Corte di Cassazione sentenza n. 10334 del 21 giugno 2012
LAVORO SUBORDINATO – PREVIDENZA SOCIALE ED ASSISTENZA – PENSIONE – RIPETIZIONE DI INDEBITO – PREVIDENZA OBBLIGATORIA
massima
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Le prestazioni previdenziali indebitamente erogate dagli enti di previdenza obbligatoria prima del 1 gennaio 1996 sono ripetibili secondo i criteri posti dall’art. 1, commi 260, 261, 263 e 265 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, che al riguardo sostituiscono per intero la precedente disciplina, con la conseguenza che la ripetizione non è subordinata alla sussistenza anche dei relativi presupposti secondo la disciplina precedentemente applicabile. Nondimeno la normativa sopravvenuta non si applica ai recuperi già avvenuti, e quindi non giustifica, riguardo agli stessi, azioni di ripetizione in favore degli assicurati.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 2 febbraio 2010, la Corte d’appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale della medesima citta’, che aveva respinto la domanda proposta da (OMISSIS), al fine di ottenere la condanna dell’INPS alla restituzione della somma all’epoca espressa in lire 6.031.540, corrispondente al credito da lei vantato, come erede di (OMISSIS), titolare delle pensioni (OMISSIS).
La ricorrente lamentava l’illegittimita’ dell’operato dell’Istituto, che aveva trattenuto tali somme, come da lettera del 12 settembre 1996, a parziale compensazione di un indebito pensionistico, maturato sulla propria pensione SO/AR, nonostante che, con successivo provvedimento del 21 maggio 1998, sempre l’INPS le avesse comunicato di avere ritenuto sanato per intero il medesimo indebito, corrispondente a lire 18.539.775, in applicazione della Legge n. 662 del 1996, articolo 1, comma 260 ss. dal momento che nell’anno 1995 ella aveva conseguito un reddito imponibile Irpef inferiore a lire sedici milioni.
Secondo la Corte d’appello, la comunicazione del 21 maggio 1998, sebbene avesse indicato che non si sarebbe proceduto al recupero della somma di lire 18.539.775, corrispondente all’intero indebito, non poteva essere interpretata come rinuncia al parziale recupero operato in precedenza, mediante la trattenuta della somma di lire 6.031.540, della quale la ricorrente era creditrice. La Corte d’appello ha, inoltre, rilevato che il recupero parziale del settembre 2006 doveva intendersi, a prescindere dalla giustificatezza o non della invocata fattispecie della compensazione, come esaurito alla data del 31 dicembre 1996, non essendo stato contestato ne’ in sede amministrativa, ne’ in sede giurisdizionale dalla ricorrente.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS), che si affida a due motivi. Resiste con controricorso l’INPS. La ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la (OMISSIS) lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1241 e segg. c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., 1 comma, n. 3.
1.1. Secondo la ricorrente, l’INPS, nell’utilizzare l’istituto della compensazione, agisce iure privatorum, con la conseguenza che la manifestazione dell’ente di volersene avvalere non richiede una specifica contestazione in sede amministrativa. Il destinatario, pertanto, puo’ esercitare il proprio diritto di credito nei limiti della prescrizione e la contraria decisione dell’ente di voler operare una compensazione impropria non e’ sufficiente ad estinguere l’obbligazione gravante sull’Istituto.
1.2 La ricorrente ha aggiunto che l’ente previdenziale non aveva proposto, costituendosi in giudizio, l’eccezione di compensazione, come era suo onere, ne’ una domanda riconvenzionale.
1.3. Il motivo di ricorso e’ infondato, anche se, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., la motivazione va integrata nei termini che seguono.
1.4. La Corte d’Appello ha confermato il rigetto della domanda della ricorrente, ritenendo ormai esaurito, nel vigore della disciplina previgente all’entrata in vigore della Legge n. 662 del 1996, il rapporto scaturente dall’avvenuto recupero di parte dell’indebito pensionistico.
