difensore di L. L. con procura speciale conferita all’avvocato M.C. in sostituzione dell’avvocato L.P.;

Considerato che

con il primo motivo del ricorso principale, si deduce la nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo in relazione agli artt. 112 e 156 c.p.c. in ragione del fatto che, pur avendo la causa ad oggetto l’opposizione ad ipoteca su diversi immobili e le opposizioni alle cartelle sottese a tali iscrizioni, il dispositivo, in calce alle determinazioni relative a tale oggetto, conteneva la condanna dell’INPS al pagamento della quota spettante all’appellante in qualità di erede di ratei di indennità di accompagnamento spettanti a tale A.E., con decorrenza dal primo settembre 2009 e sino al 31 dicembre 2009;

con il secondo motivo di ricorso principale, l’INPS ha dedotto la violazione dell’art. 3, commi 9 e 10, I. n. 335 del 1995 in relazione all’art. 2953 c.c. perché la sentenza impugnata aveva applicato, alle obbligazioni contributive pretese con le cartelle di pagamento non opposte, il termine di prescrizione quinquennale anziché quello decennale proprio dell’actio iudicati;

entrambi i motivi sono infondati;

il primo è del tutto destituito di fondamento giacché i contenuti del dispositivo relativi alla condanna dell’INPS al pagamento di ratei di indennità di accompagnamento, lungi dal costituire una statuizione in insanabile contrasto con la motivazione, evidenziano che il redattore della sentenza ha commesso un mero errore materiale, emendabile con il previsto procedimento ex artt. 287 e ss. c.p.c., nel momento in cui il dispositivo fu confezionato, verosimilmente a causa dell’utilizzo del mezzo informatico che ha determinato la sovrapposizione di parti di diverso documento a quello relativo alla causa in esame;

è noto, infatti, che non può ravvisarsi insanabile contrasto nell’ipotesi di fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. 17392/04 e 10129/99) può dar luogo ad errore emendabile con la procedura della correzione di errore materiale (Cass. 26074/18)

tale errore materiale è evidente, proprio per la assoluta estraneità della parte di dispositivo relativa al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento rispetto all’oggetto del giudizio effettivamente intercorso tra le parti;

il secondo motivo è infondato, in applicazione del principio espresso da Cass. SS. UU. n. 23397 del 17/11/2016, secondo il quale la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato;

in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009);

allo stesso modo non assume rilievo il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);

con l’unico motivo di ricorso incidentale, Equitalia Sud s.p.a. denuncia, in modo del tutto adesivo rispetto al secondo motivo del ricorso principale, la violazione dell’art. 3, commi 9 e 10, I. n. 335/1995 in relazione alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei crediti portati dalle cartelle non opposte;

tale ricorso incidentale, per il suo contenuto del tutto coincidente ed adesivo alla posizione assunta dall’INPS, va qualificato come ricorso incidentale adesivo al ricorso principale per cui esso è del pari da rigettare;

con il primo motivo, il ricorso incidentale proposto da L. L. denuncia la violazione e mancata pronuncia sulla eccezione relativa all’applicazione delle norme sulla decadenza, che si assume essere stata riproposta in appello e mai rinunciata e, quindi, erroneamente ritenuta non riproposta dalla sentenza impugnata; in particolare, il ricorrente (a pag. 34 del ricorso incidentale) ammette di aver riproposto tale questione all’interno di note autorizzate depositate 10 giorni prima dell’udienza di discussione;

il motivo è infondato;

la sentenza impugnata, dopo aver elencato le ragioni di opposizione fatte valere in primo grado, al paragrafo 2), dà atto che l’appellante aveva denunciato l’omessa pronuncia del primo giudice su ulteriori questioni relative alla nullità delle notificazioni delle cartelle e non aveva riproposto <[…] altre questioni come la decadenza[…]>;

dunque, su tale questione la sentenza si è pronunciata e correttamente ha rilevato l’assenza di devoluzione al grado d’appello del tema della decadenza dell’INPS dal potere di esigere i contributi evasi, dal momento che lo stesso ricorrente incidentale L. riconosce che la questione della decadenza era stata proposta non nel ricorso in appello ma solo in seno a memoria autorizzata;

tale integrazione non è prevista dal codice di rito giacché l’onere della specificazione dei motivi, la quale delimita l’ effetto devolutivo dell’appello, non si esaurisce con l’indicazione dei capi di sentenza contro cui è diretta l’impugnazione, postulando anche l’enunciazione – adeguatamente specifica in rapporto alla motivazione della sentenza impugnata – delle ragioni del gravame, e deve essere assolto, senza possibilità di successive integrazioni, con lo stesso atto d’impugnazione, mediante il quale soltanto è possibile proporre in appello, nel rito del lavoro, le eccezioni in senso lato non soggette al divieto di cui all’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ. ( Cass. n. 363 del 1989);

