La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24199 depositata l’ 8 agosto 2023, intervenendo in tema di omessa motivazione, ha statuito che “… l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., sez. un., n. 23832 del 2004; Cass. sez. un., n. 8053 del 2014). …”
Sul punto della differenza tra omessa motivazione (artt. 132 c.p.c., 36 del Dlgs 546/92, art. 360, n. 5, c.p.c.) ed omessa pronuncia la giurisprudenza (da ultimo vedi Cassazione ord. n. 23666 e 23672 del 03/08/2023) ha ribadito che “… Si è, altresì, precisato che il vizio di omessa pronuncia differisce dal vizio di omessa motivazione. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificazione (Cass. 05/03/2021, n. 6150) …”
I giudici di piazza Cavour, inoltre, hanno precisato, con l’ordinanza n. 23026 depositata il 28 luglio 2023 che “… ai fini di una corretta decisione adeguatamente motivata, il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, è invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata ( vedi, ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 16034 del 14/11/2002); …”
Motivazione apparente
Gli Ermellini nelle sentenza n. 24199/2023 e la sentenza n. 17189/2023 hanno precisato che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; Cass. n. 1756 del 2006, Cass. n. 13977 del 2019; Cass. n. 6758 del 2022).
La Suprema Corte ha evidenziato, nella sentenza n. 23587 depositata il 2 agosto 2023, come nella decisione dei giudici di appello “… la motivazione della sentenza impugnata si pone al di sotto del minimo costituzionale nella parte in cui la CTR ha qualificato il rapporto di cash pooling come finanziamento sulla base della mera affermazione secondo cui “non si rileva nel caso l’obbligo alla restituzione reciproca entro il termine di chiusura del conto”. In tal modo, la commissione regionale ha individuato una generica funzione di contratto di finanziamento nel cash pooling senza distinguere tra “notional cash pooling” e “zero balance cash pooling”, dovendosi invece escludere, alla stregua della stessa documentazione di prassi dell’Amministrazione finanziaria che, nel secondo caso (“zero balance”), possa configurarsi un contratto di mutuo.
La motivazione della decisione gravata non rende quindi percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U. n. 22232 del 2016), avendo il giudice di merito omesso di indicare in modo congruo gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass n. 9097 del 2017). …”
Inoltre i giudici di legittimità hanno costantemente affermato (da ultimo Cass. ordinanza n. 22963 depositata il 27 luglio 2023) che “… La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01) e che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico“, nella “motivazione apparente“, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile“, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). …”
In particolare, costituiscono principi consolidati quelli per cui:
a) ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, 1.3.2022, n. 6758, Rv. 664061- 01; Cass., Sez. 1, 30.6.2020, n. 13248, Rv. 658088-01);
b) il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, 14.2.2020, n. 3819, Rv. 656925-02).
In tema di motivazione apparente la Suprema Corte a sezioni unite ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
Da ultimo con l’ordinanza n. 22580 depositata il 26 luglio 2023 (anche Cass. ordinanza n. 16958 del 2023) i giudici del Supremo consenso hanno ribadito che “… il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021); …”
Da ultimo con l’ordinanza n. 23781 depositata il 3 agosto 2023 il Supremo consesso ha affermato che “… sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame deve escludersi l’apparenza della decisione motivata per relationem, quando il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima in modo sintetico le ragioni della conferma delle statuizioni impugnate, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto. Altrettanto dicasi quando il rinvio alla motivazione della sentenza impugnata sia operato, assicurando il controllo del procedimento logico seguito nella pronuncia, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata.
È invece riconosciuta l’apparenza quando nella sentenza il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado, senza che in alcun modo emerga che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105).
La motivazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921).
È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819). L’apparenza della motivazione, incidendo sul contenuto della sentenza, la inficia, determinandone la nullità. …”
Motivazione perplessa e incomprensibile
Inoltre per i giudici di legittimità (vedi da ultimo Cass. sentenza n. 21397 del 19 luglio 2023; ordinanza n. 21222/2023) hanno puntualizzato che “… Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella <<perplessa e incomprensibile>>; in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate). …”
In ordine alla motivazione essa ricorre in particolare quando il giudice di merito utilizza affermazioni contraddittorie e perplesse. Quando ometta di riprodurre, della documentazione prodotta, le parti idonee a giustificare la valutazione espressa (Cass. 23/03/2017 n. 7402). Deve ritenersi viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti (Cass. Ord. 30/05/2019 n. 14762).
Risulta affetta da nullità la sentenza per motivazione solo apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inidonea dunque a rivelare la ratio decidendi e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 8053/2014). E’ allora necessario che il “decisum” sia supportato dalla compiuta esposizione degli argomenti logici che hanno sostenuto il giudizio conclusivo, in modo da consentire la verifica “ab externo” dell’esame critico svolto dal giudice di appello sulla censura mossa dall’appellante alla sentenza impugnata (Cass. 5 Aprile 2017, n. 10998; Cass. 11 Marzo 2016, n. 4791).
In particolare la motivazione risulta perplessa, quando ad esempio per un verso sembra compiere una valutazione ponderata delle dichiarazioni di terzi acquisite dal processo penale, ma poi le fonti di prova da questo acquisite non si collocano se non apparentemente in rapporto con altri elementi. O meglio, i cd. altri elementi, per quanto emerge dalla sentenza medesima, non costituiscono indizi autonomi, idonei a rafforzare quanto evincibile dalla sentenza penale, ma acquisiscono autorevolezza solo perché trovano speculare conferma nella sentenza penale. Ma in tal modo il giudice non si avvede che l’elemento indiziario resta sempre lo stesso, visto “doppiamente”. (Cass. ordinanza n. 20490/2023)
Motivazione per relazionem
In base al consolidato principio di diritto (v., tra le altre, Cass. Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019; id. n. 28139 del 2018) per cui < < la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente>>.
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