La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 3120 depositata il 12 febbraio 2014 intervenendo in materia di crediti d’imposta per assunzioni dipendenti ha statuito che “l’art. 7 della legge n. 388 del 2000 contiene una disciplina esaustiva in ordine agli incentivi spettanti per l’incremento dell’occupazione, stabilendo con tassatività i requisiti soggettivi ed oggettivi per la loro fruizione, tra i quali non è compresa l’insussistenza di rapporti familiari tra il datore di lavoro e il lavoratore assunto. Ne consegue che è arbitrario affermare l’esclusione del beneficio fiscale nel caso di assunzione di familiari (nella specie, un genitore), traendola dalla previsione di indeducibilità dal reddito dei compensi ad essi erogati stabilita dal citato art. 60 del d.P.R. n. 917 del 1986 (secondo la nuova numerazione, già art. 62, comma 2), il quale deve ritenersi inoperante ai fini che qui rilevano”.
La controversia è originata dalla notifica ad un contribuente, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, di un avviso di recupero del credito d’imposta previsto, per l’incremento dell’occupazione, dall’art. 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ritenuto indebitamente utilizzato in quanto il lavoratore assunto era il genitore del contribuente.
Il contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici rigettarono il ricorso proposto. Avverso la decisione del giudice di prime cure il contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici confermavano la sentenza appellata. I giudici distrettauali hanno ritenuto non applicabile il credito d’imposta in considerazione che l’art. 60 (già 62) del d.P.R. n. 917 del 1986 non consente la deducibilità dal reddito dei compensi corrisposti, fra l’altro, agli ascendenti per il lavoro svolto nell’impresa.
Per la cassazione della decisione del giudice di seconde cure il contribuente proponeva ricorso, affidandosi a quattro motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del contribuente e cassano la pronuncia impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR. I giudici di legittimità hanno precisato che è evidente che, trattandosi dell’assunzione di un familiare, le cui prestazioni vengono normalmente rese affectionis vel benevolentiae causa, occorre una prova rigorosa degli elementi costitutivi dei rapporto di lavoro e, in particolar modo, dei requisiti indefettibili della subordinazione e della onerosità.