CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2019, n. 15343
Tributi – Accertamento – Riscossione – Contenzioso tributario – Procedimento
Fatti di causa
1. Con ricorso alla CTP di Treviso, M.P. Srl, operante nel settore della produzione e del commercio di componenti di arredamento, propose opposizione avverso l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRES, IRAP, per il 2004, per quanto ancora rileva, tra gli altri, costi indeducibili per premi ad un cliente estero, spese di ristorazione e alberghi e costi di consulenza e la CTP, con sentenza n. 60/6/2010, respinse il ricorso con riferimento a tutte le riprese a tassazione, comprese quelle estranee all’attuale thema decidendum.
2. Interposto appello dalla contribuente, la CTR del Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, nel contraddittorio dell’Agenzia delle entrate, ha accolto il gravame limitatamente ad alcuni recuperi fiscali, mentre ha confermato la decisione impugnata in relazione ai suaccennati costi indeducibili.
2.1. In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto legittime, nell’ordine, la ripresa a tassazione di euro 639.410,83 versati, nel 2005, alla britannica “B&Q PLC”, quale premio per le vendite di una certa linea di prodotti (anta “O.S.S.”) ad essa effettuate dalla contribuente, nel 2004, per difetto d’inerenza; la ripresa di euro 8.031,73, relativa alla fattura 204/2004, emessa dalla T. Marketing Ltd, a titolo di rimborso spese di ristorazione e alberghi sostenute nel 2003, in quanto di competenza di tale esercizio e non del 2004; la ripresa di euro 3.380,00, per una fattura emessa per una consulenza, in quanto detta prestazione professionale, volta a valutare l’opportunità di costituzione di una fondazione intestata ai soci della contribuente (i sig.ri P.), era estranea all’oggetto dell’impresa e non strumentale alla sua gestione.
3. La contribuente propone ricorso, affidato a otto motivi, illustrati da successiva memoria, per la cassazione di questa sentenza della CTR; l’Agenzia resiste con controricorso.
4. Il ricorso è stato chiamato all’odierna pubblica udienza a seguito d’avviso notificato a mezzo PEC, con invio telematico perfezionatosi il 5/04/2019.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 36, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente deduce la nullità della decisione impugnata che, nella parte in fatto, sarebbe priva dell’esposizione delle motivazioni assunte dalla CTP e, inoltre, non recherebbe i motivi d’impugnazione fatti valere dall’appellante e le controdeduzioni dell’Ufficio.
1.1. Il motivo è infondato.
Occorre dare continuità al radicato indirizzo, riaffermato anche recentemente da questa Corte (Cass. 18/04/2017, n. 9745; 22/09/2003, n. 13990), per il quale: «In forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma secondo, del D.Lgs. 546/1992, è applicabile al nuovo rito tributario così come disciplinato dal citato decreto il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. stesso codice secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo».
Nel caso concreto, la sentenza, caratterizzata da una trama narrativa schematica e concisa, espone con chiarezza il thema decidendum e illustra, in termini univoci, le proprie rationes decidendi, compiutamente percepite dalla parte privata che, come dimostra il corposo ricorso per cassazione, ha sviluppato un’approfondita analisi dialettica della sentenza d’appello, poggiante su otto motivi d’impugnazione.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, cod. proc. civ., 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 36, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente si duole della nullità della decisione impugnata che, in relazione all’indeducibilità dei costi per “premi cliente”, avrebbe omesso di pronunciare sulle prove addotte dalla società appellante a sostegno della certezza, dell’inerenza e del rispetto del principio di competenza della contabilizzazione del componente negativo (del reddito).
2.1. Il motivo è inammissibile.
Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa. (Cass. 26/06/2018, n. 16812).
Nella specie, quindi, la ricorrente ha fatto valere, in modo non consentito, un error in procedendo, per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), anziché un vizio del percorso motivazionale della decisione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione temporalmente vigente.
3. Con il terzo motivo, denunciando “inadeguata e insufficiente motivazione su punto di fatto controverso e decisivo per il giudizio”, la ricorrente censura la decisione impugnata per avere condiviso l’accertamento dell’ufficio fiscale, in relazione all’indeducibilità dei “premi cliente” (di cui sopra), senza valutare gli elementi di controprova forniti dalla società.
Richiamando le precedenti risultanze processuali, in sostanza, la ricorrente allude al fatto che la CTR ha affermato che la società veneta, in data 28/01/2004, aveva stipulato con la cliente inglese un contratto in base al quale le riconosceva un premio proporzionale alle vendite effettuate a favore della cliente medesima nell’anno in corso e che, successivamente, in data 15/01/2005, le parti avevano stipulato un secondo accordo scritto, espressamente qualificato come supplementare rispetto a quello del 2004, che prevedeva un premio aggiuntivo di una sterlina per ogni prezzo venduto.
