La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ ordinanza n. 27455 depositata il 9 dicembre 2013 intervenendo in materia di iscrizioni a ruolo ha statuito che è esclusa la nullità della cartella esattoriale fondata sulla dichiarazione quando l’interessato mostra di conoscere i presupposti dell’imposizione nel contestarli in modo puntuale. In quanto qualora il Fisco chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine applicabile né l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale prevede siano messi a disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), né l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente, come nella specie.
La vicenda ha visto protagonista un contribuente a cui veniva notificata una cartella di pagamento, inerente ad imposte relative ad Irpef, Irap ed Iva i cui importi a debito, indicati in dichiarazione, non erano stati versati. Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso la cartella di pagamento. I giudici accoglievano le doglianze del contribuente. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che rigettava l’appello dell’Ufficio puntualizzando che l’atto esecutivo non era adeguatamente motivato, e pertanto andava annullato.
L’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza impugnata proponeva ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema. Lamentava l’Agenzia che la CTR non considerava che la cartella ne era munita di una adeguata, dal momento che era stata emessa sulle dichiarazioni presentate dal contribuente medesimo; riportava gli estremi dei Modelli 770/01 e 770/02; vi erano specificate le poste attinenti alle varie imposte, ed infine pure le ragioni della stessa pretesa fiscale, e cioè il mancato pagamento dei diversi tributi, con la conseguenza perciò che quell’atto non era per niente a nullità.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia ritenendo fondato il motivo. In particolare i giudici di legittimità, valutando corretta la motivazione della cartella, affermano che in tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36-bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione”, come nella specie (Cfr. anche Cass. Ordinanza n. 7536 del 31/03/2011, Sentenza n. 795 del 2011).
Pertanto vi è obbligo del contraddittorio fisco-contribuente non prima di ogni iscrizione a ruolo ma solo se c’è incertezza.
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