Corte di Cassazione ordinanza n. 21379 depositata il 6 luglio 2022
motivazione per relationem (cd. verticale) – natura del processo tributario
Rilevato che:
1. – con sentenza n. 1636/2019, depositata il 21 febbraio 2019, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello della Società A.C. S.r.l., così integralmente confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva parzialmente accolto, dietro riduzione del 30% del (maggior) valore accertato, l’impugnazione di un avviso di liquidazione delle imposte di registro, ed ipocatastali, dovute in relazione ad una compravendita, registrata in data 24 marzo 2014;
1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:
– l’atto impugnato era stato emesso, – e risultava correttamente motivato, – «sulla base di atti di compravendita considerati in via comparativa aventi ad oggetto beni similari aventi destinazione non edificabile e non agricola nonché sui valori riportati nel BURC Campania», la stima comparativa aveva tenuto conto «del reale valore, della ubicazione e della natura dei beni aventi destinazione agricola in base ai certificati di destinazione urbanistica» ed erano stati indicati gli «estremi dell’atto assunto quale termine di comparazione [con] la specificazione delle caratteristiche ritenute analoghe»;
– del pari condivisibili rimanevano gli accertamenti operati dal primo giudice, in quanto la riduzione della base imponibile (pari al 30% del maggior valore accertato) trovava «riscontro prevalentemente nelle precarie condizioni dei cespiti accertati, divenuti ricettacoli di ogni sorta di rifiuti che caratterizzano la straordinarietà del caso che certamente non investe l’intera estensione dei terreni pari a 690 mq bensì il 25% costituito da terreno non edificabile e non agricolo»;
– il gravame, del resto, si risolveva in una mera riedizione delle difese svolte in prime cure non avendo l’appellate «fornito ulteriori elementi a sostegno delle proprie affermazioni»;
2. – la Società A.C. S.r.. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che:
1. – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in relazione al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, ed agli artt. 115 e 132 cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza che, assume la ricorrente, si è risolta in una motivazione apparente, in una (mera) riedizione della pronuncia di prime cure, pedissequamente ripercorsa in difetto cli ogni autonoma critica, e valutazione, dei motivi di gravame;
– col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 51, cc. 2 e 3, nonché nullità della sentenza per violazione del d.lgs. n. 546 del 1992; si assume, in sintesi, che la gravata sentenza, – pur riconoscendo «la straordinarietà del caso in esame non essendoci in zona beni similari in quanto lo stesso bene si colloca per le suindicate caratteristiche al di fuori del mercato immobiliare ordinario», – ciò non di meno aveva ritenuto legittimamente impiegato il metodo comparativo di accertamento del maggior valore, senza, peraltro, specificamente indicare gli «elementi concreti similari»; laddove né l’Ufficio né la gravata pronuncia avevano offerto una «comparazione effettiva», ed essa esponente nemmeno aveva avuto accesso agli atti utilizzati a titolo comparativo;
– col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento alla I. n. 212 del 2000, art. 7, agli artt. 23 e 53 Cost., al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 51, cc. 2 e 3, ed all’art.. 2697 cod. civ., sull’assunto, in sintesi, che la gravata sentenza aveva rideterminato la base imponibile delle imposte dietro individuazione di una percentuale di riduzione (del 30%) determinata in via apodittica, astratta ed incontrollata, laddove «in assenza di elementi concreti per rivalutare in via forfettaria il terreno … avrebbe dovuto annullare l’atto impugnato»;
2. – il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso;
2.1 – come reso esplicito dal suo obiettivo contenuto, – quale sopra ripercorso nei suoi tratti essenziali, – la gravata sentenza non si è affatto risolta in un mero, ed acritico, rinvio ai contenuti decisori della pronuncia di prime cure posto che, – una volta ripercorse le posizioni difensive delle parti e, per l’appunto, i rilievi svolti dalla pronuncia oggetto di impugnazione, – il giudice del gravame ha dato specificamente conto delle soluzioni raggiunte su ciascuno dei punti controversi in contestazione, in particolare rimarcando la condivisibilità dei contenuti della comparazione istituita con beni di omologhe caratteristiche e le ragioni della riduzione del maggior valore accertato, a fronte della quale la stessa appellante, peraltro, non aveva offerto più specifici elementi di valutazione;