Come suaccennato, la CTR aveva ritenuto corretta la ripresa fiscale per difetto del requisito dell’inerenza, che postula un rapporto di causa ed effetto tra il costo e la produzione del reddito, aspetto – questo senz’altro da escludere quando, come nel caso concreto, il costo è accordato o sostenuto a posteriori rispetto ad un reddito già prodotto.
La ricorrente assume che, nel corso del giudizio di merito, aveva dedotto una serie di elementi – trascurati dalla CIR – che dimostravano che l’accordo di riduzione del prezzo era già stato concluso tra le parti prima della fine del 2004; segnatamente: una lettera del 15/01/2005, quale atto integrativo e supplementare, rispetto all’accordo del 28/01/2004, che individuava sia la data dell’effettiva conclusione di tale accordo aggiuntivo (18/02/2004) che l’efficacia dell’accordo suppletivo (l’intero esercizio 2004); la mai! del 20/12/2004 di una funzionaria della cliente inglese “B&Q”, diretta ad un funzionario della società contribuente, recante la sintesi di una precedente visita, nella quale si ribadiva la riduzione del prezzo di una sterlina per ogni pezzo del prodotto (anta “O.S.S.”) venduto dalla società veneta alla compagine estera; la lettera di conferma del funzionario italiano, nella quale si dava atto che l’accordo verbale di riduzione del prezzo risaliva al 18/02/2004, in concomitanza con il “lancio” del nuovo modello di prodotto sul mercato britannico.
3.1. Il motivo è infondato.
La ricorrente, in sostanza, offre una ricostruzione in fatto della vicenda negoziale distonica rispetto a quella su cui poggia il convincimento del Commissione tributaria veneta, che fa leva sul dato obiettivo per il quale del premio in discorso (lo “sconto di una sterlina”) si è avuta “traccia” sola alla fine di dicembre 2004, quando ormai le vendite di quel prodotto erano concluse, onde non era ravvisabile il necessario rapporto d’inerenza tra il costo (lo “sconto”) e la produzione del reddito.
La contribuente non spiega perché tale ratio decidendi sarebbe priva di fondamento né indica le ragioni per le quali i documenti che essa menziona (la lettera del 15/01/2005 e lo scambio di mails prive di data certa tra i funzionari delle società interessate) sarebbero idonei a scardinare l’intrinseca coerenza logica del contestato processo decisionale.
4. Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5, TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si censura la decisione impugnata per avere escluso l’inerenza del costo per lo sconto al cliente “B&Q”, nonostante la ricorrenza degli elementi costitutivi di tale requisito (del costo deducibile) in quanto, come suaccennato: l’accordo verbale sul premio risaliva al febbraio 2004 e si applicava a partire da gennaio 2004; i costi erano maturati nel corso dell’intero 2004 ed erano stati materialmente sostenuti nel gennaio 2005 (in particolare, erano stati concretamente determinati il 15/01/2005).
4.1. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente, in realtà, propone la propria ricostruzione della vicenda sostanziale, sovrapponendola al quadro fattuale composto dalla CTR. Un simile rilievo critico, però, supera il limite del vizio della violazione di legge ed è diretto, in modo non consentito, a sollecitare la Corte, cui è demandato esclusivamente il controllo sulla legalità e sulla logicità della decisione (Cass. 24/11/2016, n. 24012), all’apprezzamento di profili fattuali – nel caso concreto: la necessaria correlazione tra i costi recuperati a tassazione e i ricavi del 2004, quale presupposto dell’inerenza dei medesimi componenti negativi -, già esaminati dal giudice di merito che, con motivazione perspicua, ha disconosciuto tale inerenza.
5. Con il quinto motivo del ricorso, denunciando, testualmente, che: “La sentenza impugnata considera il mero vantaggio fiscale, teorizzando la configurabilità di un abuso del diritto, nonostante la presenza di valide ragioni economiche (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.).”, la ricorrente riferisce che, negata l’inerenza dei “premi cliente” ai ricavi del 2004, la CTR ha affermato che l’accordo 15/01/2005, anziché essere un negozio ricognitivo del contratto del 18/02/2004, costituirebbe un “abuso di diritto”, finalizzato al raggiungimento di un “vantaggio fiscale”, per poi aggiungere che la contribuente, gravata del relativo onere probatorio, non aveva dimostrato l’esistenza di “ragioni economiche valide”.
Sostiene, quindi, che nel caso in esame non è stato realizzato alcun abuso, in quanto lo sconto era finalizzato ad incentivare il cliente all’acquisto della maggiore quantità possibile della merce, appena “lanciata” sul mercato inglese.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Le considerazioni svolte dalla CTR sul contratto del 15/01/2005, secondo cui esso integrerebbe un “abuso di diritto”, finalizzato a un vantaggio fiscale, esulano dalla ratio decidendi della sentenza impugnata che – preme ricordarlo – ha affermato che, in base alle risultanze istruttorie, era dimostrato che quello sconto, riconosciuto a fine esercizio, ossia quel “premio finale”, non poteva essere dedotto quale costo del 2004, in quanto finalizzato a incrementare le vendite future.
