CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 27283 depositata il 25 settembre 2023

Tributi – Cartella di pagamento – IVA – Azienda in amministrazione straordinaria – Fallimento – Accertamento dei crediti – Crediti tributari concorsuali – Notifica sia al fallito che al curatore fallimentare – Giurisdizione speciale – Termine di pagamento – Rigetto

Fatti di causa

1. Con sentenza n. 139/15/13 del 22/11/2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva parzialmente (limitatamente a interessi e sanzioni) l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 232/23/11 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto l’impugnazione proposta da E. s.p.a. in amministrazione straordinaria (di seguito E.) nei confronti di una cartella di pagamento concernente IVA relativa all’anno d’imposta (…), sanzioni e interessi.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti di causa, la cartella di pagamento era stata emessa, ai sensi del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54bis, a seguito della dichiarazione IVA redatta dal Commissario straordinario in data 29/09/2007 con riferimento al periodo (…), antecedente alla collocazione della società contribuente in amministrazione straordinaria (intervenuta in data (…)), e in ragione del disconoscimento del credito IVA maturato con riferimento all’anno (…).

1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello proposto da AE evidenziando che: a) la società contribuente aveva legittimamente integrato la dichiarazione IVA in data 09/06/2010, con conseguente legittima compensazione del credito IVA relativo all’anno precedente; b) gli interessi successivi all’ammissione di E. alla procedura di amministrazione straordinaria e le sanzioni erano, invece, dovuti.

2. Avverso la sentenza della CTR E. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, e depositava memoria ex art. 380 bis1, c.p.c.

3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso mentre non si costituiva in giudizio Equitalia Nord s.p.a.

4. Con ordinanza resa in esito dell’adunanza del 04/05/2022 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo al fine di essere trattata in pubblica udienza.

5. E. depositava memoria ex art. 378 c.p.c.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso E. deduce violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 270 del 1999, artt. 18 20 e 48 e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’imputabilità alla società contribuente, in amministrazione straordinaria, dell’omesso versamento dell’IVA relativa all’anno (…) (e, precisamente, relativa al periodo (…), anteriore al decreto con cui la società contribuente è stata messa in amministrazione straordinaria), con conseguente debenza di sanzioni ed interessi.

1.1. In particolare, la società contribuente sostiene essenzialmente che: a) il debito IVA relativo all’anno (…) sarebbe quello accertato a seguito della dichiarazione IVA definitiva, (vale a dire, in corso di procedura) e non quello determinato in via provvisoria dalle dichiarazioni periodiche mensili; b) il mancato pagamento non sarebbe riconnesso ad una deliberata volontà di E., ma deriverebbe dalla disciplina concorsuale, in quanto il commissario straordinario non avrebbe potuto estinguere il debito al di fuori della specifica disciplina del concorso dettata dalla procedura di amministrazione straordinaria, non essendo possibile iniziare o proseguire azioni esecutive individuali nei confronti della procedura fin dal decreto che dispone l’ammissione alla procedura (nella specie, datato 07/06/2006); c) ciò implicherebbe che non sarebbero dovuti né le sanzioni né gli interessi di mora liquidati con la cartella di pagamento impugnata.

2. Il motivo è infondato per le ragioni che si vanno ad indicare, parzialmente differenti da quelle esplicitate dal giudice di appello.

2.1. In via generale, va precisato che i crediti tributari non si sottraggono al principio generale previsto dalla L. Fall. Art. 52 commi 1 e 2 (applicabile ratione temporis, ma sostanzialmente riprodotto al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 151 cd. codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII), secondo il quale il fallimento apre il concorso sui crediti del fallito ed ogni credito deve essere accertato nelle forme previste dalla L. Fall., artt. 93 e ss..

2.1.1. Sono crediti tributari concorsuali quelli i cui presupposti impositivi si siano verificati prima della dichiarazione di fallimento, così come evidenziato dalla prevalente dottrina e dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 18002 del 14/09/2016; Cass. n. 5392 del 18/03/2016; Cass. n. 25689 del 21/12/2015; Cass., s.u., n. 9201 del 6/09/1990), avendo l’atto di accertamento (eventualmente successivo) natura meramente dichiarativa.

