La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6772 depositata il 7 marzo 2023, intervenendo in tema di deposito di documenti in appello, ha statuito che “… Nel processo tributario, la disposizione di cui all’art. 58, comma 2, in base al quale in grado d’appello è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti, va ritenuta applicabile non solo allorché tali documenti costituiscano di per sé una prova ai sensi del capo II del titolo II del libro Vi del cod. civ. (artt. 2699-2720, cod. civ.), ma altresì quando i medesimi siano utilizzati quali meri elementi indiziari, che da soli o unitamente ad altri, in quanto dotati delle caratteristiche previste dall’art. 2729, cod. civ., siano idonei a fondare una praesumptio hominis. …”
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento, con cui elevava il reddito dello stesso in relazione all’utilizzo di fatture emesse ritenute inerenti ad operazioni inesistenti. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP. I giudici di prime cure accoglievano il ricorso del contribuente. L’Amministrazione finanziari impugnava la decisione di primo grado con ricorso alla CTR. I giudici di appello riformavano la decisione impugnata sulla base dell’ulteriore documentazione prodotta dall’appellante in tale sede.
Il contribuente impugnava la decisone di appello con ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini nel respingere il ricorso del contribuente precisano che “… l’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, ammette la produzione di nuovi documenti in appello, senza alcun limite che non sia quello della preclusione di cui all’art. 32, stesso decreto …”
Inoltre i giudici di legittimità evidenziano che “… nella nozione di documento, quale fonte di prova (piena o indiziaria che sia) devono annoverarsi tutte le rappresentazioni di fatti (quindi incluse fotografie, disegni ecc.), purché avvenuti al di fuori del processo.
Orbene la presunzione, come mezzo di prova, costituisce un giudizio che si basa su elementi indiziari dotati delle caratteristiche previste dall’art. 2729, cod. civ. Tali indizi ben possono essere costituiti, in parte o anche esclusivamente, da documenti, ed in tal caso la disciplina circa la loro ammissione va rintracciata ai nostri fini nell’art. 58, comma 2, d.lgs n. 546/1992, mentre solo ove gli indizi abbiano altra fonte, si dovrà far riferimento ai limiti di cui al primo comma della norma in esame. …”
In altri termini per i giudici di piazza Cavour la disposizione processuale che fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello va ritenuta applicabile non solo allorché tali documenti costituiscano di per sé una prova, “ma altresì quando i medesimi siano utilizzati quali meri elementi indiziari, che da soli o unitamente ad altri, in quanto dotati delle caratteristiche previste dall’art. 2729 c.c., siano idonei a fondare una praesumptio hominis”. “Orbene la sentenza impugnata basa la propria ratio decidendi su una praesumptio hominis, a sua volta fondata su nuovi documenti, quindi su indizi esclusivamente documentali”, in linea con quanto previsto dall’articolo 58 del decreto legislativo 546/1992.
Si ricorda, inoltre, che i giudici della Suprema Corte con l’ordinanza n. 31287 del 2018, nella fattispecie riguardava la parte rimasta contumace in primo grado, hanno affermato che “… in materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009), essendo la materia regolata dal citato D.Lgs., art. 58, comma 2, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (ex multis, Cass. n. 27774 del 22/11/2017). …”
Sul tema anche la sentenza n. 5491 del 2017 ha ribadito che “… In materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69), essendo la materia regolata dall’art. 58, comma 2, del citato d.lgs., che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Sez. 5, Sentenza n. 18907 del 16/09/2011, Rv. 618893). …”
Infine si rammenta che la Corte Suprema con l’ordinanza n. 10899 del 2019 ha ribadito che “… nel processo tributario la parte la quale, in primo grado, si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poichè il divieto di proporre nuove eccezioni in appello posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese che non introducono temi nuovi di indagine (cass. ord. 12651/2018) Ancora (cass. sentenza n. 15645/2004), la preclusione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 57, non comporta l’improponibilità dell’illustrazione con nuovi argomenti di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum, al rispetto del quale è funzionale il limite imposto dalla legge …”
Inoltre il Supremo consesso con l’ordinanza n. 33626 depositata il 1° dicembre 2023 ha precisato che “… in tema di contenzioso tributario, la produzione di nuovi documenti in appello, sebbene consentita D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 58 deve avvenire, ai sensi dell’art. 32 dello stesso decreto, entro venti giorni liberi antecedenti l’udienza: tuttavia, l’inosservanza di detto termine è sanata ove il documento sia stato già depositato, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e “ritualmente” nel giudizio di impugnazione (Cass. Sez. 5, n. 5429/2018, Rv. 647276 – 01; nello stesso senso Sez. 5, n. 24398/2016, Rv. 641734 – 01). ..”
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