COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sez. 12 sentenza n. 1334 depositata il 22 maggio 2017
G.F. di Firenze, su autorizzazione del P.M. di Firenze, sequestrava l’Archivio unico informatico (AUI) dell’intermediario finanziario ………. srl dal quale il ……. (consorzio interuniversitario) estraeva il database delle operazioni eseguite. Da una prima analisi di questo emergevano sospetti su una serie di operazioni apparentemente irregolari di spedizione di cospicue somme di denaro. Per l’accertamento dei soggetti autori delle spedizioni erano sottoposte a controllo due subagenzie della ……., la …… di Prato e la …….s.r.l. di Sesto Fiorentino delle quali erano sequestrati i supporti informatici. Sulla base di tale documentazione e di ulteriore attività investigativa, la G.F. – Compagnia di Prato redigeva un P.V.C. (processo verbale di constatazione) 13.9.2012 con cui attribuiva diverse violazioni fiscali alla s.a.s. ….. ed ai suoi soci. Sulla base di tale atto, l’Agenzia delle Entrate – Dir. Prov /le di Prato notificava alla s.a.s. un Avviso di accertamento ……./2013. Questo era impugnato da parte della contribuente; successivamente annullato in autotutela dall’Agenzia; poi sostituito da un nuovo Avviso.
L’Agenzia, trattandosi di una s.a.s., recuperava a tassazione nei confronti di ciascuno dei quattro soci il reddito di partecipazione alla s. a. s. nella proporzione a ciascuno di essi spettante in relazione al maggior utile sociale accertato.
Anche il nuovo Avviso era impugnato dinanzi alla Comm/ne trib/ria prov/le di Prato dalla s. a. s. …. che ne lamentava vizi di forma e sostanza. Sulla resistenza dell’Agenzia, il Giudice adito respingeva il ricorso. Affermava che il nuovo Avviso era emesso dall’Agenzia nel legittimo esercizio del potere di autotutela sostitutiva, spettantele ex d.m. 11.2.1997 n. 37 art. 2, per la correzione, nei termini decadenziali, di alcuni errori contenuti nel precedente Avviso. La nota della G. F. allegata al nuovo Avviso non conteneva nuovi elementi di fatto utili a modificare l’Accertamento, ma chiarimenti sulle indagini eseguite e concluse con il P.V.C. 13.9.2012. Il Giudice riteneva pure che la ricostruzione dei fatti, come contenuta in tale atto, fosse corretta e giustificasse la pretesa tributaria.
Anche il contribuente, ora qui appellante, impugnava dinanzi alla Comm/ne di Prato l’Avviso di accertamento che lo riguardava. Proponeva motivi di ricorso analoghi a quelli proposti dalla s.a.s.. Sulla resistenza dell’Agenzia, il Giudice adito respingeva il ricorso osservando che la stessa Comm/ne aveva già respinto il ricorso della s.a.s. con sentenza n. 188/05/2014, sicché il ricorso del socio doveva essere deciso di conseguenza con conferma dell’accertamento sul suo reddito di partecipazione.
Proponeva appello la parte contribuente, lamentando che il Giudice respingeva in suo ricorso senza motivazione, con mero rinvio alla sentenza pronunciata contro la s.a.s..
Richiamandosi poi all’appello di quest’ultima, denunciava che il nuovo Avviso ledeva il diritto di difesa del contribuente, riconosciuto dalla normativa europea, poiché la parte contribuente non era stata “messa in condizioni di contraddire prima dell’emissione dell’atto”. Inoltre la contestuale notifica dell’ “atto di fine verifica” e del nuovo Avviso vanificavano il rispetto del termine dilatorio fissato dal comma 7 art. 12 L. 212/2000. Lamentava pure che l’Avviso era basato esclusivamente sulle risultanze del P.V.C. senza che l’Agenzia avesse esaminato anche la documentazione d’impresa della s.a.s.. Deduceva, infine, che gli elementi di fatto accertati dalla G. F. non potevano giustificare la presunzione in forza della quale erano alla s.a.s. riferite le violazioni di cui al contestato Avviso.
Si costituiva l’Agenzia per resistere all’appello.
