CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 30779 depositata il 6 novembre 2023
Tributi – Rimborso ritenute su pensione INPS – Convenzione Italia-Svizzera contro doppie imposizioni – Certificato di residenza fiscale – Ricorso respinto
Rilevato che
1. Il contribuente, cittadino italiano residente in (…), chiedeva il rimborso delle ritenute sulla pensione INPS per gli anni 2012-2013. A fronte dell’espresso diniego per insufficienza della documentazione, proponeva ricorso che la CTP respingeva. Adita la CTR in sede d’appello, la stessa accoglieva il gravame. Ricorre quindi in cassazione l’Agenzia con due motivi, avverso il quale resiste con controricorso il contribuente, depositando altresì memoria illustrativa.
Considerato che
1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 29, convenzione Italia-Svizzera contro le doppie imposizioni e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
L’Agenzia sostiene infatti che la richiamata norma convenzionale subordini anzitutto il rimborso alla produzione di una certificazione proveniente dall’autorità fiscale (…), in questo caso, che dovrebbe attestare espressamente la sussistenza delle “condizioni richieste per avere diritto all’applicazione delle esenzioni e delle riduzioni previste dalla Convenzione”, quest’ultima neppur citata nel certificato in effetti prodotto, il quale neppure attestava le concrete modalità di effettuazione dell’imposizione, la presenza di deduzioni o detrazioni, il quantum dell’imposizione e, in definitiva, nulla esponeva circa la concreta tassazione delle somme ricevute.
1.2. Il motivo è infondato, posto che ai fini del rimborso – a differenza di quanto sostenuto dall’Agenzia alle pagg. 6 e 7 del ricorso – le attestazioni previste dalla disciplina convenzionale non devono attestare la concreta tassazione (o meglio il prelievo).
Quanto attestato, pertanto, nella specie, e cioè che “la persona sopraccitata è contribuente nel registro delle imposte del comune di (…) dal (…). Il signor A. è fiscalmente residente in (…) ed ivi tassato per il reddito e il patrimonio in base all’art. 3 della Convenzione Svizzera e Italia per evitare le doppie imposizioni dal 9 marzo 1976”, in base ai principi appena espressi, basta a configurare il diritto al rimborso, perché con tale documento l’ente svizzero attesta l’assoggettamento all’imposta dell’ A. e la sua residenza fiscale in (…).
Invero il modello di convenzione OCSE (il primo risalente al 1963), in attuazione del quale è stata firmata a Roma, il 9 marzo 1976, la Convenzione tra Repubblica italiana e Confederazione svizzera contro le doppie imposizioni (poi ratificata con L. 23 dicembre 1978, n. 943), stabilisce all’art. 4, che l’espressione “residente in uno stato contraente” designa ogni persona al quale, in virtù della legislazione dello Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato (“is liable to tax”), espressione ripetuta all’art. 4 della Convenzione in esame, e nel relativo commentario OCSE si legge che la disposizione è proprio dettata al fine di risolvere casi di doppia residenza (“The article is intended to de fine the meaning of term “Resident of a contracting state” and to solve cases of double residences”), sempre intesa, in base alle legislazioni domestiche, dal punto di vista fiscale.
Le stesse indicazioni dell’Agenzia sono in tal senso: “L’autorità fiscale del Paese di residenza del beneficiario del reddito può rilasciare l’Attestato di residenza fiscale utilizzando una propria modulistica da allegare alla domanda di rimborso o di applicazione diretta dell’esonero o dell’aliquota convenzionale. Il modello rilasciato dall’Autorità fiscale estera deve attestare la residenza del beneficiario ai sensi della pertinente norma convenzionale nel periodo d’imposta ovvero alla data di rilascio dell’Attestato. Laddove l’Autorità fiscale estera preveda il rilascio dell’Attestato con procedura elettronica, la validità del documento deve essere verificabile” e del resto in conformità con i modelli a sua volta rilasciati dall’Agenzia per i residenti fiscali in Italia (cfr. Agenzia Entrate prot. n. 2013/84404).
Il certificato di residenza fiscale, dunque, è sufficiente a soddisfare le condizioni previste dall’art. 29, comma 2, della richiamata convenzione, con speciale riferimento alla necessità di allegare all’istanza di rimborso “un attestato dello Stato contraente (…) certificante che sussistono le condizioni richieste per avere diritto al rimborso” (in tal senso, da ultimo, con riferimento ad analoga disposizione di altra convenzione con identico testo sul punto, Cass. 24/04/2023, n. 10884).
Premesso dunque che l’attestazione non deve contenere espressioni sacramentali, o espliciti riferimenti alla convenzione (peraltro presenti), essa nella specie dà atto tanto della residenza quanto dell’assoggettamento del reddito e del patrimonio del contribuente alla tassazione (…).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 18 della suddetta Convenzione, art. 2 TUIR e art. 43 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. L’Agenzia sostiene infatti che il contribuente non avrebbe provato la propria residenza in (…), e che quindi sarebbe assoggettato all’imposizione italiana in quanto cittadino italiano, dal momento che la semplice risultanza anagrafica non avrebbe rilevanza in assenza di un legame effettivo con il territorio dello stato estero.
2.1. In ordine all’accertamento della residenza, premesso quanto al punto precedente in ordine alla prova circa la residenza fiscale, la questione ha formato oggetto di un accertamento in fatto del giudice di merito (basato peraltro sull’attestazione dell’autorità fiscale elvetica, sulla certificazione anagrafica consolare e sul certificato AIRE del comune di provenienza), non oggetto di revisione in sede di legittimità, per cui il motivo è inammissibile.
3. Conclusivamente il ricorso dev’essere respinto, con aggravio di spese in capo all’amministrazione soccombente, da distrarsi in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 7.500,00, oltre rimborso spese generali nel 15% dei compensi, i.v.a. e c.p.a. se dovute ed esborsi per Euro 200,00, con distrazione in favore dell’avv. F.P. dichiaratosi antistatario.
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