Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sezione 26, sentenza n. 2760 depositata il 26 ottobre 2022
Impugnazione delle sentenze oltre i termini di legge nel processo tributario
Massima:
Ogni sentenza del giudice tributario passa in giudicato decorsi sei mesi dal suo deposito, salvo che l’altra parte, notificandola nelle forme ordinarie, non faccia decorrere il più breve termine di 60 giorni dalla notifica, indipendentemente da qualsiasi comunicazione da parte della segreteria della Corte di Giustizia Tributaria. Conseguentemente, l’appello proposto dopo il suddetto termine deve essere dichiarato inammissibile. L’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine lungo della pubblicazione della sentenza, presuppone che la parte dimostri l’ignoranza del processo, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza. La facoltà di impugnazione tardiva nel processo tributario è quindi prerogativa esclusiva della parte non costituita nelle tassative e documentate ipotesi previste dalla norma. Questa circostanza impedisce che a danno di un soggetto possa formarsi un giudicato senza che quest’ultimo abbia avuto notizia, effettiva o presuntiva, della esistenza della procedura.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Foggia ha impugnato la sentenza n. XXX/XX/17, pronunciata il XX/XX/2017 dalla Sezione 5 della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia e depositata il XX/XX/2017, che ha accolto il ricorso avverso l’avviso di accertamento n. TVK0XXXXX0, per Irpef e add.li Irpef per l’anno d’imposta 2010 emesso nei confronti di XXXXX XXXXXXXXX, codice fiscale XXXXXXXXXXXX.
Il richiamato avviso di accertamento veniva emesso a seguito di invito finalizzato all’acquisizione della documentazione in merito a movimentazioni annotate negli anni 2009 e 2010 su alcuni conti correnti bancari intestati al contribuente. Seguiva contraddittorio del XX/XX/2015.
Il contribuente proponeva ricorso avverso l’atto impositivo avanti la Comm. Trib. Prov. di Foggia, eccependo l’omessa redazione del processo verbale di costatazione prima dell’emissione dell’avviso di accertamento; eccepiva la violazione dell’art. 12, comma 7, legge 212/2000, mancato rispetto dei 60 giorni dalla data di redazione del verbale di chiusura delle operazioni, nemmeno rispettante in ordine al verbale di contraddittorio del XX/XX//2015. Nel merito ai rilievi mossi faceva presente che per le operazioni di accredito contestate: del 18/2/2010 di ?. 5.000,00 e del 17/12/2010 di ?. 4.500,00 entrambe su c/c di Banca XXXXXX, le disponibilità derivavano da risparmi personali. Mentre per l’operazione del 05/10/2010 di ?. 1.641,75 su un conto non precisato, riteneva non essere attinente la sfera personale del contribuente e probabilmente si riferisce ad una movimentazione di una società cui il contribuente era legale rappresentante.
L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del ricorso, evidenziando la legittimità e correttezza del proprio operato.
La Comm. Trib. Prov. di Foggia, con la sentenza n. XXX/XX/17, accoglie il ricorso ritenendo che il contribuente abbia dimostrato la disponibilità di risorse finanziarie tali da giustificare i versamenti che l’ufficio prende a base dell’accertamento in quanto non giustificati. Compensa le spese di giudizio attesa la controvertibilità della problematica trattata.
L’Agenzia delle Entrate di Foggia ha interposto appello avverso la sentenza di prime cure eccependo preliminarmente che la richiamata sentenza favorevole al contribuente (CTP Foggia n. XXX/XX/15) era ancora sub iudice per essere stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate. Inoltre, eccepisce che le operazioni poste a base dell’accertamento erano quelle di versamento effettuati dal contribuente per le quali lo stesso non aveva fornito idonea giustificazione a nulla rilevando un’eventuale disponibilità dello stesso, come erroneamente affermato da primi Giudici. Conclude per l’accoglimento dell’appello in riforma della sentenza impugnata di confermare la pretesa erariale.
L’Appellato si è regolarmente costituito in giudizio, con proprie controdeduzioni, eccependo preliminarmente che non è stata dimostrata la tempestività dell’appello, atteso che il termine per l’impugnativa scadeva il 1/9/2017 mentre la notifica dell’appello risulta effettuata il 15/09/2017, non avendo l’Ufficio prodotto prova della consegna all’Ufficio postale del plico contenente l’appello ovvero l’originale dell’attestazione di spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno. Nel merito fa osservare che le argomentazioni dell’Ufficio, in relazione ai versamenti bancari, sono manifestamente compatibili on l’entità dei redditi netti disponibili dichiarati nel corso degli anni precedenti. Inoltre, quanto al movimento di ? 1.641,75 ritiene di aver dimostrato che il movimento finanziario non risulta annota sui propri conti correnti e che non attiene alla propria sfera personale. Propone appello incidentale per i motivi non accolti dal primo Giudicante. Conclude per il rigetto dell’appello principale dell’Agenzia; di accogliere l’appello incidentale, con riforma parziale della sentenza di primo grado per la dichiarazione di nullità dell’avviso di accertamento, con vittoria di spese ed onorari.
