AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 256 del 17 marzo 2023
IRES – Interpretazione del combinato disposto dei commi 3-bis, lett. b) e 3-ter dell’articolo 89 del TUIR – Esenzione della remunerazione derivante da partecipazioni avente i requisiti per l’applicazione del regime della Direttiva “madre-figlia”
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.p.a. (di seguito anche “Alfa”, “Istante” o “Contribuente”) è una società di capitali avente sede legale e residenza fiscale in Italia ove è soggetta ad imposizione IRES e, sin da prima del 2016, detiene ininterrottamente più del 10% del capitale i) ordinario versato (rappresentato da “azioni ordinarie” con sovrapprezzo), e ii) privilegiato versato (e rappresentato da “azioni privilegiate” – c.d. preference shares, e di seguito “PS” – senza sovrapprezzo), emesso dalla società controllata non residente Beta N.V (di seguito “Beta”).
Alla fine dei periodi di imposta 20…, 20… e 20… il capitale sociale di Beta era composto sia da azioni ordinarie (senza considerare il sovrapprezzo) sia da azioni privilegiate. Le azioni ordinarie erano in numero pari a XXX mentre le privilegiate erano pari a YYY. Alfa, a decorrere dalla fine del periodo d’imposta chiuso al 31 dicembre 2016, detiene un numero di azioni: i) ordinarie pari a xxx; ii) privilegiate pari a yyy.
I diritti patrimoniali e amministrativi spettanti ai soci titolari della partecipazione al capitale emessa da Beta sotto forma di “azioni privilegiate”, in aderenza alla disciplina di diritto societario olandese, previsti dallo Statuto di Beta, sono i seguenti:
– Il principale diritto amministrativo dei soci è costituito dal potere di voto nell’assemblea degli azionisti.
– I principali diritti patrimoniali sono: i) il diritto al dividendo privilegiato, che nasce solo dopo che la società ha deliberato la distribuzione dell’utile di esercizio e che viene determinato in percentuale con riferimento al valore nominale del capitale sociale privilegiato; tale percentuale configura un “tetto massimo” (ossia un limite massimo espresso in misura relativa assumendo come parametro cui applicare la percentuale di remunerazione il capitale privilegiato) al dividendo spettante all’azionista privilegiato; ii) il diritto alla quota di liquidazione.
La legislazione societaria olandese e lo Statuto di Beta non prevedono, in favore degli azionisti privilegiati, alcun diritto al rimborso né parziale, né integrale di quanto versato in sede di sottoscrizione del capitale sociale; né sussiste, di conseguenza, in capo a Beta, alcun obbligo di restituzione integrale del capitale privilegiato versato dai soci privilegiati.
La remunerazione delle “azioni privilegiate” di cui Beta è emittente, al pari della remunerazione delle “azioni ordinarie”, è totalmente indeducibile in capo a Beta quale emittente ai fini fiscali in Olanda in quanto trattata civilisticamente, contabilmente e, per quanto di specifico interesse, fiscalmente quale una distribuzione di “dividendi” strettamente intesi.
Ciò premesso, l’Istante rappresenta che a partire dall’esercizio 2016 e fino all’esercizio chiuso al 31 dicembre 20… Alfa ha incassato annualmente “dividendi”, quale remunerazione delle azioni ordinarie e delle azioni privilegiate, deliberati in acconto da Beta, per un ammontare complessivo pari a ……
La remunerazione della partecipazione al capitale in Beta sotto forma di azioni ordinarie e privilegiate è stata contabilizzata e rilevata nel bilancio di Beta (società emittente) e di Alfa (socio) come distribuzione di dividendi. In particolare, i proventi derivanti dalle preference shares sono stati classificati nel bilancio di Alfa quali dividendi e inclusi tra i “Proventi derivanti da azioni o quote del conto tecnico vita”, ai sensi del Regolamento IVASS n. 22 del 4 aprile 2008, nonché dei principi contabili italiani (OIC 21).
Per quanto attiene al trattamento fiscale l’Istante rappresenta che dette remunerazioni pur soddisfacendo il requisito della “totale indeducibilità” nella giurisdizione dell’emittente, non soddisfano il requisito della “totale correlazione” richiesta, anche per la “partecipazione al capitale” in emittente estero, dagli articoli 44, co. 2, lett. a) e 89, co. 3 del TUIR. In particolare, il dividendo privilegiato risulta correlato ai risultati economici dell’emittente nell’an (in quanto spettante solo in caso di delibera di distribuzione degli utili da parte di Beta) ma non nel quantum (in quanto calcolato con riferimento ad un tasso di interesse).