La Comm/ne aderisce alla giurisprudenza, che fa propria, secondo cui Cass. Sent. n. 16758 del 9.8.2016 e n. 7373 del 31.3.2011) “in tema di contenzioso tributario, nel procedimento di appello, ai sensi dell’art. 22, comma 1, quale richiamato dal successivo art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, la rituale costituzione in giudizio del ricorrente, ancorata alla spedizione e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente, richiede il deposito, entro trenta giorni dalla proposizione, nella segreteria della Commissione tributaria adita, dell’originale del ricorso notificato o di copia dello stesso, unitamente a copia della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale, sicché, in difetto, attenendo l’adempimento al riscontro della stessa tempestività della costituzione, il ricorso è inammissibile e tale sanzione va rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo, né è sanabile per via della costituzione del convenuto”. Nel caso di specie risulta evidente che l’appello era spedito il 22.4.2015 e ricevuto dall’Agenzia il venerdì 24.4.2015. L’atto era depositato nella Segreteria di questa Comm/ne il mercoledì 27.5. 2015. Dal giorno della spedizione dell’appello (22.4.2015) al giorno del suo deposito (27.5.2015) decorreva un” intervallo superiore ai trenta giorni, sicché l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile per violazione del comma 2 art. 53 d.lgs. 31.12.1992 n. 546. Ad identica soluzione si perverrebbe anche se volesse tenersi conto solo delle date di ricezione dei plichi e non delle date di spedizione. Infatti nel caso di specie l’appello perveniva al destinatario il 24.4. 2015 ed era depositato nella Segreteria di questa Comm/ne il 27.5.2015, anche in tal caso oltre il termine di 30 giorni.
La Comm/ne tuttavia ritiene opportuno anche verificare la regolarità del procedimento giudiziario e la fondatezza nel merito dell’appello.
Perciò deve anzitutto verificare la regolare costituzione del contraddittorio.
A tal fine si rileva che il socio sig. ……… impugnava l’Avviso relativo al suo reddito di partecipazione alla s.a.s. …………. dinanzi alla Comm/ne trib/ria priv/le di Prato la quale respingeva il ricorso con sentenza del 22.10.2014 n. 362/01/2014. Si rileva pure che il socio sig. …….. impugnava analogo Avviso dinanzi alla stessa Comm/ne la quale respingeva il ricorso con sentenza del 22 .10.2014 n. 363/01/2014. Entrambe tali sentenze erano impugnate dinanzi a questa Comm/ne trib/ria reg/le e gli appelli sono stati discussi e decisi nella stessa udienza di discussione e decisione dell’appello avverso la sentenza che respingeva il ricorso di primo grado proposto dalla s.a.s. ………..
L’Agenzia delle Entrate affermava poi, senza che ciò fosse contestato dall’attuale appellante, che anche gli altri due soci sigg. ……….. e ……… impugnavano i rispettivi Avvisi, relativi ai redditi di partecipazione, dinanzi alla stessa Comm/ne di Prato la quale respingeva i ricorsi con sentenza n. 428/01/2014. Non risulta che detta decisione sia stata impugnata. Essa, pertanto, è passata in giudicato.
La Comm/ne conosce la giurisprudenza secondo cui nei giudizi avverso accertamenti a carico di una società di persone o di taluno dei soci si realizza un litisconsorzio necessario fra la società e tutti i soci. Tale litisconsorzio non era realizzato nel caso di specie e non sarebbe neppure più realizzabile perché le posizioni dei sigg. …….erano già definite con il giudicato maturatosi sulla sentenza n. 428/01/2014 della Comm/ne di Prato.
Quanto ai sigg. ……….. e …………, si rileva che le loro difese in primo grado consistevano nelle stesse difese proposte dalla s. a. s. ………….; che le due sentenze di primo grado erano adottate con esplicito riferimento e come conseguenza della precedente decisione relativa al ricorso della s.a.s.; che i loro appelli erano motivati trascrivendo i motivi d’appello della s.a.s..
Pertanto la Comm/ne ritiene che i tre procedimenti rispettivamente promossi dalla s.a.s., da ………. e da …….., ancorché trattati separatamente, si fossero sostanzialmente svolti in parallelo, anche perché le parti erano tutte consapevoli delle rispettive attività difensive. Ispirandosi dunque ai principi enunciati da Cass. Ord. 15.6.2016, n. 12375 e Cass. sent. 18.2.2010 n. 3830 ed estendendone la portata, la Comm/ne ritiene che nel caso di specie si sia svolta una trattazione sostanzialmente unitaria dei ricorsi. Questa giustifica la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale. In tal caso è pertanto possibile proseguire la trattazione sostanzialmente unitaria delle vertenze, tenuto conto anche del fatto che nessuna delle parti deduceva mai la mancata integrazione del contraddittorio. Ciò consente l’attuazione del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di primo grado, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio. Questo, si ribadisce, non potrebbe comunque essere osservato in quanto passava in giudicato la sentenza reiettiva dei ricorsi dei due soci sigg. ………. e …………..
Tanto premesso, e procedendo all’esame del merito, si dichiara infondato il primo motivo d’appello: la sentenza di primo grado era sufficientemente motivata mediante un rinvio per relationem ad altra sentenza della stessa Comm/ne.
Passando poi all’esame dei motivi d’impugnazione proposti nell’appello della s.a.s. ……… e riportati nell’appello qui deciso, si dichiara infondato il primo motivo.