L’appellato ha presentato ulteriori memorie illustrative ribadendo quanto già eccepito con la costituzione in giudizio e insiste per l’accoglimento delle controdeduzioni e dell’appello incidentale.
All’odierna trattazione in pubblica udienza le parti illustrano le proprie ragioni come in atti e successivamente la causa viene posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio, preliminarmente, ritiene accogliibile l’eccezione di inammissibilità dell’appello poiché l’impugnazione è stata effettuata oltre il termine di legge. In particolare, la questione riguarda la decorrenza del termine per impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale. Nel caso in esame, la sentenza n. XXX/XX/17 risulta depositata il 1° febbraio 2017 mentre l’appello è stato notificato al difensore di XXXX XXXX in data 15 settembre 2017. Anche in considerazione della sospensione feriale, nonché il termine lungo di cui all’art.327 c.p.c., la data ultima per notificare l’appello scadeva verosimilmente l’1°/09/2019. L’eccezione ribadita in sede di discussione orale del processo non è stata smentita dall’Agenzia delle Entrate. Inoltre, l’Agenzia non ha prodotto agli atti, alcuna documentazione probante, eventualmente, la consegna all’Ufficio postale del plico contenente l’appello ovvero l’originale dell’attestazione di spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno.
L’articolo 38, terzo comma, del d.lgs n. 546/92 prescrive che se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza si applica l’articolo 337, primo comma, c.p.c. cd. termine lungo, di sei mesi dalla pubblicazione/deposito della sentenza stessa. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione d’udienza. Nel caso di specie però l’odierno appellante (Agenzia delle Entrate) era parte resistente regolarmente costituita nel giudizio di primo grado, del quale perciò aveva oggettiva conoscenza, sicché non può invocare la non applicazione del primo comma dell’articolo 327 cpc.
L’art. 327 c.p.c., in tema di decadenza dall’impugnazione, deve leggersi in combinato disposto con l’art. 133 c.p.c., ai sensi del quale: “La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata.” L’orientamento della giurisprudenza di legittimità identifica il “deposito” come il momento di perfezionamento, efficacia, esistenza, irretrattabilità della sentenza e quindi il momento in cui cominciano a decorrere i termini per la proposizione di eventuali impugnazioni.
Di conseguenza, nei casi in cui l’iter procedimentale venga portato a termine senza interruzioni, si realizza nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo e conseguente possibilità per gli interessati di venirne a conoscenza e richiederne copia autentica: da tale momento la sentenza “esiste” a tutti gli effetti e comincia a decorrere il cosiddetto termine lungo (6 mesi) per la sua impugnazione. Il giudice di legittimità, con costante giurisprudenza, ha statuito che la scadenza del termine cosiddetto lungo si ha con il mero decorso de tempo dalla data di pubblicazione della sentenza (oltre ovviamente i giorni di sospensione feriale dei termini), non essendo previsto l’adempimento da parte della segreteria della comunicazione del deposito della sentenza, come un momento costitutivo o condizionante l’efficacia del procedimento di pubblicazione, sicché esso non può neppure condizionare il valido decorso del termine, decorrente dalla pubblicazione medesima. In buona sostanza, per la Suprema Corte (Cassazione, sez. V, 20/07/2001, n. 9897), in virtù dell’efficacia del dettato dell’articolo 327 c.p.c. sull’intero ordinamento processuale, anche le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali non possono essere impugnate ove sia decorso il termine dalla loro pubblicazione (che si perfeziona con il deposito della sentenza senza che occorra la comunicazione dell’avviso di deposito), salvo che la parte rimasta contumace dimostri di non avere alcuna conoscenza del processo (Cassazione, sez. V, sentenza n. 6466 del 6/5/2002). Al fine dell’accertamento positivo di tale conoscenza, è sufficiente che sia nota la proposizione del ricorso, si pensi alla notifica dell’atto d’appello; la parte a cui sia stato notificato l’atto introduttivo del processo ha l’onere di seguirne lo svolgimento successivo, anche ai fini della decorrenza del termine lungo d’impugnazione decorrente dal deposito della sentenza (Cassazione, ordinanza n. 405 del 23/03/2001). La comunicazione del dispositivo è un atto esterno rispetto alla sentenza e non influisce sulla sua esistenza, mentre la pubblicazione è un atto senza il quale la sentenza non viene a esistenza; ne deriva che, mentre la mancata pubblicazione è un fattore d’inesistenza della sentenza, la mancata comunicazione, assurge a situazione patologica del processo, che non impedisce il raggiungimento del risultato del giudicato, al quale il processo è preordinato, e non assurge a condizione necessaria per far scattare il requisito di non conoscenza di cui all’articolo 38, terzo comma, del D.lgs 546/92.
In conclusione, allo stato, l’appello risulta inammissibile per tardiva l’articolo 38, terzo comma, del d.lgs n. 546/92, essendo stato proposto oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata.
In relazione alle spese di giudizio le stesse vengono compensate tra le parti in quanto la decisione a riguardato esclusivamente questioni di rito e non di merito.
La Corte dichiara inammissibile l’appello poiché proposto oltre i termini di cui all’art. 38, terzo comma, d.lgs. 546/92.
Spese compensate.
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