Premesso quanto sopra, l’Istante sottopone all’attenzione della scrivente i seguenti quesiti:
a) Un primo, di carattere qualificatorio (Quesito Qualificatorio), con cui l’Istante chiede conferma che sia corretto qualificare le azioni emesse da Beta quali “partecipazione al capitale” ai sensi del comma 3-bis, lett. b) dell’articolo 89 del TUIR;
b) Un secondo, di carattere interpretativo (Quesito Interpretativo), che riguarda la corretta interpretazione del combinato disposto dell’articolo 89, commi 3-bis, lett. b) e 3-ter, come introdotti a decorrere dal 2016 nel corpo dell’articolo 89 del TUIR dall’articolo 26 della Legge n. 122 del 07 luglio 2016 (“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”) relativamente al regime fiscale dei “dividendi”.
L’Istante chiede di sapere se, per effetto della suddetta novella, alle “remunerazioni delle partecipazioni al capitale” ricevute da soggetti IRES e pagate da società residenti in Stati membri dell’Unione Europea aventi i requisiti per l’applicazione della Direttiva “madre-figlia” (cd. “emittenti qualificati UE”) il regime di “dividend exemption” previsto per i dividendi domestici (ossia, secondo l’Istante, il regime previsto dal comma 2 dell’articolo 89 in quanto applicabile agli “utili in senso proprio”) spetti senza che sia necessario il rispetto del requisito della “totale correlazione”, come invece richiesto dall’articolo 89, comma 3, per le remunerazioni pagate da emittenti non qualificati UE, stante il richiamo dell’articolo 44, co. 2 lett. a), ma sia necessario solo il rispetto del requisito della “indeducibilità” della remunerazione in capo all’emittente.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In relazione al Quesito Qualificatorio l’Istante ritiene che le “azioni privilegiate” emesse da una società olandese in base al proprio Statuto, avente la forma di “Naamloze Vennootschap” (N.V.) compresa, al pari di una società per azioni di diritto italiano, nell’Allegato I, Parte A della Direttiva madre-figlia e nel campo di applicazione delle Direttive di diritto societario (vedi Direttiva UE 2017/1132) e contabile (Direttiva UE 2013/34), vadano qualificate fiscalmente quale “partecipazione al capitale” ai sensi dell’articolo 89, comma 3-bis, lett. b) del TUIR.
A tale riguardo, la Società richiama la nozione di “partecipazioni al capitale” fornita dalla Circolare n. 26/E/2004 dell’Agenzia delle entrate secondo la quale detti strumenti si caratterizzano per i seguenti aspetti fondamentali:
– attribuiscono la qualità di “socio” che è correlata al “conferimento di valori imputati a capitale”;
– comportano la partecipazione al “capitale sociale” della società;
– derivano da un “conferimento” (e non da un mero “apporto”).
Sulla base dei criteri sopra descritti (attribuzione della qualità di “socio”, partecipazione al “capitale sociale” e derivazione da “conferimento”) le azioni privilegiate emesse da Beta integrano le caratteristiche delle “partecipazioni al capitale” in quanto:
– attribuiscono la qualità di “socio” (dotato di tipici diritti patrimoniali ed amministrativi);
– comportano la partecipazione del “capitale sociale”;
– derivano da “conferimento”.
Per altro, e per completezza, Alfa evidenzia come la tipologia di remunerazione delle “azioni privilegiate” secondo le modalità previste dallo Statuto di Beta è rispettosa anche del diritto societario italiano come ridefinito a seguito della riforma societaria del 2003.
In merito viene richiamata, a titolo indicativo, la Massima n. 189 emessa in data 16 giugno 2020 dal Consiglio notarile di Milano che, in base al codice civile, per quanto di interesse, concluderebbe nel senso che “sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. […] che pongono un tetto massimo al diritto all’utile, quali ad esempio le clausole che prevedono: […] (ii) limiti massimi espressi in misura relativa assumendo come parametro un dato variabile, quale ad esempio il capitale sociale […].” La configurazione del “tetto massimo” in “misura relativa” con riguardo ad un “dato variabile” (come il capitale sociale) non “dovrebbero creare problemi” con “riguardo alla violazione del divieto di patto leonino (articolo 2665 c.c., nella misura in cui possa dirsi espressione di un principio applicabile anche alle società di capitali”).
