CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 novembre 2018, n. 29191
Pensione di vecchiaia anticipata – Riconoscimento – Domanda – Maturazione dei requisiti
Fatti di causa
1. Con sentenza n.339 del 2017, la Corte d’appello di Palermo, rigettando l’appello dell’Inps, ha confermato la sentenza del Tribunale di Termini Imerese di accoglimento della domanda proposta da G.S. tesa al riconoscimento della pensione di vecchiaia anticipata, ai sensi dell’art. 1 comma 8 l. n. 503 del 1992, sin dal primo aprile 2014 e non dal primo aprile 2015 come preteso dall’Inps in applicazione dell’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010 conv. in l. n. 122 del 2010.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che tale disposizione non sia applicabile alla fattispecie sia per ragioni testuali, ravvisate nella circostanza che lo slittamento della decorrenza del trattamento pensionistico, rispetto alla maturazione dei requisiti, è riferito a chi matura il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni se uomini ed a 60 se donne e dunque non alla categoria degli invalidi almeno all’80%, che sistematiche derivanti dalla ratio di tutela degli invalidi sottesa all’istituto ed alla previsione della successiva l. n. 214 del 2011 art. 24, comma 5, di conv. del d.l. n. 201/2011, relativa alla inapplicabilità dell’art. 12 d.l. n. 78 del 2010 ai soggetti che avevano maturato il diritto alla pensione anticipata di vecchiaia successivamente al 1.1.2012.
3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS con un motivo illustrato da memoria. Resiste G.S. con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione dell’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 convertito nella legge 30 luglio 2010 n. 122 (in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.), posto che la norma, ad avviso del ricorrente, ha disposto in via generale lo slittamento di 12 mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia non solo rispetto ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia a 60 anni se donne ed a 65 anni se uomini – come si ricava dal dato testuale – ma anche nei confronti di tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento, compresi i pensionati di vecchiaia anticipata. D’altra parte, secondo l’Istituto, il legislatore ha previsto espressamente le deroghe relative allo slittamento del conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia con i commi 4 e 5 dell’articolo 12 del decreto-legge n. 78/2010 e nelle stesse deroghe non rientra il caso della pensione di vecchiaia anticipata e dei lavoratori invalidi. Sicché la Corte territoriale avrebbe errato nel non farsi carico di analizzare le deroghe previste dalla disciplina citata, pervenendo alla scorretta conclusione che la categoria dei soggetti aventi titolo alla pensione di vecchiaia anticipata non sarebbe stata incisa dal differimento di 12 mesi per il conseguimento del diritto al trattamento, pur non rientrando in alcuna delle ipotesi di deroga espressamente contemplate nei successivi commi 4 e 5.
2.- Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.
L’art. 12 del decreto legge n.78/2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 stabilisce:
“1. I soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato ovvero all’età di cui all’articolo 22-ter, comma 1, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 convertito con modificazioni con legge 3 agosto 2009, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni per le lavoratrici del pubblico impiego ovvero alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi, conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico:
a) coloro per i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;
b) coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all’articolo 1, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;
c) per il personale del comparto scuola si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
2. I soggetti di cui al presente comma che maturano i previsti requisiti per il diritto al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico con un posticipo ulteriore di un mese dalla data di maturazione dei previsti requisiti rispetto a quello stabilito al primo periodo del presente comma per coloro che maturano i requisiti nell’anno 2012, di due mesi per coloro che maturano i requisiti nell’anno 2013 e di tre mesi per coloro che maturano i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2014, fermo restando per il personale del comparto scuola quanto stabilito al comma 9 dell’articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni (periodo introdotto dall’art. 18, comma 22-ter, legge n. 111 del 2011).
3….( omissis)
4. Le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi nei confronti dei:
a) lavoratori dipendenti che avevano in corso il periodo di preavviso alla data del 30 giugno 2010 e che maturano i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva richiesti per il conseguimento del trattamento pensionistico entro la data di cessazione del rapporto di lavoro;
b) lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento di limite di età.
5. Le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, nei limiti del numero di 10.000 lavoratori beneficiari, ancorché maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2011, di cui al comma 6:
a) ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223; (lettera così modificata dall’art. 1, comma 37, lettera a), legge n. 220 del 2010);
b) ai lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) ai lavoratori che, all’entrata in vigore del presente decreto, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all’art. 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
2. – Ora, va osservato che, per quanto concerne la specifica questione dibattuta in questo giudizio, com’è dato rilevare dal tenore letterale sopraindicato, la disposizione dell’art. 12, comma 1° individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento al quale applicare il regime delle finestre ivi regolato e dunque lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia.
Si tratta, per quanto qui interessa, non solo dei ” soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato “, secondo la lettura riduttiva che è stata accolta dai giudici di merito, ma anche – oltre alle lavoratrici del pubblico impiego pure contemplate nella norma – di tutti gli altri soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti”.
3. – Dal punto di vista letterale quindi, ed in base alla medesima ampia proposizione dettata dalla legge, nel perimetro normativo possono certamente rientrare i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dall’art. 1 del d.lgs. 502/1993 in relazione allo stesso settore privato. Quest’ultima normativa, com’è noto, al comma 1 ha subordinato il diritto alla pensione di vecchiaia “…al compimento della età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A allegata”, secondo la quale l’età pensionabile è stata portata a 65 anni per l’uomo e 60 anni per la donna. Il medesimo art. 1, al comma 8 ha poi espressamente escluso gli invalidi in misura non inferiore all’80% dall’ambito di applicazione dei più elevati limiti di età, con la conseguenza che per essi l’accesso al trattamento di vecchiaia è consentito all’età di 55 anni per le donne e di 60 anni per gli uomini.