Infatti (Cass. ord. n. 25023 del 6.12.2016) “l’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui consente modificazioni dell’avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell’ufficio, non opera con riguardo ad avviso annullato in sede di autotutela, alla cui rinnovazione l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo che l’atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell’eventuale giudicato formatosi sull’atto nullo”. Siccome nel caso di specie il primo Avviso era annullato e sostituito dall’Avviso qui in contestazione, il riferimento dell’appellante all’art. 43 D.p.r. 600/1973 era irrilevante.
Inoltre (Cass. ord. N. 3248 del 18.2. 2016) “l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedentemente annullato non si risolve in una mera integrazione di quest’ultimo, ma costituisce esercizio dell’ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l’emanazione dell’atto annullato, nonché del generale potere di autotutela, in ordine al quale, peraltro, l’Amministrazione finanziaria non gode di alcun margine di discrezionalità (diversamente da quanto accade ordinariamente), trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all’invalidità dell’atto precedente: la sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio. Ciò, in quanto il potere di autotutela è funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate, sicché è legittimo l’annullamento, in tale sede, di un atto favorevole al contribuente, non essendone preclusa l’adozione dall’art. l del D.M. 11.2.1997, n. 37, recando quest’ultimo un’elencazione non esaustiva delle ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria può procedere all’annullamento in autotutela”.
Va poi ricordato che (Cass. ord. n. 11283 del 31.5. 2016) “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi – armonizzati – di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli – non armonizzati -, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, solo ove risulti specificamente sancito … “.
Secondo l’appellante l’obbligo specifico di contraddittorio è contenuto nel comma 7 art. 12 L. 212/2000 per cui “dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.
L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine”. Si deve tuttavia notare (Cass. ord. n. 11665 del 7.6.2016) che tale regola vale soltanto per gli accertamenti conseguenti a “gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività”. Invece nel caso di specie, come riconosciuto dall’appellante, il nuovo Avviso, del quale soltanto qui si discute, conseguiva a correzioni rese necessarie dalla nota della G.F. 24.10.2013 prot. …… la quale non procurava alcuna modificazione del PVC a suo tempo (il 13.9.2012) consegnato alla parte contribuente. Quindi non era necessario il rispetto di alcun termine dilatorio tra la comunicazione di detta nota e la notificazione del nuovo Avviso, contrariamente a quanto sosteneva l’appellante.
Quindi il nuovo Avviso, nella parte riguardante l’accertamento di evasioni relative ai tributi non armonizzati, deve ritenersi legittimo anche in difetto del confronto endoprocedimentale successivo alla comunicazione della nota della G.F..
Per quanto poi attiene all’accertamento in materia di IVA, si ritiene che (Cass. ord. 25958 del 15.12.2016) “affinché il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, essendo, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, allorché il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. L’apposizione di dette ragioni deve, inoltre, rivelarsi non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.
Va comunque osservato che il nuovo Avviso conteneva solo modeste correzioni del precedente Avviso, poiché identica era la condotta evasiva addebitata alla s.a.s. ………, i riscontri probatori ed i mezzi di acquisizione, l’ammontare degli illeciti trasferimenti di somme. Per tali motivi la Comm/ne ritiene che le ragioni contrapposte dall’appellante alla pretesa tributaria fossero essenzialmente pretestuose, in quanto consistenti su mere affermazioni di segno opposto ai documentati rilievi della G. F. . Tali contestazioni, peraltro, potevano essere proposte nel termine di 60 giorni successivo alla consegna (13.9.2012) del PVC.
Va pure osservato che la apertura di un nuovo termine per il contraddittorio in conseguenza della nota della G. F. 24 .10. 2013 poteva essere necessario per la prospettazione soltanto di eventuali ragioni da opporre ai fatti accertati in tale lettera. La conoscenza di tale lettera non poteva produrre la riapertura di termini ormai decorsi. L’appellante, però, non indicava quali ragioni contro eventuali nuovi fatti evidenziati solo dalla nota della G.F. avrebbe potuto far valere se il nuovo contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. Perciò tale omissione impedisce comunque (Cass. ord. 25958/2016) che la mancata attivazione del contraddittorio procuri la nullità dell’Avviso nella parte relativa all’IVA. La doglianza dell’appellante deve perciò essere disattesa.
In conclusione, la Comm/ne ritiene formalmente legittimo l’Avviso qui in contestazione e infondato il motivo d’appello.