In relazione al Quesito Interpretativo, l’Istante rappresenta che in merito alle remunerazioni delle partecipazioni e degli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti, la Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 4/E del 18 gennaio 2006 ha chiarito che, ai fini dell’assimilazione alle azioni, dette partecipazioni nonché detti strumenti finanziari “devono presentare le seguenti caratteristiche:
1. la relativa remunerazione deve essere costituita esclusivamente da utili, ossia essere rappresentativa di una partecipazione ai risultati economici della società emittente (di società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi) – (cd. totale correlazione);
2. tale remunerazione deve essere totalmente indeducibile dal reddito della società emittente secondo le regole proprie vigenti nel Paese estero di residenza.” (cd. totale indeducibilità).
La medesima Circolare n. 4 ha precisato che “tali requisiti (ossia il cd. “doppio equity”) devono sussistere sia ai fini dell’assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari esteri sia ai fini dell’assimilazione delle azioni estere ossia delle vere e proprie partecipazioni al capitale o al patrimonio di società estere”.
Il requisito della totale correlazione, in particolare, comporta che il regime dei dividendi (ossia la “dividend exemption” prevista dall’articolo 89, comma 3 del TUIR), in base all’articolo 44, co. 2 lett. a), ultimo periodo, non sia applicabile, in caso di emittente estero, qualora non sia superato il test del “doppio equity” sia con riferimento alle “partecipazioni al capitale o al patrimonio” che ai “titoli e gli strumenti finanziari”.
Sulla base di quanto rappresentato, il regime fiscale della remunerazione della “partecipazione al capitale” emessa da un soggetto non residente (anche UE), in base a quanto previsto dagli articoli 44, co. 2, lett. a) e 89, comma 3, del TUIR, può essere ricondotto al regime di esenzione dei dividendi soltanto al ricorrere del “doppio equity” (ossia la “totale correlazione” e la “totale indeducibilità”).
Su tale quadro normativo ha inciso la novella del 2016 prima citata, la quale ha inserito nell’articolato dell’articolo 89 del TUIR, i commi 3-bis e 3-ter, prevedendo, per quanto di interesse in questa sede:
“«3-bis. L’esclusione di cui al comma 2 si applica anche:
[omissis];
b) alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati nel comma 3-ter del presente articolo, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.”
A parere dell’Istante, per effetto della modifica all’articolo 89, a decorrere dal periodo d’imposta 2016, ai fini dell’applicazione del regime di “dividend exemption” previsto per i dividendi domestici (ossia il regime previsto dal comma 2 dell’articolo 89) alle “remunerazioni delle partecipazioni al capitale” pagate da “emittenti qualificati UE”, sarebbe venuta meno la necessità di verificare il requisito della “totale correlazione” (e, quindi, del cd. “doppio equity”), al contrario di quanto (ancora) richiesto dall’articolo 89, comma 3, per le remunerazioni pagate da emittenti esteri non qualificati UE in base all’articolo 44, comma 2, lett. a), ma sia necessario solo il rispetto del requisito della “indeducibilità” della remunerazione in capo all’emittente.
Ne deriverebbe che le “azioni privilegiate” emesse da Beta, quale emittente qualificato UE, in quanto qualificate come “partecipazioni al capitale”, al ricorrere dell’holding period, pur avendo una remunerazione correlata solo nell’an ai risultati economici dell’emittente, godrebbero del regime di esclusione del 95% dei dividendi previsto dal comma 2 dell’articolo 89 del TUIR.
L’Istante precisa, infine, che il quesito “è circoscritto al campo di applicazione del co. 3-bis (e 3-ter) con soggetto IRES percettore e emittente qualificato UE con riguardo agli “utili” derivanti dalla “partecipazione al capitale” e “non riguarda il regime ex articolo 87 del TUIR”.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Con l’istanza di interpello in oggetto, l’Istante ha posto due quesiti correlati all’interpretazione dei commi 3-bis, lett. b) e 3-ter dell’articolo 89 del TUIR con specifico riguardo alla “remunerazione” della partecipazione al “capitale sociale”, sotto forma di c.d. azioni privilegiate, detenuta da Alfa (quale socio e soggetto IRES residente in Italia) nella subsidiary Beta, per cui ricorrono i requisiti della Direttiva “madre-figlia” (di seguito anche la “Direttiva PSD”).
