Nel processo tributario il giudizio di appello è disciplinato dal Capo III,  sezione II del Titolo II (articoli dal 52 fino al 61) del decreto legislativo n. 546 del 1992 ed è disciplinato in parte da regola dettate dal legislatore specificamente per tale grado di giudizio e in parte mutuate dal procedimento di primo grado cui espressamente rinvia l’art. 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992.

Inoltre, l’art. 49 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dettato in materia di impugnazione, dispone espressamente l’applicabilità alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie delle disposizioni del titolo III (Delle impugnazioni), capo I (Delle impugnazioni in generale) del libro II (Del processo di cognizione) del codice di procedura civile e, per quel che rileva specificamente in questa sede, anche degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., fatto salvo quanto disposto nel decreto legislativo citato.

In giurisprudenza vi è un contrasto in ordine al contenuto del comma 2 dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992. In particolare se tale disposizione disciplini o meno un litisconsorzio necessario processuale che imponga sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindibile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, ovvero se il legislatore abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile.

La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza interlocutoria n. 6205 depositata il 1° marzo 2023, intervenendo su tale tema ha rinviato gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

In riferimento al giudizio di secondo grado l’art. 53, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992, dispone che il ricorso sia proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado.

Inoltre  l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992 prevede che la costituzione in giudizio della parte appellata e la proposizione dell’appello incidentale (quest’ultima a pena di inammissibilità) avvengano nei modi e nei termini di cui all’art. 23, depositando apposito atto di controdeduzioni.

Il Supremo consesso ha chiarito che dalla lettura dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 non si evince che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità e, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista o quando comunque l’atto abbia raggiunto il suo scopo (cfr. Cass., 5 giugno 2010, n. 14423, in motivazione).

L’orientamento prevalente della Suprema Corte prevede l’applicabilità degli art. 331 e 332 c.p.c.. In particolare l’art. 331 cod. proc. civ. disciplina il litisconsorzio nelle fasi di gravame, in presenza di cause inscindibili e di cause tra loro dipendenti e si applica qualora l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte le parti processuali presenti nel giudizio di primo grado; tale norma consente al giudice d’appello di ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissando un termine perentorio per l’effettuazione della notifica, con l’ulteriore corollario che, in caso di ottemperanza dell’ordine, essendo sanato il vizio con efficacia retroattiva, il giudizio proseguirà normalmente; mentre, in difetto di ottemperanza all’ordine del contraddittorio, l’appello sarà dichiarato inammissibile. L’art. 332 cod. proc. civ., di contro, regola l’ipotesi di litisconsorzio nelle cause scindibili, quando ancora una volta l’atto di appello non viene proposto nei confronti di tutte le parti presenti nel giudizio di primo grado; in questo caso, la notifica dell’atto di impugnazione, ordinata dal giudice, può avvenire, sempre in un termine perentorio, nei confronti delle parti per le quali non sia preclusa o esclusa l’impugnazione per decorrenza del termine o per acquiescenza e lo stesso art. 332 cod. proc. civ. prevede che, qualora le parti interessate non provvedano ad effettuare detta notifica, il processo rimarrà sospeso fino al momento in cui non siano decorsi i termini per impugnare, e una volta decorsi il processo proseguirà il suo svolgimento.

Gli Ermellini con l’ordinanza interlocutoria n. 6205 depositata il 1° marzo 2023, oltre ad affermare che l’orientamento prevalente della Corte è quello dell’applicabilità al processo tributario di secondo grado gli stessi principi che regolano nel processo civile le cause inscindibili e quelle scindibili,  hanno precisato che “… l’esplicita e chiara formulazione dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, impone all’appellante principale nel giudizio tributario di notificare l’impugnazione a tutti i soggetti che erano stati parte nel giudizio di primo grado, determinando quindi un’ipotesi normativa di litisconsorzio necessario di natura processuale; sicché, coerentemente con tale impostazione, l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel disciplinare le modalità di proposizione dell’appello incidentale, ne impone esclusivamente la formulazione nel contesto della memoria di controdeduzioni ed il deposito nei termini previsti per tale atto, senza imporre all’appellante incidentale alcun onere di notifica a parti non evocate in giudizio dall’appellante incidentale (Cass., 15 luglio 2020, n. 14982; Cass., 18 aprile 2017, n. 9757; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934; Cass., 6 novembre 2013, n. 24868).

E’ stato, altresì, precisato che il concetto di litisconsorzio necessario va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio e che l’esplicita e chiara formulazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 546 del 1992 impone all’appellante principale nel giudizio tributario di notificare l’impugnazione a tutti i soggetti che erano stati parte nel giudizio di primo grado, determinando quindi un’ipotesi normativa di litisconsorzio necessario di natura processuale. Infatti l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti siano state presenti nel giudizio di primo grado (cfr. Cass., 19 agosto 2020, n. 28562; Cass., 14 dicembre 2019, n. 33028; Cass., 6 novembre 2019, n. 28562; Cass., 9 dicembre 2019, n. 32085; Cass., 24 maggio 2019, n. 14213; Cass., 8 marzo 2019, n. 6833 del 2019; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27616; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934. Ancora è stato ritenuto che anche nel processo tributario l’art. 331 cod. proc. civ. trova applicazione anche nelle cause dipendenti, che riguardano due o più rapporti scindibili, ma logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune, che meritano, per esigenze di non contraddizione, l’adozione di soluzioni uniformi nei confronti delle diverse parti che abbiano partecipato al giudizio di primo grado (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4597; Cass. 13 luglio 2016, n. 14253; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1225), ribadendosi, altresì, che il concetto di causa «inscindibile», di cui all’art. 331 cod. proc. civ., va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche a quelle di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio (Cass. 22 gennaio 1998, n. 567; Cass., 1 aprile 1999, n. 3114; Cass., 1 marzo 2011, n. 2998; Cass., 6 novembre 2002, n,. 15546; Cass., 8 agosto 2003, n. 11946; Cass., Sez. U., 12 dicembre 2006, n. 26420; Cass., 26 gennaio 2010, n. 1535; Cass., 8 novembre 2017, n. 26433; Cass., 29 marzo 2019, n. 8790).

E’ stato, inoltre, affermato che, nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27616; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934) e che, nell’ipotesi di omessa impugnazione nei confronti di tutte le parti di sentenza pronunciata in causa inscindibile – da riferirsi, oltre che al litisconsorzio necessario sostanziale, anche a quello processuale – il giudice di appello, in applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., deve disporre l’integrazione del contraddittorio, sicché, in difetto di emissione di tale ordine, il gravame non è inammissibile, ma solo nullo l’intero procedimento di secondo grado e la sentenza che lo ha concluso e il relativo vizio è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., 4 dicembre 2014, n. 25719). …” 

I giudici di piazza Cavour hanno statuito che “… in tema di contenzioso tributario, l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., con la conseguenza che, in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parti pretermesse, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (Cass., 27 ottobre 2017, n. 25588, citata, che ha ritenuto esente da critiche l’omessa integrazione del contraddittorio in appello nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto nel giudizio di primo grado insieme all’Amministrazione finanziaria, tenuto conto che l’impugnazione aveva ad oggetto solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria e che il termine per impugnare era già decorso (Cass., 12 novembre 2014, n. 24083). Cass., 9 maggio 2007, n. 10580). …”

Note

Litisconsorzio: artt. 53 D. Lgs. 546 e 331 c.p.c.

Differenza tra litisconsorzio processuale e litisconsorzio sostanziale disciplinato dall’art. 14. D.L.gs. 456. Cause scindibili e inscindibili.

Impugnazione cumulativa: la giurisprudenza ammette l’impugnazione cumulativa ( Cass., sez.un. n.3692/2009; Cass. n. 20247/13), ovvero che con un unico atto, vengano impugnate più sentenze, purchè si tratti di sentenze che siano state rese tra le stesse parti ed abbiano per oggetto questioni identiche.

A norma dell’art. 53, comma 2, d.lgs., il ricorso in appello va proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, ravvisandosi una ipotesi di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale. L’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità