CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 novembre 2019, n. 30939

Tributi – IVA – Credito a rimborso esposto in dichiarazione – Società cooperativa in liquidazione – Cancellazione della società dal registro delle imprese – Effetto estintivo – Richiesta di rimborso da parte dell’ex liquidatore nella qualità – Rifiuto – Legittimità – Diritto spettante direttamente ai soci

Rilevato che

– con sentenza n. 1133/01/14, depositata in data 24 febbraio 2014, la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di A. Coop. Società in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, L.G., avverso la sentenza n. 352/01/12 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società, in persona del liquidatore, avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria sulla istanza di rimborso Iva, risultante dalla dichiarazione Iva 2001, per l’anno di imposta 2000;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che – premesso che il credito esposto in dichiarazione e oggetto della istanza di rimborso non era affatto incontestato, avendo l’Ufficio avanzato, in sede istruttoria, richiesta di documentazione giustificativa in ordine alla sua esistenza e consistenza – stante l’avvenuta liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese – con conseguente estinzione della stessa e trasferimento dei rapporti pendenti in capo ai soci – non potendo esservi “rappresentante legale di un soggetto estinto” cui erogare, come nella specie, le somme chieste a rimborso, “nessuna pretesa poteva essere svolta dal liquidatore rispetto al vantato credito di imposta, spettando direttamente ai soci la titolarità del diritto alla restituzione pro rata delle imposte;

– avverso la sentenza della CTR, A. Coop. Società in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, L.G. – già cancellata in data 14/10/03 – propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso – rinviato a nuovo ruolo con ordinanza del 29 maggio 2019, non risultando debitamente comunicato al nuovo difensore domiciliatario della ricorrente l’avviso di trattazione del ricorso in adunanza camerale, essendo il precedente difensore avv.to U.C. deceduto in data 25 gennaio 2018 – è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

Considerato che

– con il primo motivo, la ricorrente, denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 c.c., 5 del D.M. 26 febbraio 1992, 2033 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto L.G., nella qualità di liquidatore della società in questione – cancellata in data 14/10/03 – privo della legittimazione a proporre la domanda di rimborso Iva, ancorché, pur riconoscendo la natura costitutiva – come affermato dalla Corte di cassazione, a sezioni unite, nelle sentenze del 22/02/2010, n.n. 4060, 4061, 4062 – alla cancellazione della società dal registro delle imprese, con riguardo all’esecuzione dei rimborsi di imposta, l’art. 5 del DM 26 febbraio 1992 stabilisca che il rimborso Iva spettante alla società cancellata possa essere eseguito al liquidatore “nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione”, se il credito di imposta sia stato evidenziato- come nella specie-nel bilancio finale di liquidazione depositato nella cancelleria del tribunale;

– con il secondo motivo, la ricorrente ripropone la prima censura sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su di un punto decisivo e controverso qual è quello della negata legittimazione attiva dell’ex liquidatore;

– in disparte profili di inammissibilità nella formulazione generica dei motivi, gli stessi sono entrambi infondati;

ai sensi dell’art. 2495 c.c. (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2004), l’iscrizione della cancellazione di società di capitali nel registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti; come noto, le Sezioni Unite hanno riconosciuto alla norma «effetto espansivo» anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso da quest’ultima data: 10 gennaio 2004 (v. Cass. Sez. U. 22/02/2010, n. 4062);

– con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese occorre precisare che il “D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c. c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. V, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. VI-5, 15648/15, 19142/16, 11100/17);

– questa Corte ha altresì ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito” trattandosi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. V, 5736/16, 20252/15, 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. sez. V, n. 4778/17, (arg. a contrario n. 4786/17), n. 2444/17; Cass. sez. VI-5, n. 19142/16; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., n. 3452/17, p.to 1.1; cfr. Cass. nn. 23029/17, 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00);

– nella specie, dall’esame del ricorso si evince che la “A. Coop. Società in liquidazione”, era stata cancellata dal registro delle imprese in data 14 ottobre 2003, dunque prima dell’instaurazione del giudizio di primo grado (con ricorso depositato in data 12 ottobre 2010), con conseguente difetto della sua capacità processuale sin dall’originario ricorso e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore;

– nella specie, la CTR si è uniformata ai suddetti principi, avendo affermato che stante l’avvenuta liquidazione e successiva cancellazione della società in questione dal registro delle imprese, non potendo esservi “rappresentante legale di un soggetto estinto” cui erogare, come nella specie, le somme chieste a rimborso, “nessuna pretesa poteva essere svolta dal liquidatore rispetto al vantato credito di imposta;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna A. Coop. Società in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, L.G., al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza del presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di- un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.