In particolare, con il Quesito Interpretativo, l’Istante chiede di sapere se, alla luce di quanto disposto dall’articolo 89, comma 3-bis, lett. b) del TUIR, per vedersi riconosciuta l’esenzione al 95% delle “remunerazioni della partecipazione al capitale”, sia ancora necessaria la verifica del cd. “doppio equity”, ossia la verifica – richiesta per i titoli emessi da società emittenti non residenti – della “totale correlazione ai risultati economici” e della “totale indeducibilità” nella determinazione del reddito estero della società emittente.
Come noto, ai sensi dell’articolo 89, comma 3, del TUIR gli utili e le remunerazioni provenienti dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) e dalle remunerazioni derivanti da contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR stipulati con tali soggetti, se diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, possono beneficiare dell’esclusione prevista dall’articolo 89, comma 2, del TUIR alla condizione che dette remunerazioni siano totalmente indeducibili dal reddito imponibile dello Stato estero di residenza dell’emittente o della controparte contrattuale.
L’articolo 89, comma 3, subordina, infatti, l’esenzione delle remunerazioni alla condizione prevista dall’articolo 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo, nella parte in cui prevede che “Le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente…”.
Con la Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 4/E del 2006 – intervenuta a chiarimento del decreto correttivo del 2005 (Decreto Legislativo 18 novembre 2005, n. 247 recante disposizioni correttive ed integrative al Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344), che aveva modificato l’articolo 44, comma 2, lett. a) del TUIR – l’Agenzia delle entrate ha chiarito che “ai fini dell’assimilazione alle azioni, le partecipazioni nonché gli strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti devono presentare le seguenti caratteristiche:
1. la relativa remunerazione deve essere costituita esclusivamente da utili, ossia essere rappresentativa di una partecipazione ai risultati economici della società emittente (di società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi);
2. tale remunerazione deve essere totalmente indeducibile dal reddito della società emittente secondo le regole proprie vigenti nel Paese estero di residenza.”
La medesima Circolare ha, inoltre, precisato che “tali requisiti (ossia la totale correlazione e la totale indeducibilità) devono sussistere sia ai fini dell’assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari esteri sia ai fini dell’assimilazione delle azioni estere ossia delle vere e proprie partecipazioni al capitale o al patrimonio di società estere.
In particolare, con riferimento al requisito indicato nel punto sub 1, si precisa che la partecipazione ai risultati economici deve essere effettiva (così come per i titoli italiani) e non è sufficiente che la remunerazione sia soltanto parametrata agli utili della società né tantomeno che sia collegata esclusivamente a parametri finanziari (es. andamento di un indice, di prezzi o di valori di titoli azionari e obbligazionari) ovvero a parametri diversi dai risultati economici di un’impresa o di un affare.”
Per quanto riguarda la nozione di “totale correlazione ai risultati economici”, è utile richiamare la relazione governativa al decreto legislativo n. 344 del 2003. Il concetto di partecipazione ai risultati economici è illustrato con riferimento all’articolo 109, comma 9, lett. a), nella parte in cui dispone che non è deducibile dal reddito dell’emittente ogni tipo di remunerazione dovuta su titoli, strumenti finanziari comunque denominati, di cui all’articolo 44, per la quota di essa che “direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici”.
La relazione chiarisce che “l’indeducibilità non è estesa ai proventi per i quali la connessione con i risultati economici dell’impresa riguardi unicamente l’an, ma non il quantum, della corresponsione dei proventi e/o del rimborso ai sottoscrittori (come nel caso dei titoli con tasso di rendimento prestabilito, per i quali il pagamento degli interessi in una certa misura sia subordinato all’esistenza di utili ovvero alla effettiva distribuzione di dividendi da parte dell’emittente o di altra società del gruppo)”.
Il requisito della totale correlazione, dunque, anche sulla scorta della relazione governativa alla Riforma IRES del 2003, e come ribadito dalla Circolare n. 6 del 2006, comporta che il regime dei dividendi (ossia la “dividend exemption” prevista dall’articolo 89, co. 3 del TUIR), in base al richiamo dell’articolo 44, comma 2, lett. a), in caso di emittente estero non sia applicabile in mancanza del superamento del test del “doppio equity” (ossia la “totale correlazione” e la connessa “totale indeducibilità”) sia alle “partecipazioni al capitale o al patrimonio” che ai “titoli e gli strumenti finanziari”.
