Corte di Cassazione ordinanza n. 21108 del 4 luglio 2022
integrazioni della motivazione operate (ex post)
RILEVATO CHE:
1. con l’avviso di liquidazione n. 2011/003/DI/000000469/0/001 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Campobasso – tassava, a titolo di imposta di registro calcolata nella misura di 336,00 €, il decreto ingiuntivo n. 469/2011 emesso a favore del ricorrente dal Giudice di Pace di Termoli, avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali di avvocato;
1.1 l’istante chiedeva l’annullamento di detto avviso, sostenendo che l’importo dovuto per la registrazione del titolo monitorio ammontasse a 168,00 € e non a quello maggiore richiesto;
1.2 la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, con la sentenza n. 932/3/2015, rigettava il ricorso del contribuente, osservando, preliminarmente, che l’Agenzia aveva dedotto che il suindicato decreto era «stato sottoposto alla formalità della registrazione con i seguenti criteri: a) imposta fissa di registro pari a euro 168,00 sulla condanna al pagamento della somma, ai sensi dell’art. 8, tariffa, parte prima, allegata al dpr 131/86; b) imposta fissa di registro pari ad euro 168,00 sull’atto enunciato, ovvero il rapporto esistente tra il professionista e la cliente» (così nella sentenza di primo grado);
1.3.a. il primo Giudice, per tale via, nel premettere che in tema di imposta di principio opera il principio dell’autonomia dei singoli negozi come si desume dall’art. 22 del d.P.R. 131/1986, considerava, nella fattispecie, correttamente sottoposta a tassazione sia il titolo monitorio (atto enunciante), che «il contratto di prestazione d’opera intellettuale contenuto nel decreto ingiuntivo ottenuto dal contribuente per il pagamento dei corrispettivi» (atto asserita mente enunciato).
1.4 l’istante proponeva appello contro la menzionata sentenza, ricordando che l’avviso impugnato era stato emesso per la sola registrazione del decreto ingiuntivo senza alcun riferimento ad altro atto, lamentando, quindi, il difetto di motivazione dell’avviso, non essendo stato richiamato ed allegato «l’atto per il quale si suppone sia dovuta una determinata imposta» (v. pagina n. 4 dell’appello), ponendo in rilievo che l’Agenzia, pur menzionando nelle controdeduzioni depositate in primo grado un «presunto atto enunciato nel decreto ingiuntivo» (v. pagina n. 5 dell’appello), non lo aveva prodotto in giudizio, né lo aveva esattamente indicato, precludendo così di comprendere quale fosse l’atto richiamato;
1.5 la Commissione Tributaria Regionale del Molise rigettava il suindicato appello, precisando, innanzitutto, cosa doveva intendersi, ai fini di quanto previsto dall’art. 22 d.P.R. 131/1986, per “enunciazione” [e cioè «il riferimento all’avvenuta formazione di un atto (“atto enunciato”) contenuto in un altro atto (detto “atto enunciante”), logicamente posteriore al primo»; così nella pronuncia impugnata] ed assumendo poi che la predetta disposizione stabiliva che l’imposta di registro andava applicata sia sull’atto enunciante che su quello enunciato;
1.5.a. il Giudice regionale ribadiva, quindi che «in base al principio di autonomia dei singoli negozi, oggetto di pagamento deve essere anche il rapporto negoziale e/o semplice fatto che, sicuramente, è intercorso tra le parti e che ha, quindi, originato i presupposti per la richiesta di ottenimento del decreto ingiuntivo» (v. sentenza impugnata), ritenendo, pertanto, corretto l’operato dell’Ufficio che aveva calcolato l’imposta sull’atto giudiziario e sul diverso rapporto ivi indicato;
1.5 avverso tale sentenza, Leonardo Dell’Orco proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 13 dicembre 2019, formulando i seguenti tre motivi d’impugnazione;
1.6 l’Agenzia delle Entrate depositava nota del 10 gennaio 2021 «al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. comma 1 p.c.», dando atto di non essersi costituita nei termini;
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata, denunciando, in relazione all’art. 360, 1 n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza, rappresentata nell’atto di appello, che nell’avviso di liquidazione risultava contenuto solo il richiamo al decreto ingiuntivo, senza alcun riferimento al presunto atto enunciato e senza che esso venisse allegato all’avviso, con conseguente difetto di motivazione dell’atto impugnato ed anche della prova della pretesa in oggetto;
2. con il secondo motivo di ricorso l’istante ha dedotto, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 e della legge n. 241/1990, in ragione della carenza motivazionale dell’avviso impugnato, per non aver operato alcun riferimento all’atto enunciato;
3. con il terzo motivo di ricorso il ricorrente ha denunciato, in relazione all’art. 360, co. 1 3, c.p.c., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 22 del d.P.R. n. 131/1986, assumendo che detta disposizione non può ricevere applicazione «in quanto il Decreto ingiuntivo di cui all’avviso di liquidazione, è riferito esclusivamente al pagamento dell’attività professionale del difensore», richiamando sul punto le pronunce nn. 28559/2019 e 481/2018 di questa Corte.
OSSERVA
4. I motivi di ricorso vanno esaminati unitariamente in quanto correlati in ragione della medesima contestazione ivi contenuta (difetto di motivazione dell’avviso impugnato), sia pure prospettata in relazione ai due distinti paradigmi di cui all’art. 360, 1, n. 5 e n. 3, c.p.c.
