A seguito delle modifiche della riforma Cartabia (decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149) è stato ritenuto necessario – dalla Corte Suprema di cassazione, la Procura Generale della Corte di cassazione, l’Avvocatura Generale dello Stato ed il Consiglio Nazionale Forense – la revisione del precedente protocollo di intesa del 17 dicembre 2015. Procedendo alla redazione del nuovo protocollo del 10 marzo 2023 (di seguito riportato).
I numeri 3 e 4 e 6 dell’art. 366 c.p.c., prima della riforma del d.lgs. n. 149/2022, prevedevano l’esposizione sommaria dei fatti di causa e le modalità di esposizione dei motivi, sono stati sostituiti con prescrizioni più specifiche in relazione ad entrambi i requisiti.
La nuova formulazione dei n. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c., successive alla riforma Cartabia, é incentrata sulla volontà del legislatore di imporre lo specifico obbligo di chiarezza e di sinteticità nella redazione degli atti introduttivi al giudizio.
Il Protocollo pone particolare importanza al requisito della essenzialità, che non si rinviene nella norma generale ed al pari dei canoni della chiarezza e sinteticità, quali criteri di redazione degli atti.
Nel nuovo protocollo d’intesa vengono trattate i seguenti punti:
- regole redazionali degli atti processuali,
- disposizioni per il rito camerale unificato,
- procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380 bis c.p.c.,
- digitalizzazione degli atti nei processi civili,
- costituzione del gruppo dei referenti per l’attuazione del protocollo,
- abrogazione dei precedenti protocolli.
Regole redazionali degli atti processuali. vengono ribadite le regole previste dal precedente Protocollo del 2015, alla luce del principio di chiarezza e sintesi degli atti e provvedimenti. Le suddette regole, aggiornate anche alla luce del processo telematico, prevedono un unico modulo redazionale dei ricorsi, senza che l’eventuale mancato rispetto dei limiti dimensionali o delle ulteriori indicazioni comporti un’automatica sanzione processuale.
Inoltre l’infondatezza delle motivazioni addotte per il superamento dei limiti dimensionali può essere valutata ai fini della liquidazione delle spese.
Infine, in tema di digitalizzazione, il Protocollo prevede che, nell’ambito della comunicazione contenente l’avviso di fissazione dell’udienza, la Cancelleria della Suprema Corte inviti i difensori a trasmettere, entro dieci giorni, copia informatica di tutti gli atti processuali del giudizio di Cassazione già depositati in forma cartacea.
Il protocollo è stato redatto tenendo conto gli orientamenti più recenti dei principi espressi dalla sentenza della Corte Edu del 28 ottobre 2021, caso Succi e altri contro Italia.
Principio di autosufficienza
Del precedente protocollo del 2015 rimane, tra le altre, quanto specificato in ordine al principio di autosufficienza.
Il rispetto del principio di autosufficienza non comporta un onere di trascrizione integrale nel ricorso e nel controricorso di atti o documenti ai quali negli stessi venga fatto riferimento. Il sunnominato principio deve ritenersi rispettato, anche per i ricorsi di competenza della Sezione tributaria, quando:
1) ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di specificità imposti dal codice di rito;
2) nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, c. 1, n. 6), cod. proc. civ.), con la specifica indicazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce;
3) nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati il tempo (atto di citazione o ricorso originario, costituzione in giudizio, memorie difensive, ecc.) del deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo e la fase (primo grado, secondo grado, ecc.) in cui esso è avvenuto;
4) siano allegati al ricorso (in apposito fascicoletto, che va pertanto ad aggiungersi all’allegazione del fascicolo di parte relativo ai precedenti gradi del giudizio) ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso e nel controricorso.
