CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 maggio 2019, n. 14545
Tributi – Imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni di controllo o di collegamento – Condono ex art. 15 Legge n. 289 del 2002 – Rimborso – Esclusione
Fatti di causa
1. La B.M.P.S. s.p.a. ( B.M.P.S.) propone ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n.46/18/11, depositata il 6 aprile 2011, che ha rigettato l’appello della medesima contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Mantova, che aveva respinto il suo ricorso contro il diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate all’istanza di rimborso di una parte dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni di controllo o di collegamento di cui all’art. 1 del d.lgs. dell’ 8 ottobre 1997, n. 358.
La ricorrente espone che con atto del 10 luglio 1995, la B.A.M. S.p.a. (B.A.M.) ha acquistato l’intero capitale sociale della Banca Steinhauslin & C. s.p.a. per il prezzo di lire 126.820.000.000, iscrivendo quindi in bilancio la partecipazione al valore di lire 128.528.911.400, corrispondente al prezzo d’acquisto, maggiorato degli oneri accessori.
Successivamente, il 28 agosto 1998, la terza cedente ha restituito all’acquirente B.A.M. l’importo di lire 3.723.189.205 (pari ad euro 1.922.866,75), a titolo di riduzione del prezzo d’acquisto, rettificato, come previsto dal contratto di compravendita della predetta partecipazione, in conseguenza degli incagli e delle sofferenze rilevate, nei tre anni successivi alla cessione della partecipazione, dai bilanci e dalle scritture contabili della società partecipata.
La B.A.M. ha portato la porzione dell’importo restituitole dalla cedente in riduzione del costo d’acquisto della partecipazione originariamente iscritto a bilancio, e quindi del valore fiscalmente riconosciuto.
Quindi, con atto del 28 marzo 2001, la B.A.M. ha ceduto alla B.M.P.S., attuale ricorrente, l’intera partecipazione acquistata, realizzando una plusvalenza da riorganizzazione aziendale che quantificava in lire 28.966.277.805 e che assoggettava all’imposta sostitutiva del 19% di cui all’art. 1 d.lgs. n. 358 del 1997, pagando (tramite compensazioni) l’importo complessivo di lire 5.503.592.783. Accadeva poi che il 5 dicembre 2002 la Guardia di Finanza, all’esito di una verifica nei confronti della B.A.M., contestava a quest’ultima, relativamente al periodo d’imposta 1998, che l’importo ricevuto a titolo di parziale restituzione del corrispettivo della partecipazione de qua avrebbe dovuto essere iscritto nel conto economico dello stesso esercizio 1998 quale sopravvenienza attiva, senza alcuna rettifica dell’originario costo d’acquisto della partecipazione. Pertanto, la Guardia di Finanza, nel relativo processo verbale, ha invitato gli Uffici finanziari a recuperare a tassazione l’importo di euro 1.922.866,75, corrispondente alla sopravvenienza attiva da computarsi nel reddito imponibile del 1998 della B.A.M.
Successivamente, la B.M.P.S., attuale ricorrente, ha prima incorporato, il 25 marzo 2003, la B.A.M. e poi, il 16 maggio 2015, ha definito, con il condono di cui all’art. 15 legge 27 dicembre 2002, n. 289, il processo verbale di contestazione, già emesso nei confronti di quest’ultima con riferimento alla predetta sopravvenienza passiva del 1998, versando, con riferimento al rilievo relativo alla sopravvenienza passiva in questione, la somma di euro 376.327,80.
Infine, con istanza di rimborso del 25 ottobre 2005, la B.M.P.S., attuale ricorrente, ha chiesto all’Amministrazione finanziaria la restituzione della somma di euro 365.344,68, corrispondente alla parte dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza, realizzata con la cessione della suddetta partecipazione, pagata dall’incorporata B.A.M. in eccesso rispetto al dovuto, in quanto calcolata erroneamente computando il corrispettivo di acquisto della stessa partecipazione nella misura corrispondente al prezzo originario diminuito della somma restituita alla cessionaria dalla cedente.
