La Corte di Cassazione sezione Tributaria con la sentenza n. 24434 depositata il 30 ottobre 2013 intervenendo in tema di elusione ha statuito che l’elusione del principio di inerenza non configura l’abuso del diritto, ciò non toglie che la newco non possa dedurre i costi per interessi passivi dei mutui contratti con le banche se difetta il requisito di cui all’articolo 75 del TUIR.
La vicenda ha riguardato il recupero a tassazione a seguito di una verifica fiscale di IVA, IRPEG ed IRAP per costi, ritenuti indeducibili, per interessi passivi corrisposti alle banche dalla contribuente per il finanziamento delle due operazioni di fusione ed al recupero delle maggiori imposte dovute in relazione ad omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito delle società incorporate. Successivamente a seguito della verifica fiscale conclusasi con il PVG veniva emesso avviso di accertamento,
Avverso tale atto impositivo la società contribuente proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici della CTP accoglievano parzialmente le doglianze del contribuente, riconoscendo la deducibilità degli interessi passivi e confermando la legittimità dell’avviso di accertamento in riferimento alla omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito delle società incorporate.
Contro la sentenza del giudice di prime cure l’Amministrazione Finanziaria proponeva, inanzi alla Commissione Tributaria Regionale, appello principale e la società appello incidentale. I giudici di appello rigettarono sia l’appello principale che quello incidendale confermando la decisione della CTP. Per i giudici della CTR “era rimasta sfornita di riscontri probatori la tesi dell’Ufficio che individuava la società contribuente come mera mandataria del Fondo di investimento statunitense, e dunque non legittimata a dedurre gli oneri del finanziamento bancario erogato alla newco N.A.s.p.a. per la realizzazione delle operazioni di fusione. Quanto alla impugnazione incidentale i medesimi Giudici la rigettavano essendo fondata su “elementi generici ed inconsistenti.”
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso, basato su due censure, contro la sentenza di appello alla Corte Suprema. Il contribuente propone controricorso ed appello incidentale basato su una solo doglianza.
La Corte Suprema accoglie il ricorso principale quanto al secondo motivo (infondato il primo motivo) ed accolto il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Commissione tributaria della regione Lombardia affinché provveda ad emendare i vizi di legittimità riscontrati, liquidando all’esito le spese di lite del presente giudizio.
Gli Ermellini affermano nelle complesse motivazioni della sentenza che “l’elusione del principio di inerenza in altro non si risolve che nella stessa violazione della norma tributaria che quel principio afferma (art. 75 vecchio TUIR), con la conseguenza che difetta nella specie lo stesso presupposto di configurabilità della categoria dell’abuso che prescinde proprio dalla violazione di specifiche norme tributarie e dunque dalla qualificazione di illiceità della condotta del contribuente”. Pertanto la consolidata e costante giurisprudenza, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (cfr. SS.UU. n. 30055 del 2008 e SS.SS. nn. 1465 del 2009, 20029 del 2010 e 21782 del 2011).
Per i giudici di legittimità la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nel vizio di legittimità perché, con riferimento alla complessa operazione finanziaria presa in esame (merger leverage buy out), avrebbe dovuto indagare e valutare se venisse o meno a essere alterato il criterio di inerenza della spesa deducibile, cioè se la dissociazione tra il soggetto che sosteneva i costi per interessi passivi (la società controllante) e quello che aveva realizzato il risultato economico connesso alla operazione (Fondo inevestimento), potesse o meno incidere sulla stessa imputabilità degli interessi passivi all’esercizio dell’attività economica svolta dalle società incorporate nel gruppo, atteso che la deduzione di componenti negativi del reddito presuppone necessariamente, ai sensi dell’articolo 75, comma 5, vecchio TUIR, una relazione di “inerenza” tra i costi e i “ricavi o gli altri proventi” cui è diretta l’attività economica svolta da una medesima società.
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