2.1.2. L’atto impositivo riguardante un credito tributario di natura concorsuale va, peraltro, notificato sia al fallito che al curatore fallimentare.

2.1.3. Invero, il fallito conserva la qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, pur essendo condizionata la sua impugnazione all’inerzia della curatela, sicché, in caso contrario, la pretesa tributaria è inefficace nei suoi confronti e l’atto impositivo non diventa definitivo, tenuto conto, peraltro, che costui non è parte necessaria del giudizio d’impugnazione instaurato dal curatore (cfr. Cass. s. u., n. 11287 del 28/04/2023; Cass. n. 12854 del 23/05/2018; Cass. n. 21078 del 13/10/2011).

2.1.4. La notifica al curatore fallimentare è, invece, necessaria ove si voglia procedere alla successiva insinuazione al passivo del credito, onde consentire l’eventuale impugnazione nelle sedi competenti (Cass. n. 25689 del 21/12/2015). E ciò anche quando il termine per l’impugnazione non sia ancora completamente decorso nei confronti del contribuente ancora in bonis in ragione dell’intervenuta dichiarazione di fallimento (Cass. n. 18002 del 14/09/2016). La conseguenza della mancata notificazione è l’inopponibilità del credito alla procedura concorsuale.

2.1.5. Regole del tutto analoghe valgono anche per l’amministrazione straordinaria, la cui disciplina dell’accertamento del passivo è interamente modellata su quella del fallimento (cfr. il d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 53 che richiama la L. Fall., artt. 93 e ss.). Del resto all’amministrazione straordinaria si applicano le regole della liquidazione coatta amministrativa che, al pari del fallimento, determina la cristallizzazione del passivo alla data della messa in liquidazione (Cass. n. 17327 del 11/10/2012).

2.2. Ciò posto, si è già detto che ai sensi della L. Fall. Art. 52 comma 2, (ma anche dell’analogo art. 151, comma 2, CCII), a seguito della dichiarazione di fallimento ogni credito deve essere accertato nelle forme di cui alla L. Fall. Artt. 93 e ss. (come detto, richiamati, per l’amministrazione straordinaria, dal d.lgs. n. 270 del 1999, art. 53 comma 2).

2.2.1. Tale regola generale, peraltro, subisce un’importante eccezione allorquando entrano in discussione i principi relativi al riparto della giurisdizione; nel senso che, qualora un credito sia sottoposto, nella determinazione dell’an e del quantum, alla giurisdizione di un giudice speciale (nella specie, delle commissioni tributarie, oggi corti di giustizia tributarie), la cognizione del giudice fallimentare in sede di accertamento del passivo è limitata: a) alla verifica della concorsualità del credito; b) alla verifica della idoneità della documentazione prodotta a comprovarne l’esistenza; c) alla verifica della sua collocazione, privilegiata o chirografaria.

2.2.2. Il giudice delegato resta, di contro, vincolato all’accertamento compiuto dal giudice dotato di giurisdizione: a) sull’an e sul quantum del credito; b) sulla eventuale maturazione dei termini di prescrizione (Cass. n. 21483 del 21/10/2015) o, a maggior ragione, di decadenza della pretesa impositiva. E ciò anche quando i termini di prescrizione siano maturati in epoca successiva alla notificazione della cartella di pagamento (Cass. s. u., n. 14648 del 13/06/2017).

2.3. Nel caso di specie, per come si evince anche dalla sentenza impugnata, l’iscrizione a ruolo effettuata da AE è avvenuta ai sensi del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 54bis in conseguenza della dichiarazione IVA del Commissario straordinario ai sensi dell’art. 74 bis, comma 1, del menzionato decreto presidenziale (sulla cui applicabilità all’amministrazione straordinaria non può dubitarsi, anche alla luce di Cass. n. 25897 del 16/11/2020). La cartella di pagamento notificata agli organi della procedura costituisce, pertanto, il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 19498 del 18/09/2020; Cass. n. 21804 del 20/09/2017) e riguarda crediti incontestatamente maturati anteriormente all’ammissione di E. alla procedura concorsuale (si tratta, pertanto, di crediti concorsuali).