6. Con il sesto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 1, TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la decisione impugnata per avere imputato i costi per spese di ristorazione e alberghi all’esercizio 2003, in assenza dei requisiti di legge, in particolare della “determinabilità oggettiva” del costo, che si era concretizzata solo nel 2004, quando la società-agente inglese “T. Marketing Ltd”, che li aveva sostenuti (nel 2003), aveva emesso la relativa fattura (datata 31/01/2004).
7. Con il settimo motivo, denunciando insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente censura il vizio dell’iter logico della decisione impugnata che, nell’affermare che la società era in grado di inserire, nel bilancio 2003, il costo per il quale la fattura era stata emessa il 31/01/2004, non aveva colto la questione cruciale, che non riguardava la possibilità di inserire nel bilancio 2003 notizie pervenute nel gennaio 2004, bensì stabilire se la “determinabilità” del rimborso si fosse realizzata nel 2003 o nel 2004.
7.1. Il sesto e il settimo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati.
Ed invero: «In materia di imposte sui redditi e con riguardo al reddito d’impresa, il principio di competenza, stabilito dall’art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [ attuale art. 109 TUIR], prescinde dal momento nel quale il documento giustificativo del costo viene acquisito o viene esibito, giacché, se si ritenesse il contrario, si verrebbe a collegare, inammissibilmente, l’imputabilità del costo non a fatti oggettivi e ad effetti ben precisi, individuabili nel tempo alla stregua della norma, ma alla volontà di soggetti che avrebbero la possibilità di fornire il documento rappresentativo del costo nel momento più opportuno, a seconda della convenienza.» (Cass. 31/10/2005, n. 21155; in senso conforme: Cass. 12/04/2006, n. 8577; 17/11/2006, n. 24474; 23/12/2014, n. 27296).
Questa Corte ha anche affermato che: «L’indeterminabilità delle componenti negative del reddito d’impresa che, ai sensi dell’art. 75, comma primo, d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (nel testo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. 12 dicembre 2003 n. 344) [attuale art. 109 TUIR], consente al contribuente di derogare al generale principio per cui le suddette componenti vanno imputate all’esercizio di competenza, sussiste non già per il solo fatto che il creditore del contribuente non abbia quantificato la propria pretesa ovvero non abbia emesso la fattura per le prestazioni erogate, ma solo quando tale quantificazione sia stata impedita da circostanze obiettive, la cui indicazione è posta a carico del contribuente al quale incombe l’onere di fornire la prova della certezza e determinabilità delle componenti negative del reddito.» (Cass. 30/07/2007, n. 16819).
Nella fattispecie, conformandosi a questi princìpi, la CTR ha affermato che la contribuente era in grado di inserire, nel bilancio 2003, nel rispetto del criterio della competenza, le dette spese di ristorazione e alberghi, relative a quell’esercizio, e fatturate dalla società inglese (che le aveva sostenute) in data 31/01/2004.
8. Con l’ottavo motivo, denunciando contraddittorietà della motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente, sulla ripresa dei costi per la consulenza professionale volta a valutare la fattibilità della costituzione della “Fondazione P.”, censura il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la CTR che, laddove ha reputato che la costituzione della fondazione era nell’interesse di altri soggetti ed estranea all’oggetto dell’impresa e, perciò, non inerente, si sarebbe posta in una “posizione ex post”, mentre, affrontando la questione “ex ante”, come invece sarebbe stato corretto, avrebbe dovuto rilevare che la società aveva legittimamente chiesto al consulente di indicare quali fossero i limiti della propria partecipazione all’ipotizzata “Fondazione P.”.
8.1. Il motivo è inammissibile.
A prescindere dal tenore poco intelligibile della censura, costituisce ius receptum che il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., vigente ratione temporis, di: «omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione» attiene necessariamente a un: «fatto controverso e decisivo per il giudizio», ossia a un fatto storico-naturalistico, principale o secondario, risultante dalla sentenza o dagli atti processuali, dedotto con un’esposizione chiara e sintetica, in relazione al quale si assume un vuoto argomentativo (omessa motivazione), oppure la carenza della trama argomentativa che la renda inidonea a dare conto delle ragioni della decisione (insufficiente motivazione) o, infine, un percorso argomentativo incomprensibile per l’insuperabile contrasto tra asserzioni inconciliabili (motivazione contraddittoria) (cfr., ex multis, Cass. 29/07/2015, n. 15997; Cass. 29/07/2011, n. 16655).
La contribuente non ha allegato alcun fatto, storico-naturalistico, decisivo e controverso, capace di infrangere la sostanziale coerenza della motivazione della sentenza, che ha negato la deducibilità del costo di consulenza perché estraneo all’oggetto dell’impresa.
9. Alla stregua di queste considerazioni, il ricorso va rigettato.
10. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.300,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
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