La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32717 depositata il 24 novembre 2023, intervenendo in tema di efficacia di giudicato, ha riaffermato il principio di diritto secondo cui “… Per spiegare efficacia riflessa verso soggetti estranei al rapporto processuale, quale affermazione obiettiva di verità, è necessario che il terzo sia titolare di una situazione giuridica dipendente o comunque subordinata – e non è questo il caso – e che, come detto, il terzo non sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene. In tale evenienza, infatti, non è ammissibile che egli, salvo diversa ed espressa indicazione normativa, possa avvalersene a fondamento della sua pretesa e neppure possa riceverne un pregiudizio (cfr. Cass. 11/06/2019 n. 15599). Deve trattarsi di sentenza che contenga un’affermazione obiettiva di verità che non ammette la possibilità di un diverso accertamento ed essa può avere efficacia riflessa nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al rapporto processuale a condizione che questi sia titolare di un diritto non autonomo, ma dipendente dalla situazione definita in quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a questa (cfr. Cass. n. 5411 del 2019). Non è questo il caso dell’interpretazione di clausole di un contratto collettivo o di un accordo aziendale. Diversamente opinando, si finirebbe per ammettere la possibilità per il giudice di interpretare con efficacia erga omnes il contratto collettivo e gli accordi aziendali. È appena il caso di ricordare che a tal fine l’ordinamento ha apprestato uno specifico strumento che è quello dell’accertamento pregiudiziale ex art. 420 bis c.p.c., per quanto riguarda in generale l’interpretazione dei contratti collettivi, cui fa pendant l’art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001 per contratti o accordi collettivi nazionali sottoscritti dall’ARAN. Anche in quel caso, peraltro, l’interpretazione del contratto offerta dalla Cassazione adita per saltum dalle parti per contrastare l’interpretazione data dal giudice di primo grado, è certamente vincolante nel giudizio a quo ma reca solo un vincolo procedurale per tutti gli altri casi. Ed infatti, non è preclusa al giudice di primo grado la possibilità di interpretare diversamente le stesse norme collettive in altro procedimento ma questi è però tenuta a provvedere, con sentenza emessa ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. civ., in modo da consentire alle parti il ricorso immediato in cassazione e la verifica, da parte del giudice di legittimità, della correttezza della diversa opzione interpretativa seguita (cfr. Cass. Sez. U, 23/09/2010 n. 20075 e Cass. Sez. Lav. 04/08/2016 n. 16348). …”
La vicenda ha riguardato una dipendente che chiedeva la condanna della sua ex datrice di lavoro al fine di ottenere il pagamento della retribuzione dovuta per ferie, tredicesima, permessi retribuiti, malattia e TFR. Il Tribunale adito accolse la domanda con esclusione di quanto richiesto a titolo di integrazione del t.f.r. non ancora maturato. La società datrice di lavoro proponeva appello. La Corte Territoriale investita del gravame della società lo accolse e la condannò a pagare un minor importo, in quanto ritené che l’indennità di sede disagiata fosse un rimborso spese forfettario che non era collegato a particolari modalità della prestazione e prescindeva dal livello di inquadramento del lavoratore. Avverso la decisione di appello la dipendente proponeva ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
I giudici di legittimità nel rigettare le doglianze della dipendente ricordano che “… il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare ” efficacia riflessa” nei confronti di soggetti rimasti estranei al rapporto processuale a condizione che: a) i terzi non siano titolari di un diritto autonomo, scaturente da un distinto rapporto giuridico o costituito su un rapporto diverso da quello dedotto nel primo giudizio; b) i terzi non possano risentire un “pregiudizio giuridico” dalla precedente decisione; c) l’ efficacia riflessa riguardi soltanto l’affermazione di una situazione giuridica che non ammette la possibilità di un diverso accertamento (cfr. Cass. 23/04/2020 n. 8101). …”
In altri termini, per il Supremo consesso, affinché la sentenza esplichi efficacia riflessa verso soggetti estranei al rapporto processuale, quale affermazione obiettiva di verità, è necessario, da un lato, che il terzo sia titolare di una situazione giuridica dipendente o comunque subordinata.
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