2.3.1. La circostanza che il commissario straordinario non possa procedere al pagamento di detti crediti se non previa insinuazione e ammissione al passivo del creditore non esclude, da un lato, che la debenza del tributo vada accertata dall’Amministrazione finanziaria prima di procedere alla detta insinuazione (e ciò anche in epoca successiva alla dichiarazione di insolvenza); e, dall’altro, che la giurisdizione in ordine all’an ed il quantum del credito appartenga al giudice tributario (ferma la giurisdizione del giudice delegato in ordine alla effettiva concorsualità e collocazione del credito così accertato).

2.3.2. Ne consegue la legittimità della notifica della cartella di pagamento ad E., svolgendo la menzionata cartella la funzione anche di accertamento del tributo (oltre che, al di fuori della procedura concorsuale, di atto prodromico all’esecuzione). Ne’ può dirsi, in via generale, preclusa la notificazione della cartella di pagamento (anche al di fuori dei presupposti di emissione di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54bis) al fallimento e, quindi, anche all’amministrazione straordinaria, indipendentemente dalla circostanza che l’insinuazione al passivo possa farsi sulla base del semplice ruolo (Cass. n. 12759 del 21/04/2022).

2.4. Orbene, per quanto ancora interessa in questa sede, la cartella di pagamento è stata impugnata da E. davanti al giudice tributario in quanto non si ritengono dovute né le sanzioni, né gli interessi così come determinati dal giudice di appello.

2.5. Sotto il primo profilo, questa Corte ha già affermato che “qualora il contribuente sia stato dichiarato fallito, l’avvenuta irrogazione della sanzione per il mancato pagamento di un debito d’imposta sorto in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento esclude la rilevanza di qualsiasi considerazione attinente all’elemento soggettivo della violazione ed all’impossibilità per il curatore di effettuare il pagamento a favore di singoli creditori in lesione della “par condicio creditorum”, trovando la sanzione il suo presupposto in una violazione commessa quando l’imprenditore era ancora “in bonis”, e fermo restando che la soddisfazione del relativo credito deve aver luogo secondo le regole del concorso” (così Cass. n. 21078 del 13/10/2011; in senso sostanzialmente conf. Cass. n. 8215 del 6/11/1987; Cass. n. 1375 del 9/02/1987; da ultimo, si veda anche Cass. n. 4300 del 10/02/2022).

2.6. Tale principio, sostanzialmente condivisibile, necessita, peraltro, di una precisazione.

2.6.1. Non è dubbio che, laddove il termine di pagamento del tributo sia decorso alla data della dichiarazione di fallimento (o, nel caso dell’amministrazione straordinaria, alla data del decreto di ammissione alla procedura, dal quale decorrono gli effetti della dichiarazione di insolvenza), la curatela fallimentare (o il commissario straordinario) non possa eccepire la propria impossibilità di effettuare il pagamento in ragione della necessità di rispettare le regole del concorso: sicché le sanzioni sono dovute e vanno senz’altro ammesse al passivo, con il limite che dovranno essere pagate in moneta concorsuale.

2.6.2. Peraltro, non può dirsi altrettanto allorquando il termine di pagamento del tributo non sia decorso alla data della dichiarazione di insolvenza in quanto l’imprenditore poi dichiarato insolvente è ancora in termini per effettuare un pagamento tempestivo; con la conseguenza che non può imputarsi, a lui o agli organi della procedura, alcuna colpevole inadempienza ai sensi del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5 sia pure sotto il semplice profilo della coscienza e volontà del fatto (cfr. Cass. n. 4300 del 2022, cit.): prima della dichiarazione dello stato di insolvenza i termini per effettuare il pagamento da parte del contribuente in bonis non sono ancora scaduti; dopo detta dichiarazione, in ragione dell’applicazione delle regole del concorso, il pagamento non può più essere validamente eseguito dagli organi della procedura.

