CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2018, n. 10242
Tributi – Accertamento analitico-induttivo – Reddito d’impresa – Contabilità formalmente corretta ma complessivamente inattendibile – Antieconomicità della gestione – Presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Rilevato che
nella controversia originata dall’impugnazione da parte di C.G. di avviso di accertamento relativo ad Iva, Irpef ed Irap anno 2005, l’Agenzia delle entrate ricorre, su due motivi, avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale della Toscana, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente avverso la decisione di primo grado (di rigetto del ricorso) ed in riforma di quest’ultima, aveva annullato integralmente l’atto impositivo.
In particolare, il Giudice di appello, rigettate le “questioni preliminari”, nel merito, rilevava che, in presenza di contabilità regolarmente tenuta, l’onere probatorio gravava sull’Ufficio accertatore ma che quest’ultimo non aveva assolto tale onere in modo corretto e sufficiente, essendo l’accertamento fondato su presunzione semplice. Riteneva, inoltre, che l’attività oggetto di accertamento (autoscuola) godeva, per come detto dallo stesso Ufficio, di esenzione dall’IVA;
il contribuente resiste con controricorso;
il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ., introdotti dall’art.1bis del d.l. 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n. 197;
entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ.;
Considerato che
preliminarmente va rigettata l’eccezione, sollevata dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso per essere stato lo stesso notificato al contribuente presso il luogo in cui esercita l’attività e non presso il domicilio eletto, ovvero presso lo studio del commercialista che lo assisteva nei gradi di merito;
il ricorso risulta notificato, infatti, non solo presso la sede dell’impresa, per avvenuta consegna a familiare convivente, ma anche presso il domicilio eletto (ovvero presso lo studio del dott. P.); in particolare, la raccomandata inviata presso il domicilio eletto risulta essere stata restituita per compiuta giacenza;
nella specie, peraltro, il contribuente ha tempestivamente presentato controricorso debitamente notificato alla controparte, sanando, così, ogni eventuale nullità della notificazione;
secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, infatti, la notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza, ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291, comma 1, c.p.c. con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156, comma 2, c.p.c., applicabile anche al giudizio di legittimità (cfr., di recente, Cass. ordinanza n. 24450 del 17/10/2017; id n. 15236 del 2014);
con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett.d. d.p.r. n. 600 del 1973 e 2927 cod. civ. laddove la Commissione tributaria regionale aveva escluso che, nella specie, non sussistessero i presupposti relativi all’accertamento analitico-induttivo, in presenza di contabilità formalmente regolare e che l’antieconomicità della gestione …perde di significato nella considerazione che con i proventi dell’attività, e quindi, con gli utili, vivevano i componenti della famiglia.. in subordine, qualora si ritenessero le statuizioni in esame fondate su un accertamento in fatto, la ricorrente deduce con il secondo motivo un’insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti decisivi e controversi (ai sensi del previgente testo dell’art. 360, 1 comma n.5 c.p.c.) ovvero l’omesso esame di fatti decisivi (qualora si ritenesse applicabile al ricorso il testo attuale della medesima norma);
la prima censura è fondata con assorbimento della seconda;
la CTR, nel capo di sentenza impugnata, ha ritenuto che l’Ufficio non avesse adeguatamente provato la sussistenza dei presupposti per procedere alla ripresa fiscale, risultando che il contribuente aveva comunque tenuto una contabilità regolare;
– anche l’assunto della antieconomicità della gestione …perde di significato nella considerazione che con i proventi dell’attività e, quindi con gli utili vivevano i componenti della famiglia;
– il percorso logico seguito nella determinazione dei ricavi dell’autoscuola, pur presentando un fondo di sostanza in quanto fondato su elementi certi rimane incerto nelle tariffe concretamente applicate; tale processo può precostituire solo una presunzione semplice;
con tali argomentazioni appare evidente come il Giudice di merito, a fronte del quadro probatorio fornito dall’Ufficio (come emergente dall’avviso di accertamento integralmente riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza e non contestato in atti), abbia violato la normativa di riferimento, come costantemente interpretata da questa Corte, e quella in tema di presunzioni;
in materia, infatti, l’orientamento di questa Corte (tra le molte Cass. Sentenza n. 23550 del 05/11/2014 e di recente, ordinanza n. 25257 del 25/10/2017) è consolidato nel ritenere la legittimità del ricorso all’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa ex art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche in presenza di una contabilità formalmente corretta ma complessivamente inattendibile, potendosi, in tale ipotesi, evincere l’esistenza di maggiori ricavi o minori costi in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente;
mentre, con riferimento all’antieconomicità è stato, anche di recente, ribadito, che nel giudizio tributario, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, perché basata su contabilità complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione ed il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea. Infatti, è consentito al fisco dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere minori costi, utilizzando presunzioni semplici e obiettivi parametri di riferimento, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate a fronte della contestata antieconomicità» (Cass,. Ordinanza n. 25257 del 25/10/2017);
nella specie, alla luce di tali principi, appare evidente l’errore in cui è incorso il Giudice di appello nell’avere ritenuto che l’Ufficio non avesse adeguatamente provato la sussistenza dei presupposti per procedere alla ripresa fiscale risultando che il contribuente aveva comunque tenuto una contabilità regolare e nell’avere, ulteriormente errando, ritenuto privo di significato l’assunto dell’antieconomicità della gestione a fronte dei plurimi elementi forniti dall’Ufficio (che la stessa C.T.R. definisce fondati su elementi certi) sulla base di circostanze, invero, ininfluenti (quale la considerazione che con gli utili vivevano i componenti della famiglia, e precisamente il titolare dell’azienda e i due figli);
ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di merito, in diversa composizione, il quale provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi e fornendo congrua motivazione, nonché all’esame delle questioni ritenute assorbite e riproposte dal contribuente in controricorso, oltre che a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
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