La sentenza n. 9085 depositata il 31 marzo 2023 della Corte Suprema ci offre la possibilità di fare il punto sulla responsabilità solidale tributaria del cessionario nei casi di cessione di azienda o ramo di azienda, con il limite del valore del ramo di azienda.
La normativa di riferimento limita la responsabilità solidale del cessionario dei debiti tributari in relazione al valore del compendio aziendale (azienda o ramo) oggetto di trasferimento, prevedendo che il debito tributario non sia esigibile se non «entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda» (art. 14, comma 1, cit.).
Inoltre sussiste altra limitazione alla responsabilità, solidale e sussidiaria, del cessionario dei crediti come risultanti al creditore erariale, è limitata ai debiti tributari maturati nell’ultimo triennio dalla cessione («riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti»: art. 14, comma 1, cit.). Per i debiti tributari derivanti da violazioni dei periodi di imposta precedenti e non risultanti dalle scritture contabili, la responsabilità sussiste se vi sia stata una precedente contestazione, peraltro ove intervenuta nel medesimo triennio («per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore»).
In particolare nella sentenza in commento viene posto in evidenza che “… Dispone l’art. 14, comma 1, d. lgs. n. 472/1997, che il cessionario è responsabile solidalmente con il cedente, salvo il beneficio di escussione (responsabilità di natura sussidiaria rispetto a quella del cedente), entro i limiti del valore del ramo di azienda ceduto, per il pagamento di imposte e sanzioni «riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore» (art. 14, comma 1, d. lgs. cit.). Questa responsabilità del cessionario deroga al principio di cui all’art. 2560, secondo comma, cod. civ., che limita per gli altri creditori la responsabilità del cessionario se ed in quanto l’obbligazione risulti dalle scritture contabili obbligatorie del debitore cedente, essendo in questo caso l’obbligazione solidale e sussidiaria del cessionario svincolata da tali risultanze e scaturente dalla mera sussistenza del credito erariale, quale risultante dagli «atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza» (art. 14, comma 2, d. lgs. cit.). …”
Le suddette limitazioni della responsabilità del cessionario (valore della cessione e periodo temporale all’anno della cessione e dei due precedenti) non sussistono qualora la cessione di azienda viene effettuata in frode ai crediti tributari nei confronti del cedente (art. 14, comma 4, d. lgs. n. 472/1997), ipotesi nella quale il legislatore detta alcune disposizioni antielusive, quali l’applicazione della norma anche in caso di trasferimento frazionato di beni (art. 14, comma 4, cit.), ovvero la presunzione iuris tantum di trasferimento di azienda in frode ove effettuato nei sei mesi da una contestazione penalmente rilevante (art. 14, comma 5, lgs. cit.); ciò a rimarcare la radicale differenza di trattamento del trasferimento di azienda conforme a legge (art. 14, commi 1, 2 cit.) da quello «in frode dei crediti tributari» di cui al comma 4 (da ultimo Cass., Sez. V, 1° aprile 2022, n. 10647; Cass., Sez. V, 14 gennaio 2022, n. 1027; Cass., Sez. V; 27 maggio 2021, n. 14759).
Inoltre, a tutela del cessionario, il legislatore ha previsto, per le ipotesi di cessione non in frode ai crediti tributari, un ulteriore limitazione della responsabilità per i debiti tributari dell’ultimo triennio, benché non risultanti dalle scritture contabili. Tale limitazione è rappresentata da uno strumento che consente di ovviare all’assenza di riscontro del debito nelle scritture contabili del contribuente cedente. Il cessionario, ai sensi dell’art. 14, comma 3, d. lgs. n. 472/1997, può chiedere e ottenere dall’Amministrazione finanziaria «un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti» che «se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario», effetto liberatorio che si verifica anche «ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta». Tale disposizione, analoga all’abrogato art. 19 l. 7 gennaio 1929, n. 4, coniuga la specialità della responsabilità per il cessionario di azienda per i debiti di imposta (che non richiede, ai fini della loro opponibilità, un riscontro nelle scritture contabili del cedente) con il principio di affidamento del contribuente. Il contribuente non è tenuto a rispondere dei debiti tributari del cedente non risultanti dalle scritture contabili e non ancora accertati (c.d. debiti «in itinere»), ove l’Ufficio, debitamente interpellato, nei quaranta giorni dalla richiesta, rilasci la certificazione dell’assenza di ulteriori debiti di imposta, ovvero ometta di provvedere.
Tale certificato, ove negativo, non può che riferirsi a tutti i debiti che siano opponibili al cessionario in assenza di riscontro dalle scritture contabili, purché risultanti all’Amministrazione finanziaria, ciò in quanto l’istituto ha lo scopo di sottrarre il cessionario a una responsabilità da illecito altrui, conseguente alla consumazione della violazione tributaria da parte del cedente il quale, al contempo, non ha esposto il debito tributario nelle proprie scritture contabili. Né si ricava testualmente dal comma 3 dell’art. 14 cit. (come non la si ricavava dall’abrogato art. 19 l. n. 4/1929) una limitazione dell’effetto liberatorio alle annualità precedenti il periodo di imposta oggetto del trasferimento di azienda. L’interpretazione letterale dell’art. 14, comma 3, d. lgs. cit. consente – pertanto – di ritenere che l’efficacia liberatoria del certificato relativo ai carichi tributari si riferisca sia ai periodi precedenti il periodo di imposta del trasferimento di azienda, sia al periodo di imposta in corso al momento del trasferimento. Leggendosi, pertanto, il richiamato comma 3 unitamente ai due commi precedenti dell’art. 14 cit., si ricava la conclusione che la responsabilità del cessionario relativa ai debiti aziendali dell’ultimo triennio può essere neutralizzata dal rilascio del certificato dell’Amministrazione finanziaria anche in relazione alle violazioni accertate per l’esercizio in corso all’atto del trasferimento.
Gli Ermellini nella sentenza in commento concludono ribadendo che “… l’art. 14, commi 1, 2 e 3, d.lgs. n. 472/1997, relativo alla cessione di azienda conforme a legge, è norma speciale rispetto all’art. 2560, comma 2, cod. civ., che estende la responsabilità solidale e sussidiaria del concessionario anche alle imposte ed alle sanzioni riferibili alle violazioni commesse dal cedente nell’esercizio in cui è avvenuta la cessione oltre che nei due periodi di imposta precedenti, salvo che sia rilasciato certificato dell’Amministrazione che, ove negativo o anche rilasciato tardivamente, assolve a «una funzione liberatoria anticipata» dalla suddetta responsabilità (Cass., Sez. V, 13 luglio 2017, n. 17264). Principio ribadito di recente da questa Corte, ove si è osservato che «il contribuente, per evitare di incorrere in responsabilità per debiti di imposta relativi al triennio anteriore alla data di stipula della cessione di azienda, deve chiedere agli uffici dell’Amministrazione finanziaria ed agli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza un “certificato” sull’esistenza di “contestazioni in corso” e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. Infatti, ove venga rilasciato tale certificato di assenza di contestazioni in corso o di contestazioni “già definite” ne scaturisce un “pieno effetto liberatorio” del cessionario (Cass., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18117). …”
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