2.6.3. Nel caso di specie, l’IVA non versata da E. riguarda il periodo (…). Orbene, il termine per il pagamento dell’IVA relativa a detto periodo – nell’ipotesi di versamento mensile, accreditata dalla stessa ricorrente (come si evince dalla trascrizione dell’originario ricorso alla CTP, pag. 7 del ricorso per cassazione) – scadeva il 16 febbraio 2006 per quanto riguarda l’IVA maturata nel mese di (…), il (…) per quanto concerne l’IVA maturata nel mese di (…), il (…) per quanto concerne l’IVA maturata nel mese di (…) e il (…) per quanto riguarda l’IVA maturata nel mese di (…). Il decreto con il quale E. è stata posta in amministrazione straordinaria è del (…), sicché è di tutta evidenza che: a) l’imposta rivesta indubbiamente natura concorsuale in quanto maturata antecedentemente al decreto di apertura della procedura concorsuale (circostanza, peraltro, non contestata); b) la società era obbligata a versarla in ogni caso alle scadenze mensili previste dalla legge, scadenze antecedenti all’apertura del concorso.

2.6.4. Ne consegue che, alla data del decreto di ammissione di E. alla procedura concorsuale, l’imprenditore in bonis era già inadempiente dall’obbligo di versamento dell’IVA periodica, sicché la circostanza che il commissario straordinario non avrebbe potuto effettuare il versamento dell’imposta successivamente indicata nella dichiarazione integrativa presentata, ostandovi le regole del concorso, è del tutto ininfluente.

2.6.5. Del resto, la dichiarazione integrativa presentata dal commissario straordinario è semplicemente ricognitiva di un debito IVA già maturato antecedentemente alla procedura e che riveste natura concorsuale. Di detto debito e delle sue conseguenze sanzionatorie, già maturate alla data della ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria in ragione della scadenza dei termini per effettuare i versamenti periodici, non può che rispondere la ricorrente, sebbene il pagamento dovrà avvenire secondo le regole del concorso e in moneta concorsuale.

2.6.6. Il mancato versamento dell’IVA periodica e’, quindi, imputabile ad E. in bonis, in capo alla quale sussisteva la coscienza e volontà di violare il termine previsto per il pagamento.

2.7. Con riferimento, poi, agli interessi sul credito IVA oggetto del giudizio, la CTR ha affermato che gli stessi sono dovuti, peraltro nei limiti di quanto previsto dall’art. 2749 c.c., trattandosi di credito privilegiato.

2.8. Orbene, come già chiarito con riferimento alle sanzioni, non è dubbio che il credito IVA vantato dall’Amministrazione finanziaria sia un credito concorsuale, il cui pagamento è scaduto in data antecedente al decreto di ammissione di E. alla procedura di amministrazione straordinaria, indipendentemente dalla circostanza che detto credito sia stato accertato in epoca successiva.

2.8.1. Poiché E. in bonis non ha provveduto al tempestivo adempimento dell’obbligazione tributaria, il credito IVA è sicuramente produttivo di interessi conseguenti al ritardato pagamento; interessi da porre carico della società in bonis e, quindi, della successiva procedura concorsuale; e ciò indipendentemente dalla circostanza che il commissario straordinario non avrebbe potuto legittimamente effettuare il pagamento.

2.8.2. In particolare, il menzionato credito, in quanto privilegiato, matura interessi, nella misura prevista dalle norme tributarie, per l’anno in corso e l’anno precedente all’apertura della procedura concorsuale; e nella misura pari al tasso legale per il periodo successivo fino alla vendita dei beni su cui il privilegio può essere fatto valere (cfr. Cass. n. 13458 del 13/06/2014; Cass. n. 6319 del 10/03/2017).

2.8.3. Tuttavia, indipendentemente dagli interessi richiesti con la cartella di pagamento dall’Amministrazione finanziaria, spetta al giudice delegato alla procedura concorsuale la esatta quantificazione degli stessi in applicazione delle regole del concorso in sede di insinuazione del credito al passivo.

2.8.4. Resta il fatto che detti interessi sono dovuti e la loro quantificazione, erroneamente operata dalla CTR in quanto giudice non dotato di giurisdizione al riguardo, non è stata oggetto di specifica impugnazione, essendosi E. limitata a contestarne unicamente la debenza.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato.

3.1. La relativa novità delle questioni esaminate nella presente controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

3.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater del testo unico di cui al d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.