CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 35587 depositata il 20 dicembre 2023
Tributi – Cartella di pagamento – Sanzioni per tardivo pagamento – Avviso di irregolarità – Rateizzazione – Ravvedimento operoso – Scadenza termine per versamento della rata – Ravvedimento operoso parziale – Accoglimento
Rilevato che
– la società S. s.r.l. impugnava la cartella di pagamento notificatale dal Riscossore con la quale era intimato il pagamento di sanzioni per tardivo pagamento, a seguito di emissione di avviso di irregolarità poi oggetto di rateizzazione riguardo al quale le rate n. (…) erano corrisposte in ritardo;
– quanto alla rata (…) la società si avvaleva del c.d. “ravvedimento operoso”, versando sanzioni e interessi e presentando istanza di sgravio parziale, accolta dall’Amministrazione Finanziaria; seguiva la notifica della cartella di pagamento qui impugnata;
– la CTP accoglieva il ricorso;
– appellava Agenzia delle Entrate riscossione; interveniva volontariamente nel giudizio di appello l’Amministrazione Finanziaria, condividendo l’impugnazione del riscossore e proponendo proprio appello incidentale;
– con la pronuncia gravata la CTR rigettava l’appello e accoglieva in parte l’impugnazione incidentale dell’Ufficio; con riguardo all’impugnazione proposta in via principale, il giudice del gravame riteneva non necessario – ai fini del perfezionamento del c.d. “ravvedimento operoso” di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 – il contemporaneo versamento della sanzione rispetto a quello del tributo e/o degli interessi, fermo restando che il momento per valutare la riduzione sanzionatoria da ravvedimento anche parziale andava individuato in quello in cui la sanzione viene versata;
– pertanto, secondo la CTR poiché la rata (…), in scadenza il 30 novembre 2017, era stata versata in data 27 febbraio 2018, mentre la sanzione da ravvedimento e gli interessi da ravvedimento erano stati corrisposti in data 6 marzo 2018, in tale ultima data si doveva considerare perfezionato il ravvedimento operoso in parola;
– ne derivava, secondo la sentenza impugnata, che in forza del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, lett. b), la sanzione andava ridotta a un ottavo in quanto il pagamento era stato effettuato entro l’anno dall’omissione commessa, non essendo prevista una dichiarazione periodica;
– scrutinando l’impugnazione dell’Ufficio, la CTR riteneva assorbito il primo motivo dell’appello in parola, in quanto proponente il medesimo contenuto del primo motivo di appello principale; quanto al secondo motivo, la CTR lo dichiarava fondato (n. 4.1 della sentenza impugnata) precisando poi in motivazione che la sentenza conteneva un “semplice errore materiale facilmente emendabile”, in quanto si evinceva l’accoglimento del ricorso introduttivo limitatamente al calcolo di sanzioni e interessi;
– ricorre a questa Corte Agenzia delle Entrate congiuntamente con Agenzia delle Entrate riscossione, con atto affidato a due motivi; la società resiste con controricorso.
Considerato che
– il primo motivo di impugnazione si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la sentenza qui gravata pronunciato ultra petitum, non tenendo conto del fatto che la cartella impugnata in questa sede non conteneva alcun importo relativo al versamento di tributi, ma importi relativi al versamento di sanzioni e interessi per versamento sia della rata (…) sia della rata (…), eseguiti in ritardo rispetto alle scadenze. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, detti importi andavano confermati completamente in quanto non contestati quanto all’applicazione ad essi del c.d. “ravvedimento operoso”, che aveva interessato unicamente il versamento della rata (…);
– il motivo è inammissibile;
– invero, lo stesso difetta di specificità e localizzazione, non risultando né trascritta in ricorso per cassazione né prodotta a questa Corte alcuna documentazione (quale la cartella impugnata o altra documentazione relativa al sub-procedimento relativo alla rateizzazione) atta a permettere a questa Corte di verificare la pretesa veicolata con l’atto impugnato, e quindi di decidere la censura proposta con il motivo in parola;
– la parte ricorrente si è limitata a richiamare gli atti dei gradi di merito nei quali segnalava le questioni poste quanto alla rata (…), senza però offrire alla Corte i presupposti necessari per verificare la eventuale fondatezza dell’eccezione relativa alla mancata contestazione dell’operatività del c.d. “ravvedimento operoso” in ordine al quale nulla di specifico viene trascritto o prodotto in questa sede di Legittimità, non consentendo quindi al Collegio di comprender come concretamente la parte contribuente abbia aderito a detto “ravvedimento”, quali debiti tributari e quali rate non versate abbia quindi in esso ricompreso e quali siano invece rimaste escluse;