Ora, nella specie, venendo in questione distinti rapporti previdenziali (quello personale, in cui e’ maturato l’indebito, e quelli, facenti capo alla de cuius, nella cui posizione e’ subentrata l’odierna ricorrente e in relazione ai quali e’ sorto il credito della stessa), si verte in ipotesi di compensazione in senso tecnico, la quale postula l’autonomia dei reciproci rapporti di debito/credito e non e’ configurabile allorche’ essi traggano origine da un unico rapporto (v., ad es., Cass. 8 agosto 2007, n. 17390).
1.5. Le questioni prospettate in ricorso, a proposito della necessita’ di un’eccezione o di una domanda riconvenzionale da parte dell’Istituto, non risultano essere state sollevate nel corso del giudizio di merito e non sono, pertanto, proponibili in sede di legittimita’. Al riguardo, va ricordato che, in presenza di una decisione di merito che abbia pronunciato in difetto di un’eccezione, la parte soccombente ha l’onere, ex articolo 161 c.p.c., di denunciare il vizio in sede di gravame, per evitare il formarsi del giudicato interno sul punto e la preclusione sia della rilevabilita’ d’ufficio da parte del giudice d’appello, sia della deducibilita’ nei successivi gradi di giudizio (v., ad es., i principi affermati da Cass. 24 novembre 2008, n. 27866, a proposito del mancato rilievo della tardivita’ dell’eccezione di prescrizione).
Cio’ posto, la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza (articolo 1242 c.c., comma 1).
Ne discende che l’obbligazione restitutoria della ricorrente conseguente all’incontroverso indebito pensionistico si e’ estinta prima dell’entrata in vigore della Legge n. 662 del 1996, ossia in data antecedente al 1 gennaio 1997.
1.6. Ritiene, pertanto, la Corte che la fattispecie debba essere assimilata a quella del pagamento effettuato anteriormente al 1 gennaio 1997, con gli effetti precisati dalle Sezioni Unite (sentenza 21 febbraio 2000, n. 30), secondo le quali, e’ vero che le prestazioni previdenziali indebitamente erogate dagli enti di previdenza obbligatoria prima del 1 gennaio 1996 sono ripetibili secondo i criteri posti dalla Legge 23 dicembre 1996 n. 662, articolo 1, comma 260, 261, 263 e 265, che al riguardo sostituiscono per intero la precedente disciplina, con la conseguenza che la ripetizione non e’ subordinata alla sussistenza anche dei relativi presupposti secondo la disciplina precedentemente applicabile; ma e’ altrettanto vero che la normativa sopravvenuta non si applica ai recuperi gia’ avvenuti, e quindi non giustifica, riguardo agli stessi, azioni di ripetizione in favore degli assicurati.
1.7. Ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, va enunciato il seguente principio di diritto:
La disciplina dettata dalla Legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 1, comma 260 e segg. in tema di ripetizione dell’indebito pensionistico non si applica al caso in cui, in data anteriore alla sua entrata in vigore (1 gennaio 1997), l’obbligazione restitutoria dell’accipiens si sia estinta, alla stregua del disposto dell’articolo 1242 c.c., comma 1, che, con riferimento alla compensazione in senso tecnico (o compensazione propria), la quale postula l’autonomia dei contrapposti rapporti di debito/credito, determina l’estinzione dei due debiti dal giorno della loro coesistenza.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha negato alla comunicazione del 21 maggio 1998 dell’INPS il contenuto di atto di rettifica dell’indebita compensazione precedentemente operata.
2.1. La doglianza, al di la’ di ogni rilievo sulla rilevanza della volonta’ espressa dall’Istituto in contrasto la disciplina legale dell’obbligazione previdenziale, non supera il vaglio di ammissibilita’, in quanto, non riproducendo il contenuto del documento che si assume erroneamente inteso dai giudici di merito, non consente alla Corte di sindacare le ragioni della affermata insufficienza della motivazione (v., ad es., Cass. 13 giugno 2006, n. 13621, che sottolinea l’onere del ricorrente, a pena di inammissibilita’ del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrita’ o di specificarne in modo completo il suo contenuto).
3. Le spese restano compensate, ai sensi dell’articolo 152 disp. att. c.p.c..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
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