Corte di Cassazione, ordinanza n. 23874 depositata il 4 agosto 2023

assorbimento dei motivi – IRAP – promotori finanziari – l’assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronunzia

Rilevato che:

G.P., esercente l’attività di promotore finanziario, chiese il rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 2006 al 2010, sul presupposto della carenza del requisito dell’autonoma organizzazione di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 446/1997;

il  silenzio-rifiuto  dell’amministrazione  venne  impugnato  dal professionista dinanzi alla CTP di Lecce, la quale rigettò il ricorso;

a seguito di impugnazione da parte del G.P., la C.T.R. della Puglia (sez. distaccata di Lecce), rilevato che i giudici di prime cure avevano circoscritto il proprio esame all’anno 2008, accolse l’istanza di rimborso relativamente alle altre annualità ricomprese nel periodo sopra indicato, compensando tra le parti le spese dei due gradi di giudizio;

avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi; G.P. è rimasto intimato;

considerato che:

con il primo motivo di ricorso viene dedotta la nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione alla natura apparente e contraddittoria della motivazione, tenuto conto che “i giudici di secondo grado non spiegano il motivo per cui, nonostante gli elementi sintomatici dell’esistenza di un’autonoma organizzazione evidenziati dall’Ufficio (in particolare l’ingente valore dei beni strumentali ed il notevole importo delle spese sostenute dal contribuente: circa 700.000 euro nel quadriennio), non è stata ravvisata l’esistenza del presupposto impositivo” (pag. 6 del ricorso per cassazione);

sempre in relazione a detto motivo, asserisce la ricorrente che “i giudici di secondo grado cadono in una palese contraddizione giacché, pur in mancanza di prova della natura dei costi per tutti gli anni in esame, ritengono che solo l’importo dei costi indicati per l’anno 2008 faccia presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione laddove il pur rilevante  importo di  costi  indicato negli  anni  precedenti  e successivi, inspiegabilmente porta all’accoglimento dell’istanza di rimborso” (pag. 8 del ricorso per cassazione);

il motivo è infondato, non ravvisandosi contraddittorietà irriducibile tra affermazioni opposte, ed avendo la CTR motivato le proprie conclusioni con riferimento alle deduzioni del contribuente (il quale aveva “esplicitato che i locali utilizzati di mq. 8 non erano di proprietà [del G.P., n.d.r.], tanto che per l’uso pagava alla Banca Generali spa un contributo mensile e svolgeva di fatto la propria attività, consistente nella conclusione di contratti di natura finanziaria, esclusivamente presso il domicilio dei propri clienti che, previa telefonata, a mezzo cellulare, raggiungeva con uno scooter, o una autovettura per gli spostamenti extraurbani”: pag. 3 della sentenza impugnata);

il secondo motivo censura la nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’omessa pronuncia sull’eccezione – formulata dall’Agenzia delle Entrate – volta a decurtare l’importo oggetto dell’istanza di rimborso dalle somme portate in compensazione dal contribuente, mediante F24 del 10/11/2010;

il motivo è fondato;

la CTR ha erroneamente ritenuto che la questione in esame fosse assorbita in conseguenza dell’accertamento dell’insussistenza del presupposto impositivo, non avvedendosi che il diritto al rimborso non si sarebbe comunque potuto estendere alle somme oggetto di compensazione;

si configura, pertanto, un’omissione di pronuncia, atteso che “l’assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronunzia” (in tal senso, Cass., 22/06/2020, n. 12193);

il terzo motivo concerne la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2 d.lgs. n. 446/1997, per avere il giudice di merito escluso il requisito dell’autonoma organizzazione, nonostante il mancato assolvimento, da parte del G.P., dell’onere della prova sullo stesso incombente in ordine alla dimostrazione della specifica natura degli ingenti costi dichiarati;

preliminarmente, occorre dare atto dell’avvenuta formazione del giudicato in ordine alla debenza del tributo in relazione all’anno 2008, non essendo stato proposto dal contribuente ricorso incidentale avverso la statuizione della pronuncia di secondo grado, nella parte in cui limitava l’accoglimento dell’appello alle annualità 2006, 2007, 2009 e 2010;

