CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2021, n. 21726

Tributi – Accertamento induttivo “puro” – Reddito d’impresa – Omessa presentazione dichiarazioni fiscali per plurime annualità – Ricostruzione del reddito – Media dei costi e dei ricavi delle precedenti annualità individuati in modo induttivo – Presunzione “a catena” – Divieto – Esclusione

Rilevato che

– con sentenza n. 7271/02/14, depositata in data 30 dicembre 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello principale proposto da D.M. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore prò tempore nonché quello incidentale proposto dall’Ufficio avverso la sentenza n. 116/01/13 della Commissione tributaria provinciale di Lecco che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso gli avvisi di accertamento n. T9P011M00587/2012, n. T9P011M00588/2012, n. T9P011M00600, con i quali l’Ufficio, ai sensi degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e 55 del d.P.R. n. 633/72, aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, esercente attività di autonoleggio e autotrasporto merci per conto terzi, un maggior reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, per omessa presentazione della dichiarazione Mod. Unico, in relazione agli anni 2006-2008;

– in punto di fatto, dalla sentenza impugnata si evince che: 1) a seguito della mancata presentazione della dichiarazione fiscale e di conservazione delle scritture contabili obbligatorie, con gli avvisi di accertamento n. T9P0Ì1M00587/2012, n. T9P011M00588/2012, T9P011M00600 l’Ufficio aveva contestato nei confronti di D.M., esercente attività di autonoleggio e autotrasporto merci per conto terzi, un maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, ricostruendo induttivamente i ricavi e i costi sostenuti per gli esercizi 2006-2007, sulla base degli elenchi dei clienti e dei fornitori inviati all’anagrafe tributaria, e per l’anno 2008, sulla base della elaborazione dei due anni precedenti; 2) avverso i predetti avvisi di accertamento, il contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Lecco, che, con sentenza n. 116/1/13, accogliendolo parzialmente, aveva annullato quello per l’anno 2008, confermando gli altri due per le annualità 2006- 2007; 3) avverso la sentenza di primo grado, avevano proposto appello principale il contribuente, per le annualità 2006-2007, e appello incidentale l’Agenzia per l’annualità 2008;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che, mentre andava confermata la legittimità degli avvisi di accertamento per gli anni 2006-2007 per i quali l’Ufficio, in mancanza di presentazione della dichiarazione fiscale e di conservazione delle scritture contabili obbligatorie, aveva ricostruito induttivamente i ricavi e i costi sulla base dell’inviato elenco dei clienti e fornitori, l’accertamento relativo al 2008 risultava viziato dalla presunzione “a catena” operata dall’Ufficio, avendo quest’ultimo ricostruito i ricavi e i costi relativi sulla base della elaborazione formulata – già in via induttiva e cioè presuntiva- per i due anni precedenti;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso il contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

Considerato che

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, 55 del d.P.R. n. 633/72, 2697, 2727 e 2729 c.c., 115 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento emesso per l’anno 2008 – individuando i ricavi e riconoscendo in deduzione i costi sulla base della media di costi e ricavi per gli anni 2006-2007 – in quanto viziato dall’utilizzo di presunzione di duplice grado (c.d. presunzione a catena), ancorché nell’ordinamento non esistesse il divieto di praesumptum de praesumpto e si fosse trattato di un accertamento induttivo, incompatibile di per sè con siffatto (ove mai esistente) divieto, potendo valere per lo stesso presunzioni non assistite dai caratteri di gravità, precisione e concordanza con possibile determinazione dei ricavi e costi per il 2008 nel valore medio di quelli del 2006-2007, non essendosi accertato mutamento nelle condizioni di esercizio dell’impresa;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92, per avere la CTR rigettato l’appello incidentale, apoditticamente affermando che l’avviso relativo al 2008 fosse viziato dalla presunzione c.d. a catena operata dall’Ufficio, senza indicare per quale ragione quest’ultima ostasse al raggiungimento del grado di probabilità necessaria per integrare l’accertamento induttivo né quale fosse il grado di probabilità ritenuto necessario a tale fine;

– i motivi – da trattare congiuntamente – si profilano infondato il secondo e fondato il primo;