Infatti, secondo l’attuale ricorrente, l’identico componente attivo, costituito dalla parte di corrispettivo restituita alla B.A.M. dall’alienante, era stato sottoposto a doppia imposizione: una prima volta nel periodo d’imposta 2001, con l’imposta sostitutiva, erroneamente calcolata sul corrispettivo di acquisizione della partecipazione ridotto, con conseguente emersione di una pari plusvalenza; una seconda volta, correttamente, a titolo di sopravvenienza attiva rilevante ai fini IRPEG, quale rettifica del reddito del periodo d’imposta 1998, nel quale avrebbe dovuto essere correttamente appostata, secondo il criterio di competenza, come rilevato nel processo verbale della verifica già richiamato.
Tanto premesso, la B.M.P.S., legittimata dall’incorporazione della B.A.M., ha chiesto che le venisse rimborsato quanto erroneamente pagato a titolo di imposta sostitutiva, atteso che per il medesimo presupposto impositivo aveva definito l’imposta sostituita, ovvero l’IRPEG, utilizzando il condono di cui all’art. 15 legge n. 289 del 2002, adempiendo al relativo versamento.
L’istanza di rimborso è stata rigettata dall’Ufficio.
2. La contribuente ha impugnato il diniego dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Mantova, che ha respinto il ricorso.
3. La contribuente ha quindi proposto appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che, con la sentenza qui impugnata, lo ha rigettato.
4. La contribuente propone ricorso per la cassazione della predetta sentenza di secondo grado, articolando sei motivi.
5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che ha depositato altresì memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 86, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi); 1, d.lgs. n. 358 del 1997 (imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cessione di azienda o di partecipazioni di controllo o di collegamento) e 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. (rimborso di versamenti diretti), in combinato disposto tra loro, per avere il giudice a quo ritenuto che la definizione, mediante condono, ex art. 15 legge n. 289 del 2002, ai fini IRPEG, del processo verbale della Guardia di Finanza relativo alla sopravvenienza attiva di cui all’anno d’imposta 1998, sia preclusiva del rimborso parziale dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza relativa all’anno d’imposta 2001, erroneamente versata in misura superiore al dovuto.
2. Con il secondo motivo ed il quinto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., il medesimo errore di diritto, sia pur sotto la prospettiva della violazione (nel quinto motivo) e della falsa applicazione (nel terzo motivo) dell’art. 15 legge n. 289 del 2002, sempre con riferimento alla preclusione all’accoglimento della domanda di rimborso parziale che, secondo la decisione impugnata, deriverebbe dalla definizione, mediante condono, ex art. 15 legge n. 289 del 2002, ai fini IRPEG, del processo verbale della Guardia di Finanza relativo alla sopravvenienza attiva relativa all’anno d’imposta 1998.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice a quo erroneamente ritenuto che la domanda di rimborso della contribuente avesse per oggetto la ripetizione dell’IRPEG versata, in adempimento del condono, per l’anno d’imposta 1998, in relazione alla sopravvenienza attiva oggetto del processo verbale, pronunciandosi su tale petitum. Invece, secondo la ricorrente, era palese che la domanda dì ripetizione aveva per oggetto una parte dell’imposta sostitutiva, erroneamente pagata dalla contribuente e relativa all’anno d’imposta 2001.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 5, cod. proc. civ., la sentenza impugnata per insufficienza e contraddittorietà della motivazione, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dall’individuazione dell’effettivo oggetto della domanda di rimborso della contribuente e, quindi, del giudizio.
5. Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., la sentenza impugnata per violazione dell’art. 163 d.P.R. n. 917 del 1986, per avere il giudice a quo escluso il diritto della contribuente al rimborso domandato, pur in presenza di una doppia imposizione del medesimo componente positivo di reddito, inderogabilmente vietata dalla norma citata.
6. Tutti i sei motivi sono tra loro connessi ed interdipendenti, apparendo, in parte, anche ripetitivi l’uno dell’altro, e possono essere trattati congiuntamente.
7. Il ricorso è infondato, e va respinto, sebbene debba essere parzialmente corretta, ai sensi dell’art. 384, comma 4, cod. proc. civ. la motivazione della sentenza impugnata.
8.Infatti, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, «In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dall’art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente non dovute per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, se del caso, il rimborso delle somme indebitamente pagate, o corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria.» (Cass., 10/02/2012, n. 1967. Conformi, ex plurimis, Cass. 06/03/2015, n. 4566, con l’esplicita riaffermazione che l’adesione del contribuente alle sanatorie fiscali previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, è ostativa al rimborso di crediti di imposta asseritamene spettanti; Cass. 01/10/2018, n. 23710, in motivazione; Cass. 18/01/2018, n. 5741; Cass., n. 14334/2018, in motivazionecon riferimento alla preclusione rispetto all’istanza di rimborso dell’IRAP; Cass., n. 4657/2017, ex plurimis).
8.1. Nello stesso senso, è stato altresì precisato, con specifico riferimento all’art. 7 della legge n. 289 del 2002, che la presentazione dell’ istanza di condono preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, anche nell’ipotesi di asserito difetto del presupposto impositivo, giacché il condono determina la formazione di un titolo giuridico nuovo e costituisce una modalità di definizione “conciliativa” della controversia, da cui consegue il componimento delle opposte pretese e quindi l’azzeramento, a fronte di eventuali ulteriori pretese del Fisco, della richiesta del contribuente di rimborso (Cass. 06/3/2015, n. 4566). Infatti, in tema di condono fiscale, la dichiarazione di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata non ha natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, come tale modificabile, ma integra un atto volontario, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti sono previsti dalla legge, sicché, una volta presentata, è irrevocabile e non può essere modificata dall’ufficio, né contestata dal contribuente per un ripensamento successivo, ma solo per errore materiale manifesto e riconoscibile (Cass. 21/07/2015, n. 15295).
9. Tanto premesso, nel caso sub iudice, la libera scelta di aderire al condono e di corrispondere quanto dovuto per la definizione, ex art. 15 legge n. 289 del 2002, della potenziale controversia relativa alla sopravvenienza attiva ai fini IRPEG, si pone come preclusiva anche della domanda di rimborso parziale dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza, atteso che la pretesa doppia imposizione del medesimo componente attivo del reddito, che il rimborso richiesto dovrebbe sanare, deriva proprio da tale consapevole scelta della stessa contribuente, che non può pretendere di rimetterla sostanzialmente in discussione, neppure indirettamente e per interferenza con l’imposta sostitutiva già versata.
10. Peraltro, come argomentato dall’Agenzia nel controricorso ed illustrato nella memoria della medesima parte, deve escludersi la configurabilità, nel caso di specie, della doppia imposizione assunta dalla ricorrente, difettando l’unicità del fatto generatore della ricchezza tassata ed integrante il presupposto dell’imposizione. Infatti, le due manifestazioni di ricchezza in questione ( prima la sopravvenienza attiva derivante dalla riduzione del corrispettivo di acquisto della partecipazione, assoggettata al condono; poi la plusvalenza generata dalla cessione della partecipazione e sottoposta all’imposta sostitutiva ) integrano due presupposti d’imposta distinti e tra loro autonomi, entrambi meramente eventuali e ciascuno elettivo, perché ex se riconducibile ad una specifica, espressa e consapevole opzione volontaria della contribuente di aderire al relativo regime fiscale eccezionale (in un caso la definizione, tramite condono, della sopravvenienza attiva; nell’altro il pagamento dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza), scelta che non può essere rimessa in discussione ex post attraverso l’istanza di rimborso di quanto versato a titolo di adempimento dell’una o dell’altra obbligazione tributaria.
11. La sentenza impugnata è quindi conforme al predetto orientamento di legittimità ed ai principi appena esposti, essendo pervenuta alla decisione di rigetto dell’appello della contribuente per ^ le medesime ragioni, sebbene debba darsi atto che, nella J motivazione, il giudice a quo non ha chiarito in modo inequivocabile che la domanda di rimborso della società ricorrente – e quindi il ricorso avverso il suo diniego – avevano per oggetto la ripetizione di una parte dell’imposta sostitutiva, relativa all’anno d’imposta 2001, e non direttamente la somma pagata dalla stessa contribuente in adempimento del condono.
La motivazione, pertanto – lasciando altrimenti adito al dubbio, esposto dall’attuale ricorrente – va corretta in parte qua, chiarendo che l’oggetto della domanda di rimborso controversa è, appunto, la ripetizione di una parte dell’imposta sostitutiva, senza tuttavia che ciò conduca, per le ragioni già esposte, ad una decisione diversa dal rigetto della stessa domanda e, pertanto, dell’attuale ricorso.
12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.