In tale contesto normativo e di prassi è intervenuta la novella del 2016 (articolo 26 della Legge n. 122 del 7 luglio 2016) che, senza apportare modifiche all’articolo 44, comma 2, lett. a), ha modificato l’articolo 89 del TUIR introducendo nel testo normativo i commi 3-bis e 3-ter.
Per i soggetti percettori assoggettati all’IRES, il comma 3-bis prevede che l’esclusione al 95% prevista dal precedente comma 2, dell’articolo 89, si applica anche “b) alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, provenienti dai soggetti che hanno i requisiti individuati nel comma 3-ter del presente articolo, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante”. La predetta disposizione, pertanto, trova applicazione limitatamente alle remunerazioni provenienti da “emittenti qualificati UE” cosi come individuati nel comma 3-ter.
L’Istante ritiene che per effetto della suddetta modifica normativa sia venuta meno la necessità di verificare il requisito del cd. “doppio equity”, limitatamente alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio provenienti dai soggetti indicati nel comma 3-ter (cd. “emittenti qualificati UE”).
In particolare, ritiene che per effetto della nuova formulazione dell’articolo 89, per le remunerazioni delle partecipazioni al capitale pagate da “emittenti qualificati UE” e ricevute da soggetti passivi IRES, sarebbe venuta meno la necessità di verificare il requisito della “totale correlazione”, dal momento che la norma richiede, ai fini della “dividend exemption”, soltanto che la remunerazione sia indeducibile dal reddito del soggetto estero.
Per le ragioni che verranno esposte di seguito, non si condivide la soluzione interpretativa proposta dall’Istante.
La scrivente ritiene che i commi 3-bis e 3-ter introdotti dalla novella del 2016 hanno inteso estendere il disposto del suddetto comma 2 dell’articolo 89, relativo all’esclusione dal reddito degli utili percepiti dai soggetti IRES:
a) alle remunerazioni sui titoli, strumenti finanziari e contratti indicati dall’articolo 109, comma 9, lettere a) e b) del TUIR, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile ai sensi del medesimo articolo 109;
b) alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44 del TUIR che individua i redditi di capitale, provenienti dai soggetti aventi i requisiti di seguito indicati, limitatamente al 95 per cento della quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.
La lettera b) si applica soltanto alle remunerazioni distribuite da società “figlie” a società “madri” residenti in paesi membri dell’UE, ossia che si qualificano per l’applicazione della Direttiva PSD.
A chiarimento della ratio della novella, la relazione tecnica alla Legge n. 122 del 2016 evidenzia che “la normativa vigente (n.d.r. prima della novella), al fine di evitare operazioni di arbitraggio fiscale capaci di generare situazioni di doppia non imposizione mediante l’utilizzo di strumenti finanziari ibridi, considera “utile” le remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio nonché i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti non residenti la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione a risultati economici della società emittente, sempreché le remunerazioni stesse siano totalmente indeducibili nella determinazione del reddito del soggetto erogante nel Paese di residenza di quest’ultimo.”
“Possono quindi verificarsi casi di doppia imposizione quando la remunerazione del socio o del soggetto che ne abbia diritto è solo in parte costituita da utili.”
La relazione precisa, quindi, che, “al fine di recepire il dettato comunitario, la norma modifica le disposizioni interne estendendo il regime sopra evidenziato anche alle remunerazioni miste, ossia solo parzialmente costituite da una partecipazione ai risultati economici dell’emittente, erogate sia nell’ambito di gruppi europei, sia nell’ambito di gruppi nazionali per evitare di discriminare questi ultimi rispetto ai primi.
La relazione tecnica precisa che “il comma 1 (n.d.r. del citato articolo 26 della Legge n. 122/2016), con riferimento alle società che si qualificano per l’applicazione della Direttiva 2011/96/UE del Consiglio (cd. madre-figlia), sia nel caso di remunerazioni di titoli e di strumenti finanziari cd. ibridi emessi da soggetti residenti, sia nel caso di remunerazioni di partecipazioni al capitale o al patrimonio o degli strumenti finanziari sopra citati emessi da società non residenti, stabilisce che tali remunerazioni non concorrono in quanto escluse a formare il reddito d’esercizio in cui sono percepite, limitatamente alla quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante.” (enfasi aggiunta)
La disposizione in commento non altera, quindi, l’impianto normativo precedente, ma mira ad eliminare quelle casistiche che determinavano la “doppia imposizione” degli utili distribuiti dalle società figlie alle corrispondenti società madri, cui si applica la Direttiva PSD, dovuta al contemporaneo intervento dei differenti regimi tributari dei due Stati UE.
La disposizione oggetto del quesito interpretativo è, infatti, intervenuta a risolvere gli eventuali casi di doppia imposizione economica che potevano prodursi per effetto del disposto dell’articolo 89, comma 3, il quale, richiamando l’articolo 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo, richiedeva, in ogni caso, ai fini dell’esenzione della remunerazione, la totale indeducibilità della stessa dal reddito del soggetto emittente estero.
Nei casi di remunerazioni “miste”, ossia composte solo in parte da utili – dunque indeducibili solo in parte – il soggetto percettore residente non poteva, pertanto, beneficiare dell’esenzione sulla parte effettivamente rappresentata da utili, e ciò determinava un fenomeno di doppia imposizione sulla parte di remunerazione non deducibile.
Detto trattamento non è stato ritenuto conforme alla direttiva n. 2014/86/UE del Consiglio, recante modifica della direttiva n. 2011/96/UE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, con conseguente apertura a carico dell’Italia di una specifica procedura di infrazione (n. 2016/0106).
Il comma 3-bis, al fine di adeguare la normativa italiana alle disposizioni della Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, come modificate dalla Direttiva 2014/86/UE e dalla Direttiva 2015/121/UE, e di porre rimedio alla doppia imposizione di cui sopra, ha, quindi, esteso l’esenzione di cui al comma 2, dell’articolo 89, alle remunerazioni delle partecipazioni, dei titoli e strumenti finanziari, limitatamente alla quota di esse non deducibile nella determinazione del reddito del soggetto erogante, con ciò superando il requisito della “totale indeducibilità” dal reddito estero ai fini dell’esenzione.
In altri termini, la circostanza che vi sia una parziale deducibilità presso l’emittente estero, dal 2016, non impedisce in toto il riconoscimento del regime dei dividendi presso il percettore, ma lo limita pro-quota.
Sulla base di quanto sopra, anche sulla scorta delle indicazioni di prassi richiamate, si ritiene che la disposizione normativa in esame non abbia, quindi, inciso sul requisito della “totale correlazione” della quota di remunerazione indeducibile dal reddito estero.
Si ricorda, infatti, che, ai fini della tassazione delle remunerazioni, l’assimilazione alle azioni degli strumenti finanziari di qualunque natura emessi all’estero continua a realizzarsi solo allorché questi strumenti diano luogo ad una remunerazione totalmente collegata ai risultati economici (cfr. Circolare n. 4 del 2006). Così si esprime ancora oggi l’articolo 44, comma 2, lett. a), in quanto nessuna modifica ha interessato la definizione normativa di strumento finanziario “partecipativo” (anche emesso all’estero) in esso contenuta.
Detto requisito, pertanto, anche dopo la riforma introdotta con la novella del 2016, deve ritenersi ancora necessario ai fini del riconoscimento dell’esenzione (parziale) della remunerazione proveniente dai soggetti emittenti qualificati UE ai sensi dell’articolo 89, comma 3-ter del TUIR.
Per l’effetto, si devono ritenere ancora valide le indicazioni di prassi contenute nella circolare n. 4 del 2006, in tema di requisiti per l’esenzione delle remunerazioni di partecipazioni in senso stretto e strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti.
Si ricorda, infine, che, ai sensi dell’articolo 26, comma 3, della legge n. 122 del 2016, le nuove disposizioni si applicano a partire dal 1° gennaio 2016.
Con riferimento al quesito inerente alla qualificazione fiscale degli strumenti finanziari (“preference shares”), si osserva che l’esame della questione qualificatoria è da ritenersi assorbita dal parere sfavorevole alla soluzione prospettata in ordine all’interpretazione dell’articolo 89, comma 3-bis, lett. b), in quanto il permanere del requisito della “correlazione ai risultati economici dell’impresa”, ai fini del riconoscimento dell’esenzione della remunerazione, fa venire meno l’interesse alla qualificazione fiscale dello strumento finanziario da cui origina la remunerazione.
La risposta all’interpello in trattazione viene fornita sulla base degli elementi e dei fatti rappresentati dall’Istante che, ai fini del presente parere, vengono assunti acriticamente nel presupposto della loro veridicità e completezza e non si estende a questioni non rappresentate o per le quali, comunque, nessuna espressa richiesta di parere è stata formulata.
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