Quanto al secondo motivo d’appello della s. a. s., si ricorda che (Cass. 3.7.2014 n.15191) in “tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., quanto ai fatti in esso descritti: per contestare tali fatti è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso”. Applicando questo condivisibile principio al caso di specie, deve rilevarsi che non esiste alcuna disposizione che imponga, a pena di nullità, un preventivo esame da parte dell’Agenzia della contabilità di un contribuente prima dell’emissione di un Avviso di accertamento basato sulla valutazione di fatti contenuti in un PVC frutto di indagine della G.F..
Peraltro, come chiarito in tale atto (pag. 11 punto 5 del PVC), le scritture contabili non potevano fornire alcun elemento documentale per l’ulteriore indagine sulla condotta illecita della parte contribuente.
Va anche in proposito ricordato che (Cass. 13.52011, n. 10578) in forza dell’art. 36, comma 34-bis, del d.l. 4.7.2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla L. 4.8.2006, n. 248) era “inserito nell’ordinamento tributario il principio, di carattere generale, della tassabilità dei redditi per il fatto stesso della loro sussistenza, a prescindere dalla loro provenienza, dalla prova preventiva che il contribuente eserciti una determinata attività e dalla natura lecita o illecita dell’attività stessa … “.
Deve perciò concludersi che le somme inviate in Cina in violazione delle disposizioni nazionali ed in modo fraudolento dimostravano l’esistenza di un reddito tassabile per il fatto stesso della loro sussistenza, il cui accertamento eseguito dalla G. F. non necessitava del preventivo esame della documentazione contabile dell’impresa …… s.a.s..
Anche il secondo motivo d’appello della s.a.s. risulta dunque infondato.
Quanto alla fondatezza nel merito dell’accertamento, si deve anzi tutto osservare che inesattamente l’appellante lamentava che unico riscontro obbiettivo fosse costituito dal fatto che una sola volta il conducente di un automezzo intestato alla sig. ………, accomandante della …….s.a.s., era stato ripreso da telecamere mentre scendeva con una borsa dall’auto ed entrava nei locali della ………… Si deve invece ricordare che (pag. 11 PVC) erano effettuati numerosi appostamenti per verificare i trasporti di somme con l’uso dello stesso mezzo nei locali predetti. Nelle pagg. 17-30 delle Controdeduzioni depositate il 16.6.2015 dall’appellata Agenzia nella Segreteria della Comm/ne, alle quali fa richiamo, era minuziosamente e credibilmente ricostruito il sistema utilizzato dalla s.a.s. per trasferire fraudolentemente le somme in Cina. Tale sistema, peraltro, era chiarito da1le dichiarazioni del sig. …….. contenute nel verbale 24.1.2011 prodotto agli atti. Le dichiarazioni trovavano conferma nell’esame dell’Archivio unico informatico (AUI) dell’intermediario finanziario ……… s.r.l., dal quale il …….. (consorzio interuniversitario) estraeva il database delle operazioni eseguite. Tale esame consentiva poi la correlazione con il file “……. .mdb” della ………….
Questa attività, assieme agli appostamenti, indagini ambientali, dichiarazioni testimoniali, consentiva di scoprire il sistema utilizzato per la identificazione dell’ammontare e dei mittenti delle somme trasferite. Queste, per sfuggire ai controlli, erano frazionate in numerosissime tranche di ? 1.999,99, inviate in Cina in un flusso ininterrotto di messaggi consecutivi fino all’esaurimento della somma complessiva da trasferire. L’invio era fatto a nome di persone inesistenti o ignare, delle quali si era riusciti a carpire i dati identificativi.
Tutte le tranche relative allo stesso trasferimento complessivo erano inviate ad uno stesso numero di conto del destinatario. Questo era prestabilito per l’esecuzione del pagamento frazionato, in modo che il destinatario potesse ricondurre tutti i versamenti di € 1.999,99 ciascuno, a lui provenienti da mittenti ignoti, alla stessa operazione finanziaria complessiva.
Inoltre nel file “……….mdb” predetto era annotato il numero telefonico dell’effettivo mittente.
Combinando tali dati, era possibile ricostruire le operazioni finanziarie della s.a.s. ………. di trasferimento illecito di capitali in Cina, indicato nell’impugnato Avviso di accertamento. Perciò tali operazioni risultano dimostrate da una numerosa serie di indizi gravi, precisi, concordanti per smentire i quali l’appellante non forniva alcun elemento di segno contrario.
Deve pertanto concludersi che anche il terzo motivo d’appello della s.a.s. è infondato.
L’appello qui in esame, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile ed anche infondato, con condanna dell’appellante alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo. La Comm/ne dà atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo dell’appellante di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma l quater D.p.r. 115/2002. (C. Cost. 30.5.2016, n. 120) .
La Comm/ne respinge l’appello. Condanna l’appellante al pagamento all’appellata delle spese di lite del grado di Euro 3.000, oltre accessori di legge; con applicazione dell’art. 13 comma l quater D.p.r. 115/2002.
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