La Corte di Cassazione, sezione penale con la sentenza n. 597 depositata il 9 gennaio 2014 intervenendo in tema di reati fallimentari affermando che in materia di estradizione non vi è alcun “ineludibile aggancio alla lettera della legge” per sostenere che la assenza di condizione di procedibilità derivante dalla operatività del principio di specialità “debba considerarsi necessariamente e solo con riferimento ai “fatti storici” di rilievo penale riconducibili all’imputato, antecedenti a quelli per i quali è stata concessa estradizione”.
La vicenda ha riguardato l’amministratore di fatto di una società fallita accusato, in concorso con altro soggetto che era l’amministratore unico, per aver distratto somma di denaro corrispondente al finanziamento erogato da un istituto di credito e di avere tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione della situazione economica e patrimoniale della fallita.
Il Tribunale riconosceva colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. L’imputato impugnava la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello, i cui giudici in parziale riforma della sentenza di primo grado rideterminavano la sanzione. I giudici di appello contestavano la recidiva reiterata specifica in aggiunta all’aggravante già contestata ai sensi dell’articolo 219 comma primo della legge fallimentare.
Per la cassazione della sentenza dei giudici di seconde cure l’imputato, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando, in particolare, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell’articolo 416 comma primo c.p.p. perché non proceduta regolarmente dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Infatti il predetto avviso veniva notificato irregolarmente, in base, cioè, ad un decreto di irreperibilità nullo perché adottato in assenza dei presupposti di legge ai sensi dell’articolo 159 C.p.p.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’imputato. I giudici di legittimità, aderendo all’orientamento secondo cui la nullità in questione è dunque da eccepire o rilevare di ufficio prima della deliberazione della sentenza di primo grado e tale adempimento è stato realizzato dalla parte interessata. I giudici della Cassazione, nel ritenere infondato il secondo motivo, fanno puntualizzato che la bancarotta per distrazione o dissipazione pre-fallimentare punisce condotte di tale natura, in quanto e se venga successivamente dichiarato il fallimento dell’imprenditore o dell’organo societario, la bancarotta documentale punisce la dolosa irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, che è una evenienza normalmente protratta fino alla dichiarazione di fallimento, per quanto soggetta alla stessa dichiarazione con sentenza.
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