– il principio è stato anche recentemente affermato da questa Corte con riferimento alle ricadute, sul giudizio di legittimità, delle indicazioni fornite dalla sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia): la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 c.p.c. (nella specie in esame, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53), integrante error in procedendo, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 6, che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della richiamata pronunzia, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., Sez. L, 4.2.2022, n. 3612, Rv. 663837-01);
– il secondo motivo si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente applicato la disposizione appena citata, nella sua lett. b), applicando la riduzione a un ottavo delle sanzioni in quanto il pagamento delle somme dovute a tale titolo è stato effettuato entro l’anno dall’omissione non essendo prevista una dichiarazione periodica;
– il motivo è fondato;
– invero, è pacifico che il versamento delle sanzioni ha avuto luogo dopo 90 giorni dalla scadenza del termine per il versamento della rata (…): esso si è verificato il 6 marzo 2018, mentre per detta scadenza il termine spirava il 30 novembre 2017;
– ciò posto, non può che richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (in termini si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 26523 del 30/09/2021) con riguardo alle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, per effetto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13-bis, (introdotto dal D.L. n. 34 del 2019, art. 4-decies, conv., con modif., in L. n. 58 del 2019 con decorrenza dalla data del 30 giugno 2019,) – norma di interpretazione autentica del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 cit., come tale dotata di efficacia retroattiva e suscettibile di diretta applicazione, d’ufficio, in sede di legittimità – il ravvedimento operoso è ammissibile anche nel caso in cui si tratti di versamento frazionato dell’imposta dovuta, potendosi perfezionare in relazione anche ad una sola parte dell’imposta dovuta o in relazione a versamenti tardivi effettuati con scadenze differenti, sempre che siano stati corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla parte o alle singole frazioni di debito d’imposta tardivamente versato;
– conseguentemente, ben poteva la società definire con il ravvedimento in parola la sola rata (…), costituente parte dei tributi dovuti, intesi come un insieme frazionato di un solo debito tributario;
– proseguendo nel ragionamento, peraltro, va data ulteriore conferma e continuità all’orientamento già espresso da questa Corte in ordine alla inammissibilità del versamento parziale – che è altro rispetto alla possibilità di definire per mezzo dell’istituto in argomento il debito tributario parziale – inteso come incompleta corresponsione materiale della somma dovuta ex lege per il completamento della sub-procedura di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 in tema di “ravvedimento operoso”;
– si è sul punto precisato che (in termini Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22330 del 13/09/2018) ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 2, è inammissibile il ravvedimento operoso parziale, in quanto la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell’obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall’Amministrazione Finanziaria (fattispecie che qui non risulta essersi verificata);
– in altri termini, se è possibile sottoporre a definizione parte del debito tributario, una volta manifestata tale volontà e identificata tale porzione, la definizione della stessa deve ricomprendersi sia il tributo o i tributi (nella parte identificata e prescelta), sia la corrispondente somma dovuta a titolo di interessi e sanzioni (determinata numericamente prendendo le mosse dalla porzione di tributo oggetto della definizione);
– sulla base, quindi, anche dell’art. 13 bis surrichiamato, espressamente dichiarata normativa retroattiva in quanto interpretativa, questa Corte di ribadire come sia ora possibile procedere al ravvedimento operoso parziale, a condizione – peraltro – che per tale parte vengano corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla parte o alle singole frazioni di debito d’imposta tardivamente estinto (in termini anche Cass., Sez. V, 30 settembre 2021, n. 26523; Cass., Sez. V, 10 marzo 2021, n. 6593);
– conseguentemente, nel ritenere correttamente perfezionata la procedura di cui si è detto nel presente caso, la CTR ha effettivamente commesso errore di diritto, poiché si è disallineata rispetto ai principi sopra illustrati;
– in accoglimento del ricorso, quindi, la sentenza va cassata nei limiti di cui in motivazione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai profili di cui al motivo oggetto di accoglimento; rinvia alla Corte di giustizia tributaria del Lazio in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.