Corte di Cassazione ordinanza n. 21337 del 6 luglio 2022
termine prescrizionale dei tributi erariali
Rilevato
che la C.T.R. della Regione Siciliana, con sentenza n. 715/2020, depositata il 4.2.2020, rigettò l’appello proposto da R.M. avverso la sentenza n. 3514/2108 con cui la C.T.P. di Palermo aveva a propria volta rigettato il ricorso del contribuente, avente ad oggetto l’impugnativa del preavviso di iscrizione ipotecaria;
che la C.T.R. osservò che: a) correttamente la C.T.P. aveva rigettato il ricorso, giacché rivolto verso un atto esecutivo a fronte di carichi tributari divenuti definitivi per mancata impugnazione delle cartelle sottese, regolarmente notificate: sicché non potevano che essere fatti valere i vizi propri del provvedimento oggetto di discussione e non quelli (pure invocati dal contribuente) degli atti ad esso prodromici; b) non poteva essere riconosciuto, in capo ai Comuni chiamati in causa dal contribuente, alcuna legittimazione processuale, in quanto il contenzioso investiva la comunicazione preventiva di ipoteca e la regolarità della procedura notificatoria delle cartelle di pagamento e degli altri eventuali atti interruttivi prodromici al preavviso in questione;
che avverso tale decisione R.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; si sono costituiti con controricorso, l’AGENZIA DELLE ENTRATE, la RISCOSSIONE SICILIA S.P.A, ed il COMUNE DI PALERMO; sono rimasti intimati i COMUNI DI ALTOFONTE, BAGHERIA, CAPACI, CARINI, MONREALE, TERRASINI e TRAPANI;
che sulla proposta avanzata dal relatore, ex art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
Rilevato
che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della violazione e falsa applicazione dell’art 615 cod. proc. civ. per non avere la C.T.R. correttamente qualificato il ricorso proposto in primo e secondo grado dal contribuente in termini di opposizione all’esecuzione, proponibile senza limiti di tempo, ex art 615 cit., avendo con essa l’interessato fatto valere un fatto successivo alla notifica del titolo, consistente – per l’appunto – nella sopravvenuta prescrizione del credito;
che il motivo è manifestamente inammissibile, oltre che infondato;
che è stato recentemente chiarito che, in materia di esecuzione forzata per la riscossione di entrate di natura tributaria, anche dopo la sentenza della Corte Cost. n. 114 del 2018, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui esclude l’ammissibilità dell’opposizione regolata dall’art. 615 cod. proc. civ., in relazione agli atti della procedura successivi alla notifica della cartella o dell’avviso di pagamento, le opposizioni c.d. “recuperatorie”, ossia con le quali l’opponente intenda contestare il diritto dell’ente impositore o dell’agente di riscossione di agire in executivis per ragioni riferibili agli atti prodromici, di cui egli non abbia avuto conoscenza per omessa o viziata notificazione, devono proporsi, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, innanzi al giudice tributario nel termine di rito ivi previsto (cfr. Cass., Sez. 6-3, 7.5.2019, n. 11900, Rv. 653803-01, nonché, Cass., Sez. 6-5, 13.12.2021, n. 39514);
che alla luce di tale principio va, dunque, esattamente inquadrata la vicenda in esame, atteso che dalla lettura della decisione impugnata emerge (cfr. p. 1, penultimo cpv.) che “il petitum delineato dalla parte ricorrente riguardava strettamente la comunicazione preventiva di ipoteca e la regolarità della procedura notificatoria delle cartelle di pagamento e degli atri eventuali atti interruttivi prodromici alla comunicazione preventiva di ipoteca”: dunque, atti autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, nel rispetto del termine decadenziale previsto da tale norma. Né parte ricorrente ha trascritto in ricorso (che, sotto tale profilo pecca, dunque, di specificità), nella sua interezza, il contenuto dell’originario ricorso introduttivo del primo grado di lite, donde trarre indicazioni diverse da quelle sottese alla decisione della C.T.R.;
che, peraltro, e sotto diverso angolo prospettico, la rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito ed è sindacabile: a) ove ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; b) qualora comporti un vizio del ragionamento logico decisorio, eventualità in cui, se la inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del petitum, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di errar in judicanda, in base all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., o al vizio di errar facti, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 10.6.2020, n. 11103, Rv. 658078-01);
che, vertendosi, nella specie, nell’ipotesi supra delineata sub b), il motivo – che neppure si duole della dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. – è inammissibile anche sotto altro profilo, difettando qualsivoglia riferimento alla nullità della sentenza impugnata, per effetto della lamentata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (arg. da Cass., Sez. 2, 7.5.2018, n. 10862, Rv. 648018-01);
che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (senza in dicare in relazione a quale vizio ex art. 360, comma 1, cod. proc. civ. la censura debba intendersi articolata) della violazione e falsa applicazione di legge, dell’omessa applicazione alla fattispecie de qua dei principi fissati Cass., Sez. Un., n. 23397 del 2016, nonché della prescrizione dei crediti avanzati dagli enti impositori nei propri confronti. In particolare, la difesa del RIZZO lamenta che la C.T.R., disattendendo il disposto dell’art 2953 cod. proc. civ., avrebbe erroneamente escluso la prescrizione delle pretese azionate dagli enti impositori nei confronti di esso contribuente, con contestuale decadenza, da parte del concessionario della riscossione, alla relativa eventuale esecuzione;
che il motivo è manifestamente infondato;
che Cass., Sez. U, 17.11.2016, n. 23397, Rv. 641633-01 ha chiarito che il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 e.e., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo;
che, alla luce del principio che precede, dunque, la mancata impugnazione degli atti impositivi/esecutivi rende irretrattabili i crediti d’imposta, senza incidere sul relativo termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale, salvo che non sia per essi espressamente previsto ex lege un termine inferiore;
che, nella specie la C.T.R. ha correttamente interpretato tale principio ed escluso qualsiasi prescrizione (e, conseguentemente, decadenza ai fini della riscossione) ritenendo soggetti a prescrizione decennale i crediti azionati (I.R.P.E.F., I.R.E.S., I.R.A.P. ed I.V.A.) nei confronti del contribuente;
che, infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 6-5, 26.6.2020, n. 12740, Rv. 658066-01 e Cass., Sez. 6-5, 11.12.2019, n. 32308, Rv. 656475-01) il termine prescrizionale dei tributi erariali quali I.R.P.E.F., I.R.A.P., I.R.E.S. ed I.V.A. (oggetto delle cartelle sottese al preavviso di iscrizione ipotecaria per cui è causa) è quello ordinarlo decennale, di cui all’art. 2946 cod. civ., non potendosi applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria ad essi connessa, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi;
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna di R.M. al pagamento, in favore dei controricorrenti costituiti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo. Alcunché va, invece, disposto al riguardo, nei rapporti tra R.M., da un lato e R.M., da un lato, ed i COMUNI DI ALTOFONTE, BAGHERIA, CAPACI, CARINI, MONREALE, TERRASINI e TRAPANI, dall’altro, rimasti meramente intimati;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna R.M. al pagamento, in favore di ciascuna delle parti costituite, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano, in € 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per compenso professionale, oltre: a) spese prenotate a debito, per quanto concerne l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t.; b) € 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre al 15% sull’importo di € 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per rimborso forfetario spese generali ed agli accessori di legge, per quanto concerne la RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. – AGENTE DELLA RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante p.t., nonché il COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco p.t ..
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di R.M., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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