La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 27008 depositata il 2 dicembre 2013 intervenendo in materia di attribuzione rendite catastali ha statuito che l’attribuzione della nuova rendita catastale deve essere motivata se difforme rispetto alle indicazioni fornite dal contribuente.
La vicenda ha riguardato un contribuente che si era visto notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio aveva provveduto a variare la rendita catastale denunciata dalla contribuente in riferimento ad unità immobiliare adibita in sede bancaria, e che aveva formato oggetto di una ristrutturazione.
Il contribuente avverso tale atto ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze del ricorrente. L’Agenzia del Territorio impugna la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che rigettava l’appello dell’Agenzia del Territorio.
L’Amministrazione Finanziaria per la cassazione della pronuncia impugnata proponeva ricorso alla Corte Suprema.
Gli Ermellini respinge il ricorso dell’Agenzia del territorio. Per i giudici di legittimità, infatti, “sussiste un obbligo dell’Amministrazione di sorreggere con adeguata motivazione ogni atto con cui ‘accerti’ un quid di fiscalmente rilevante”.
Per cui per i giudici del Palazzaccio, come chiariscono nella sentenza in commento, non occorre alcuna motivazione ove l’Amministrazione operi su dati forniti dal contribuente o comunque già definiti fra le parti.
Nel caso di specie, infatti, l’ attribuzione della rendita catastale era avvenuta per “stima diretta” , per cui l’ammontare della rendita stessa è stata fatta discendere dal valore attribuito al bene. E “la mera indicazione di una diversa valutazione rispetto a quella proposta dal contribuente costituisce quindi il dispositivo dell’atto e non la motivazione”, che deve (a somiglianza di quanto accade in caso di applicazione dell’imposta di registro) invece enunciare i criteri e gli elementi che determinano la mancata accettazione delle indicazioni del contribuente.
Pertanto concludono, i giudici della Corte, affermando la correttezza della decisione della CTR secondo cui “le motivazioni ad origine dell’atto impositivo sono espresse in forma tale che si possono intendere assenti o espresse in maniera oggettivamente succinta, non indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinarono la decisione”.
Mentre nel caso specifico non erano indicati “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche” dell’avviso emesso dalla Amministrazione.
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