– come in più occasioni rimarcato dalla Corte, del resto, deve ritenersi legittima la motivazione per relationem (cd. verticale), ben potendo il giudice d’appello fare proprie le argomentazioni del primo giudice e, così, svolgere le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti; metodo di motivazione, questo, che, così come nella fattispecie, consente di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, e di rendere possibile ed agevole il controllo (v. , 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., 21 settembre 2017, n. 22022; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232);
3. – del pari destituiti di fondamento sono il secondo ed il terzo motivo che vanno congiuntamente trattati perché connessi;
3.1 – va, al riguardo, premesso che, – in svolgimento del primo motivo di ricorso, – le censure (ora) in esame espongono una (indebita) commistione di argomenti decisori, risolvendo la pronuncia del giudice del gravame, – cui si attribuiscono argomenti che, invece, sono propri della decisione del primo giudice, – in una pedissequa riedizione della motivazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale;
– per vero, il giudice del gravame non riconosce affatto («rinviando sempre alla sentenza di CTP») «la straordinarietà del caso in esame non essendoci in zona beni similari in quanto lo stesso bene si colloca per le suindicate caratteristiche al di fuori del mercato immobiliare ordinario» ma, diversamente, riporta detto argomento della pronuncia impugnata per precisare che le «precarie condizioni dei cespiti accertati», e la «straordinarietà del caso», non interessavano «l’intera estensione dei terreni pari a 98.690 mq bensì il 25% costituito da terreno non edificabile e non agricolo»; e, poi, per soggiungere che l’appello si era risolto in una mera riedizione delle difese di prime cure né aveva «fornito ulteriori elementi a sostegno» di una diversa conclusione;
3.2 – senza, poi, ripercorrere, – nemmeno in una estrema sintesi descrittiva, – i contenuti motivazionali dell’avviso di liquidazione impugnato, il secondo motivo di ricorso si pone, in termini del tutto aspecifici, in frontale contrasto con gli specifici rilievi svolti dal giudice del gravame che, come anticipato, ha ascritto l’accertamento di maggior valore all’impiego del metodo comparativo fondato su «atti di compravendita considerati in via comparativa aventi ad oggetto beni similari … nonché sui valori riportati nel BURC Campania», su «valore, … ubicazione e … natura dei beni >> desunta da «certificati di destinazione urbanistica» e dagli «estremi dell’atto assunto quale termine di comparazione [con] la specificazione dellle caratteristiche ritenute analoghe»;
3.3 – il terzo motivo, per di più, non considera che, secondo un consolidato orientamento della Corte, dalla natura del processo tributario, – il quale non è annoverabile tra quelli dii «impugnazione annullamento», ma tra i processi di «impugnazione-merito», in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio, – discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (v., ex plurimis, , 27 luglio 2021, n. 21491; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27574; Cass., 19 novembre 2014, n. 24611; Cass., 21 novembre 2013, n. 26157; Cass., 12 luglio 2006, n. 15825; Cass., 2 dicembre 1993, n. 11958; Cass., 4 maggio 1990, n. 3718; Cass., 18 giugno 1987, n. 5352);
3.4 – le censure in esame si risolvono, pertanto, nella devoluzione alla Corte di un non consentito riesame delle valutazioni probatorie, e degli accertamenti in fatto, svolti dal giudice del merito, e tendono ad eludere gli stessi limiti di ammissibilità di censure (art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.) sul vizio di motivazione della gravata sentenza (art. 348 ter, 4, cod. proc. civ.; v. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), per di più, come detto, nella più completa anomia di riferimenti al contenuto dell’avviso di liquidazione impugnato;
4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in€ 2.300,00, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art.
13 comma 1 quater del d.P.R. n. llS del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte clella ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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