5. Come sopra anticipato, il ricorrente impugnava l’avviso di accertamento sulla base di un solo motivo, basato sul rilievo che «l’importo dovuto per la registrazione del decreto ingiuntivo 469/11 è pari ad € 168,00, così come previsto dalle norme in materia e non quello maggiore richiesto pari ad € 336,00. Pertanto, l’avviso di liquidazione dovrà essere annullato poiché emesso in violazione di legge» (così nel ricorso originario prodotto in atti e riassunto nel ricorso).
Alla luce della sentenza di primo grado, che chiariva, sulla scorta delle difese svolte dall’Ufficio, che la tassazione in oggetto riguardava, ai sensi dell’art. 22 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sia il decreto ingiuntivo (atto enunciante), che il contratto di prestazione professionale (atto enunciato nel titolo monitorio) dalla cui esecuzione derivava il diritto al pagamento delle somme ingiunte, il ricorrente lamentava che l’avviso era stato emesso solo per la registrazione del decreto ingiuntivo e che nessun altro atto era stato richiamato, indicato ed allegato nell’atto di liquidazione impugnato.
Senonchè, il Giudice regionale, esulando da tale ragione di contestazione, ha confermato la sentenza impugnata, dissertando sulla nozione di enunciazione di cui 22 d.P.R. 131/1986 e sul principio di tassazione dell’atto enunciante ed enunciato.
6. Tanto premesso, va posto in rilievo che l’avviso di liquidazione impugnato ( depositato agli atti ed il cui scarno contenuto è stato, ai fini dell’autosufficienza, riportato nel ricorso), risulta aver richiamato il decreto ingiuntivo n. 469/2011 del 13 dicembre 2011 emesso dal Giudice di Pace di Termoli, motivando le ragioni della pretesa «ai sensi dell’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/86, per la registrazione del decreto ingiuntivo sopra citato, promosso dall’avv. D.L. contro la Sig.ra G.C.», richiedendo il pagamento della somma di 336,00 € oltre accessori.
Vale osservare che l’avviso ha contemplato nella sua parte motiva la tassazione del solo decreto ingiuntivo, omettendo di indicare il suo contenuto e l’atto enunciato, il quale si è rilevato solo nel corso del giudizio di primo grado attraverso le delucidazioni dell’Ufficio che ha finalmente individuato il concreto oggetto della tassazione, costituito dall’atto enunciato, così spiegandosi altrimenti incomprensibile richiesta di pagamento della somma di 336,00 €.
7. Stando così le cose, colgono nel segno i motivi di ricorso, dovendo darsi seguito – di fronte al suindicato contenuto dell’avviso di liquidazione da cui chiaramente emerge l’omessa indicazione del duplice atto tassato – al ribadito orientamento di questa Corte secondo cui il giudice non può fondare la propria decisione basandosi sulle integrazioni della motivazione operate (ex post) dall’Ufficio, giacchè il contenuto motivazionale dell’atto impositivo deve sussistere ex se, quale requisito (strutturale) di legittimità dell’atto, così che non può essere integrato (a posteriori) in sede processuale (cfr., ex plurimis, da ultimo, n. 15123/2022, che richiama Cass., 9 marzo 2020, n. 6538; Cass., 19 novembre 2019, n. 29993; Cass., 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., 23 ottobre 2017, n. 25037; Cass., 9 marzo 2017, n. 6065; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2184; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., 13 giugno 2012, n. 9629).
8. Nella specie, risulta del tutto chiaro che il Giudice regionale abbia fondato la decisione, confermando la sentenza di primo grado sulla scorta di una dissertazione giuridica basata sulle ragioni successivamente esposte dall’Ufficio nel corso del giudizio di primo grado, con le quali si era chiarito che l’avviso, in realtà, tassava due atti (il decreto ingiunto e l’atto ivi, in tesi, enunciato), il tutto in chiaro contrasto con il pacifico e documentato contenuto dell’avviso impugnato.
9. L’impugnata sentenza va, allora, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, annullando parzialmente l’avviso impugnato, determinando l’importo dovuto nella somma di 198,00 € oltre accessori.
10. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, di ufficio in assenza della relativa nota, nella misura di cui al dispositivo in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014.
L’aver l’istante insistito innanzi al Giudice regionale per l’integrale annullamento dell’avviso impugnato giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio delle fasi di merito.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla parzialmente l’avviso impugnato, determinando l’importo dovuto nella somma di 198,00 € oltre accessori.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore di Leonardo Dell’Orco nella misura di 450,00 € per competenze, 67,50 € per il rimborso forfettario delle spese generali, 200,00 € per spese vive, oltre IVA e CPA.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite dei giudizi di merito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11284 depositata il 7 aprile 2022 - L'obbligo di idonea e completa motivazione dell'atto impositivo, previsto dall'art. 7 della l. n. 212 del 2000, sia volto ad assicurare al contribuente il pieno esercizio del diritto…
- Corte di Cassazione sentenza n. 29991 depositata il 13 ottobre 2022 - L'amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell'ambito di procedimenti amministrativi connessi…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 17942 depositata il 1° giugno 2022 - In tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l'obbligo dell'Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell'avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 15030 depositata il 29 maggio 2023 - Il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui in ogni caso un limite strutturale insito nel fatto che l’atto impositivo non è l'atto…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22678 depositata il 20 luglio 2022 - Nel giudizio di legittimità, deve tenersi distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri - come di fatto accaduto nella specie -…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 18709 depositata il 3 luglio 2023 - Nel giudizio di legittimità la violazione dell'art. 112 c.p.c., deve essere tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…