4. D’altra parte la pensione anticipata in discorso va considerato un normale trattamento di vecchiaia (che matura sulla base dei soliti requisiti contributivi) e costituisce la risultante di una semplice deroga all’applicazione di una norma generale concernente l’innalzamento della soglia dell’età pensionabile prima in vigore, nell’ipotesi in cui i beneficiari versino in uno stato di invalidità non inferiore all’80%. Questa Corte (cfr. Cass., sentenza n. 11750/2015) ha già avuto modo di chiarire che la regolamentazione della pensione di vecchiaia in oggetto comporta “una anticipazione dei normali tempi di perfezionamento del diritto alla pensione attuata attraverso un’integrazione ex lege del rapporto assicurativo e contributivo, che consente, in presenza di una situazione di invalidità, una deroga ai limiti di età per il normale pensionamento. Lo stato di invalidità costituisce, dunque, solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 503/1992 ma non può comportare lo snaturamento della prestazione che rimane un trattamento diretto di vecchiaia (diretto a coprire i rischi derivanti dalla vecchiaia), ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità (…diretti a coprire i rischi derivanti, appunto, dall’invalidità) previsti dalla legge 222/1984”.
5. – La tesi qui sostenuta, in merito al significato inclusivo dell’espressione “alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”, è pure confermata dal raffronto con l’analoga formula impiegata nella precedente normativa sulle finestre dettata dall’art. 1 comma 5 della legge 247/2007 la quale prevedeva appunto uno slittamento dell’accesso “per i soggetti che accedono…al pensionamento di vecchiaia con i requisiti previsti dagli specifici ordinamenti”.
6. – Ora, il fatto che in questo caso l’espressione utilizzata nella legge 247/2007 fosse tale da ricomprendere – pacificamente – tutte le pensioni di vecchiaia, ivi comprese quelle anticipate spettanti agli invalidi all’80%, e che sussista una evidente similitudine con l’espressione utilizzata dal d.l. n. 78/2010 convertito in legge n. 122/2010 (il riferimento ai <requisiti> prima ed < all’età> poi, ma sempre in quanto previsti “dagli specifici ordinamenti”), conferma, a giudizio di questa Corte, che pure quest’ultima normativa abbia inteso fare rinvio a tutte le norme, anche speciali, dettate in materia di accesso alle pensioni di vecchiaia. D’altra parte se alla formula utilizzata dal legislatore (età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi) non venisse assegnato un valore residuale rispetto alle ipotesi prima specificamente individuate nella stessa disposizione, non si potrebbero includere nella platea dei soggetti interessati dal differimento dell’accesso alla pensione di vecchiaia nemmeno i lavoratori di sesso maschile del pubblico impiego, posto che la norma si riferisce nella sua prima parte soltanto alle “lavoratrici del pubblico impiego”.
7. – Vanno fatte salve, ovviamente, le specifiche deroghe, che nel caso del d.l. 78/2010 risultano previste dal comma 4 e 5 comma dell’art. 12 prima citato. Deroghe nelle quali, però, non sono compresi i trattamenti di vecchiaia anticipata che riguardano la controversia che qui si giudica.
8. – In altri termini, ad avviso del collegio, non è corretto sostenere che per includere le pensioni di vecchiaia anticipate nel meccanismo delle finestre la legge avrebbe dovuto esplicitarlo espressamente, dato che esse rientrano nell’ampio disposto (“alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”) utilizzato, in via residuale, dal legislatore nello stesso articolo 12 cit. (e già impiegato in termini simili ed in via generale dall’art. 1 comma 5 della legge 247/2007).
9. – Va poi considerato che nemmeno vengono qui in rilievo cogenti principi di ordine costituzionale tali da consentire di sindacare scelte normative che sono chiaramente ispirate alla necessità del contenimento finanziario ed al riequilibrio del sistema previdenziale. D’altra parte si tratta di scelte che non hanno nemmeno posto in discussione, anche per la loro temporaneità – posto che le finestre in questione sono state superate dalla legge 22 dicembre del 2011 n.214 di conversione del decreto legge 201/2011 – la disciplina di favore stabilita a monte con l’art. 1, comma 8 del decreto legislativo n. 503/1992, il quale tuttora consente ai soggetti invalidi in misura non inferiore all’80% l’anticipazione dell’accesso al pensionamento di vecchiaia ad un limite di età decisamente più favorevole rispetto a quello previsto per la generalità dei cittadini.
10. – Inoltre, lo stesso slittamento della pensione di vecchiaia, previsto dalla norma in oggetto, non comporta necessariamente l’abbandono del posto di lavoro durante l’anno di attesa dell’apertura della “finestra”, dato che in tale periodo l’assicurato invalido potrebbe, come qualsiasi altro lavoratore, continuare a lavorare ed anche accedere, medio tempore, ai trattamenti di invalidità previsti in caso di totale o parziale incapacità lavorativa.
11. – In forza delle ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere quindi accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la domanda svolta da G.S. deve essere rigettata.
12. – Considerata la novità della questione e la complessità della normativa sussistono i presupposti per la compensazione delle spese relative all’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di G.S.. Compensa le spese dell’intero processo.
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