con il secondo, articolato, motivo di ricorso incidentale si denuncia la violazione del principio sull’onere probatorio (art. 2697 c.c.) e del diritto di difesa, dovendosi ritenere inidonee a provare la regolarità della notifica le copie prodotte da Equitalia Sud s.p.a. delle cartoline di ritorno di un plico e la mancata condanna alle spese;

anche tale motivo è infondato;

la Corte territoriale ha accertato l’ esistenza e la regolarità della notificazione delle cartelle, espressamente indicandole, alla luce della produzione, da parte di Equitalia Sud s.p.a. di copie fotostatiche che erano state disconosciute intempestivamente ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c.;

a fronte di tale contenuto della decisione, il ricorrente incidentale ribadisce la tesi della generica inidoneità della produzione in fotocopia a provare che quelle cartelle fossero state effettivamente notificate;

tale tesi è del tutto infondata avendo questa Corte di legittimità, in ordine ai presupposti ed agli effetti del disconoscimento della conformità agli originali delle copie fotografiche o fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c.., avuto modo di affermare che l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive” (Cass., Sez. 2, 30 dicembre 2009, n. 28096; Cass. Sez. 1, 7 giugno 2013, n. 14416; Cass., Sez. 3, 3 aprile 2014, n. 7775, la quale specifica, altresì, che la suddetta contestazione va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale; vedasi anche Cass., Sez. 3, 21 giugno 2016, n. 12730, con specifico riferimento alla copia fotostatica delle relate di notificazione di cartelle di pagamento prodotte dall’agente della riscossione);

inoltre, quanto agli effetti, si è ripetutamente affermato che il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, giacchè, mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni; ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (vedansi: Cass., Sez. 3, 21 aprile 2010, n. 9439; Cass., Sez. 3, 21 novembre 2011, n. 24456; Cass., Sez. 3, r.g. n. 25338/2015 20 agosto 2015, n. 16998, la quale espressamente afferma che il giudice non resta vincolato alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia; da ultimo, vedasi anche Cass., Sez. 6, 11 ottobre 2017, n. 23902);

la sentenza impugnata ha ritenuto la idoneità delle copie fotostatiche a formare piena prova della notifica delle cartelle esattoriali, per cui, in questa sede, non viene in rilievo la questione del disconoscimento della conformità o meno agli originali delle cartelle esattoriali e dell’eventuale apprezzamento dell’efficacia rappresentativa in base al concorso di altri elementi di prova, dovendosi dare per scontato – in base alle risultanze dei giudizi di merito – che non vi è stato un tempestivo rilievo ex adverso della difformità delle copie fotostatiche;

tali fotocopie sono peraltro significative degli atti riprodotti posto che questa Corte ha affermato che, in tema di notifica della cartella esattoriale, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 602, art. 26, comma 1, parte 2, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione della relata di notificazione e/o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella stessa, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento (la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione) (in termini: Cass., Sez. 3, 27 novembre 2015, n. 24235; Cass., Sez. 6, 11 ottobre 2017, n. 23902) ed, in coerenza a tale indirizzo, si può affermare che, qualora l’ente impositore si limiti a produrre in giudizio la copia fotostatica della relata di notifica per ciascuna cartella di pagamento, senza che il contribuente ne abbia contestato efficacemente la conformità all’originale ai sensi dell’art. 2719 c.c., la prova della notificazione delle cartelle di pagamento può considerarsi assolta sulla base della trascrizione in ogni relata del numero identificativo della rispettiva cartella di pagamento, essendo superflua a tal fine la produzione in giudizio degli originali ( Cass. n. 25139 del 2020);

da ultimo, va disatteso anche il motivo riguardante la compensazione delle spese disposta dal giudice d’appello in piana applicazione del disposto dell’art. 92 c.p.c. essendosi realizzata, nel caso di specie, la parziale soccombenza dell’appellante il quale aveva chiesto, come riferisce la sentenza impugnata, in totale riforma della sentenza di primo grado di rigetto delle opposizioni proposte sia alla iscrizione di ipoteca che alle cartelle alla stessa sottese, il pieno accoglimento delle medesime pretese; la sentenza impugnata, invero, ha rigettato parte di tali richieste accertando, quanto alle cartelle indicate al punto 2) del dispositivo, la sussistenza del debito contributivo dalle stesse portato;

in definitiva, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale proposto da L. L. che quello incidentale, qualificato come adesivo, di Equitalia Sud s.p.a.;

le spese del giudizio di legittimità, a fronte della reciproca totale soccombenza, vanno interamente compensate;

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale proposto dall’INPS, il ricorso incidentale, qualificato quale ricorso adesivo, proposto da Equitalia Sud s.p.a. ed il ricorso incidentale proposto da L. L.. Dichiara compensate tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.