– va premesso che l’accertamento fiscale da cui muove la presente controversia, è un accertamento di tipo “induttivo puro” operato dall’Ufficio, ai sensi degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e 55 del d.P.R. n. 633/72, a seguito di mancata presentazione della dichiarazione fiscale, per l’anno (ancora di interesse) 2008, sulla base della media dei costi e dei ricavi individuati per gli anni 2006-2007;

– in ipotesi quale quella di specie di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, i poteri accertativi dell’Ufficio trovano fondamento e disciplina non già nell’art. 38 (accertamento sintetico) o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nella diversa previsione di cui all’art. 41 del D.P.R. n. 600/73, (accertamento d’ufficio). A tal fine l’Ufficio, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, determina il reddito complessivo del contribuente, con facoltà di ricorso a presunzioni c.d. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio (da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 15167 del 16/07/2020; Cass., sez. trib., 20-01-2017, n. 1506; in tema di distinzione tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro, anche Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 33604 del 18/12/2019);

l’adozione del criterio induttivo impone all’Ufficio l’utilizzazione di dati e notizie inerenti al medesimo periodo d’imposta al quale l’accertamento si riferisce, escludendosi la possibilità di desumere il reddito relativo ad un’annualità d’imposta da quello conseguito in anni precedenti, in mancanza di un stretta inferenza logica (Sez. 5, Sentenza n. 6579 del 12/03/2008, Rv. 602737). Infatti, nell’accertamento induttivo, l’irrilevanza della fonte di acquisizione delle notizie è cosa diversa dall’inerenza di queste ad un determinato specifico periodo d’imposta, attesa l’autonomia di ciascun periodo d’imposta e l’assenza della presunzione di costanza di redditività in anni diversi (Sez. 5, Sentenza n. 27008 del 21/12/2007); in particolare, “le circostanze di fatto, [comprese quelle relative alle percentuali di ricarico] accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale non possono essere estese acriticamente ad ogni altro esercizio precedente (o successivo), anche perché ogni periodo impositivo è autonomo rispetto agli altri, ma costituiscono pur sempre validi elementi indiziari, da utilizzare secondo criteri di razionalità e di prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi agli anni precedenti (o a quelli successivi) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1286 del 2004; n. 7357 del 2020; n. 9904 del 2020);

– nella specie, con una motivazione pur non apparente ma errata in diritto, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, nel ritenere illegittimo l’accertamento induttivo per l’anno 2008,. in quanto basato sulla sola elaborazione formulata – già in via induttiva e quindi presuntiva – per i due anni precedenti, con ciò ritenendo fosse stato violato il divieto di presunzione c.d. a catena; invero, il giudice di appello, da un lato, a fronte di un accertamento induttivo dei ricavi e dei costi per il 2008 operato razionalmente dall’Ufficio, non avendo rilevato alcun mutamento nelle condizioni di esercizio dell’impresa, sulla base dell’elemento meramente indiziario o presunzione supersemplice della “media dei ricavi e dei costi degli anni 2006-2007” (a loro volta individuati in base agli elenchi dei clienti e fornitori inviati all’anagrafe tributaria), non ha fatto ricadere sul contribuente l’onere della prova contraria circa la mancata produzione di reddito ovvero la produzione dello stesso in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio; dall’altro, ha erroneamente ritenuto violato – peraltro, con riguardo ad un accertamento di tipo induttivo puro, in relazione al quale operano le c.d. presunzioni supersemplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza – un asserito divieto di c.d. presunzioni a catena, che, come precisato da questa Corte, è inesistente nell’ordinamento; invero, si è, al riguardo, affermato che il «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena» non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento ben potendo il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea – in quanto, a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto (ex multis, Cass. sez. 5, n. 20748 del 2019; n. 15003 del 2017; Cass. n. 1289 e n. 9348 del 2015); in particolare, in tema di presunzioni, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto “noto” attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto “ignorato”, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass., sez. 5, n. 27982/2020; nello stesso senso, Cass. sez. 5, n. 23860 del 2020);

– in conclusione, va accolto il primo motivo, respinto il secondo; con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto – e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione;

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo ricorso; rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto – e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità;