La Corte Suprema ha costantemente affermato il principio dell’’autonoma impugnabilità della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione , anche in materia di reddito di società di comodo, fornisce lo spunto per esaminare la disciplina delle società non operative alla luce delle più recenti novelle normative.  (vedasi Cassazione sentenza 21 giugno 2016, n. 12777 )

Nel caso in cui una società che non abbia superato il test si operatività venga notificato, dall’Amministrazione finanziaria, una cartella di pagamento ex art. 36-bisD.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata da una società di capitali la stessa potrà impugnare la cartella è impugnabile per vizi attinenti il merito della pretesa tributaria: il soggetto che non supera il test di operatività in dichiarazione ha la possibilità di contrastare la presunzione legale di redditività mediante opposizione al primo atto della riscossione non preceduto da avviso di accertamento.

In base alla sentenza n. 12777 del 21 giugno 2016 della Suprema Corte la ripresa fiscale effettuata dall’Agenzia delle Entrate sarebbe motivata sul presupposto che la società «non ha barrato la casella contenuta nel rigo RF 55 del modello di dichiarazione che le avrebbe consentito di dichiararsi operativa e di sottrarsi, sotto sua responsabilità, alla presunzione di non operatività» e cionondimeno l’ente «ha compilato la sezione di cui al quadro RF denominata verifica dell’operatività e determinazione del reddito imponibile minimo dei soggetti non operativi». Da ciò sarebbe derivata l’iscrizione a ruolo impugnata dal contribuente nei gradi di merito, per omesso versamento dell’imposta da esso stesso liquidata in dichiarazione in ragione della disciplina delle «società non operative».

Il principio di diritto confermato dalla Suprema Corte concerne pertanto l’autonoma impugnabilità della cartella di pagamento notificata per omesso versamento dell’imposta ex art. 36-bisD.P.R. 600/1973 agli enti che non superano il test di operatività.

L’Amministrazione finanziaria ha già chiarito che rientrano tra le «oggettive situazioni» che consentono di disapplicare la normativa sulle società non operative, i casi riguardanti enti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale.

La procedura per ottenere la disapplicazione della norma in esame è tuttavia mutata a partire dal 1° gennaio 2016.

L’interpello previsto nel caso di specie è anomalo dal momento che, in seguito alla modifica apportata ai commi 4-bis e 4-quater della norma in commento[10], la sua presentazione è ora meramente facoltativa. A norma del comma 4-quater, infatti, «il contribuente che ritiene sussistenti le condizioni di cui al comma 4-bis ma non ha presentato l’istanza di interpello prevista dal medesimo comma ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva deve darne separata indicazione nella dichiarazione dei redditi».

Allo stato attuale qualora la società non supera il cd. «test di operatività» può in ogni caso determinare il proprio reddito d’impresa secondo le modalità ordinarie, pur in assenza di esplicita richiesta di disapplicazione del regime «speciale», purché ne dia notizia in dichiarazione.

L’Agenzia delle Entrate con le CC.MM. n. 5/E/2007 e n. 44/E/2007 ha chiarito che si possono considerare, a titolo esemplificativo, periodi di non normale svolgimento dell’attività:

  • i periodi d’imposta successivi al primo, in cui il soggetto non abbia ancora avviato l’attività prevista dall’oggetto sociale[11];
  • i periodi di durata annuale nei quali è svolta un’attività di natura stagionale (purché i beni utilizzati dall’ente per lo svolgimento dell’attività siano stati posseduti per tutto il periodo d’imposta);
  • con riguardo alla messa in liquidazione dell’ente, il periodo d’imposta in corso alla data dell’impegno a liquidare la società (entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva) e il periodo d’imposta precedente e quello successivo a quello dell’impegno medesimo[12].

I contribuenti possono inoltre far valere l’eventuale intervento di calamità atmosferiche e naturali che hanno impedito il corretto svolgimento dell’attività d’impresa.

Qualora la società dimostra efficacemente che gli scarsi ricavi conseguiti nell’arco di uno o più esercizi derivano da una congiuntura di crisi del settore produttivo di riferimento, che non consente alla società di svolgere regolarmente la propria attività d’impresa e con gli ordinari profitti, è possibile invocare – anche innanzi al giudice tributario – la disapplicazione della disciplina delle società non operative.

Norme e prassi di riferimento

Art. 36-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Art. 30, L. 23 dicembre 1994, n. 724
Corte di Cassazione, Sentenza 21 giugno 2016, n. 12777