CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 luglio 2018, n. 18175
Licenziamento disciplinare – Misura risarcitoria ex art. 18, co. 4, L. n. 300\1970 – Quantificazione
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Venezia rigettava l’opposizione proposta da S.D.N. avverso l’ordinanza ex art. 1, co. 49, L. n. 92/12 che aveva rigettato il suo ricorso avverso il licenziamento disciplinare irrogatogli 19.11.14 dalla s.r.l. P.G.
Proposto reclamo da parte del lavoratore, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza non definitiva, depositata il 25.5.16, dichiarava l’illegittimità del licenziamento ed ordinava alla società la reintegra del S. nel suo posto di lavoro, rimettendo la causa sul ruolo per la prosecuzione del giudizio al fine di quantificare la misura risarcitoria ex art. 18, co. 4, L. n. 300/70. Con sentenza definitiva del 28.6.16 condannava la società al pagamento dell’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, previa detrazione dei redditi aliunde percepiti dal lavoratore nel medesimo periodo.
Per la cassazione di tali sentenze propone ricorso la società P.G., affidato ad unico motivo.
Resiste il lavoratore con controricorso.
Motivi della decisione
1. – La società ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell’art. 18 L. n. 300\70, esponendo le modalità, sostanzialmente manuali, con cui dovevano essere eseguite le operazioni di smontaggio delle ‘manarettè (piastre di ferro), evidenziando che il S. aveva invece proceduto a colpirle con un martello, provocandone la caduta di alcune a terra, sicché il licenziamento risultava del tutto legittimo.
Il ricorso è inammissibile.
Come risulta infatti evidente, esso, che pure formalmente denuncia la violazione di una norma di diritto senza indicare minimamente perché essa sarebbe stata violata, è diretto semplicemente ad una rivisitazione e ricostruzione dei fatti diversa rispetto a quanto ampiamente accertato dalla Corte di merito nel regime di cui al novellato n. 5 dell’art. 360, co. 1, c.p.c. Deve allora rimarcarsi che “..Il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso” (Cass. sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881).
Il ricorso non rispetta il dettato di cui alla norma processuale indicata. Nella specie, peraltro, il fatto decisivo, la condotta contestata al lavoratore, è stato ampiamente esaminato dalle sentenze impugnate, sia nella sua materialità che sotto il profilo dell’elemento soggettivo.
Il ricorso risulta pertanto inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi, € 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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