venendo, quindi, a trattare il cd. “merito cassatorio”, occorre premettere che, da parte di Cass., Sez. Un., 10/05/2016, n. 9451 (in continuità con Cass., Sez. Un., 12/05/2009, n. 12108, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui) sono stati chiariti i parametri alla cui stregua la questione di fatto dell’autonoma organizzazione deve essere valutata;

affermano le Sezioni Unite che, “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed

interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”;

l’onere di provare l’insussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione grava sul contribuente che abbia presentato domanda di rimborso dell’IRAP già versata (Cass., 16/02/2007, n. 3673; Cass., Sez. Un., 26/05/2009, n. 12108; Cass., 13/10/2010, n. 21122; Cass., 21/03/2012, n. 4490; e, in tempi più recenti, Cass., 29/10/2018, n. 27423; Cass., 07/08/2019, n. 21068; Cass., 20/05/2022, n. 16391; Cass., 20/01/2023, n. 1799);

l’impiego non occasionale di lavoro altrui, quale elemento significativo dell’esistenza di un’autonoma organizzazione – che costituisce, a sua volta, presupposto dell’imposta – può essere desunto dai compensi corrisposti a terzi, purché correlati allo svolgimento di prestazioni non occasionali, afferenti all’esercizio dell’attività del soggetto passivo (Cass., 29/10/2018, n. 27423 del 2018; Cass., 07/08/2019, n. 21068);

il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista (nella specie promotore finanziario monomandatario), atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), rappresentando, così, un mero elemento passivo

dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto “organizzativo” (Cass., 02/04/2020, n. 7652; si veda anche Cass., 10/04/2018, n. 8728, ai termini della quale “l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integrano di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione”);

con particolare riguardo alle prestazioni di terzi collaboratori del professionista e ai relativi costi, la verifica del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione richiede un esame del concreto apporto di tali prestazioni all’effettivo svolgimento dell’attività del contribuente, al fine di verificare se il coinvolgimento di tali professionalità sia o meno estraneo al bagaglio professionale del contribuente (Cass., 17/04/2018, n. 9431, in motivazione; Cass. 24/01/2017, n. 1820, in motivazione);

da parte di questa Corte si è altresì affermato che “l’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che rende configurabile un’autonoma organizzazione, sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale” (Cass., 24/10/2014, n. 22674, e numerose successive conformi; Cass., 15/10/2021, n. 28341), e, ancora, che, “in tema d’IRAP, non sono indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso i colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, che esulano dall’assetto organizzativo della relativa attività” (Cass., 08/11/2016, n. 22695);

con specifico riferimento all’attività di promotore finanziario, Cass., 02/04/2020, n. 7652, ha affermato che “il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista (nella specie promotore finanziario monomandatario), atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto “organizzativo””;

ancora, Cass., Sez. Un., 26/05/2009, n. 12111, ha statuito che “l’esercizio dell’attività di promotore finanziario di cui all’art. 31, comma 2, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”;

sulla scorta di tali premesse, il motivo in esame merita, pertanto, accoglimento, avendo la CTR accolto la prospettazione del contribuente senza alcuna concreta verifica dell’avvenuta dimostrazione, da parte dello stesso, della natura di costi apparentemente elevati (come tali, potenzialmente suscettibili di superare la soglia di quelli necessari per avvalersi di un dipendente con mansioni esecutive, secondo l’insegnamento della citata Cass., Sez. Un., 10/05/2016, n. 9451);

è mancato, in definitiva, l’accertamento in concreto della natura dei costi de quibus, in rapporto alle modalità di espletamento dell’attività professionale di promotore finanziario da parte dell’odierno intimato;

all’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Puglia, in diversa composizione, affinché riesamini la fattispecie sulla scorta dei rilievi sopra formulati (ferma restando la già segnalata formazione del giudicato interno circa la non spettanza del rimborso per l’anno 2008).

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso;

accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente processo di legittimità.