Il canone di autosufficienza risulta precisato nell’ordinanza n. 8950 del 2022 delle Sezioni Unite, secondo cui «Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito». (così anche Cassazione ordinanza, Sez. tributaria, n. 23070/2023; Cass. Sez. T. 7 marzo 2023, n. 6782)
Inoltre è stato precisato con l’ordinanza della Suprema Corte n. 33016 del 2023 che “… il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con quello di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali si fondi la doglianza, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (tra le tante, fra le più recenti, si veda Cass. n. 12481/2022, rv. 664738-01). …” (Cass., sez. V, ordinanza n. 6349 del 2024)
Lo stesso principio è stato riaffermato dalla Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 4634 del 2024 che ha ribadito che ” … il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., interpretato in modo compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, deve ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (v. Cass. n. 12481 del 2022; S.U. n. 8950 del 2022) …” (Cass., sez. V, ordinanza n. 6349 del 2024)
Il Supremo consesso, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5522 depositata il 1° marzo 2024 ha ribadito il principio di diritto secondo il quale “… in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo” (cfr. Cass. nn. 16147/2017, 2928/2015, 8312/2013); …” (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5^, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. sez. 5^, 10 dicembre 2021, n. 39283; 16147; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. 28570; Cass., Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2022, n. 8156; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n. 11842; Cass., Sez. 6^-5, 11 maggio 2022, n. 14905; Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2023, n. 998; Cass., Sez. 5^, 15 settembre 2023, n. 26679; Cass., Sez. 5^, 12 febbraio 2024, n. 3885); ciò in quanto non è altrimenti possibile per il giudice di legittimità verificare la corrispondenza di contenuto dell’atto impositivo rispetto alle doglianze del contribuente, venendo preclusa ogni attività nomofilattica (Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2015, n. 16010; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. 28570); (Cass., sez. V, ordinanza n. 6349 del 2024)
Inoltre il Supremo consesso con l’ordinanza n. 6349 dell’ 8 marzo 2024, sul tema ha evidenziato, sul principio di autosufficienza, che “… il tradizionale rigore di tale canone è stato rivisitato da questa Corte, anche alla luce di un doveroso coordinamento con i principi sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ed in particolare col principio del “diritto all’equo processo” di cui all’art. 6, par. 1); in tale prospettiva, si è affermato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza depositata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo il 28 ottobre 2021 (ric. nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14 – Succi e altri c. Italia) – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può, pertanto, tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (in particolare: Cass., Sez. 1^, 1 marzo 2022, n. 6769; Cass., Sez. 3^, 4 marzo 2022, n. 7186; Cass., Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950; Cass., Sez. 3^, 6 giugno 2023, n. 15846); …” Cass., sez. V, ordinanza n. 12953 del 2024)
Inoltre, in tema di impugnazione di una sentenza di secondo grado del processo tributario, la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 12902 depositata il 10 maggio 2024, ha evidenziato che “… in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo” (cfr. Cass. nn. 16147/2017, 2928/2015, 8312/2013)” (cfr. Cass., V, n. 3829/2023). …”
Principio del dovere di chiarezza e sinteticità
La violazione dei n. 3 e 4 dell’art. 366 del c.p.c. comporta l’inammissibilità del ricorso. La norma in commento, prevede nella redazione dei ricorsi, al comma 1 n. 3) la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso; ed al n. 4) la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano;
L’ultimo periodo dell’art. 121 c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 149/2022, statuisce che “tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico” ribadendo i medesimi canoni redazionali previsti, a pena di inammissibilità, per la redazione del ricorso per cassazione dall’articolo 366 c.p.c..
L’articolo 366 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149/2022, presuppone come requisito necessario del ricorso per cassazione:
- la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi;
- la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano.
La stessa Suprema Corte ha ribadito che «la coerenza di contenuti e la chiarezza di forma costituiscono l’imprescindibile presupposto perché un ricorso per cassazione possa essere esaminato e deciso. E ciò non solo per il nostro ordinamento, ma in tutte le legislazioni degli ordinamenti economicamente avanzati» (Cass. 9996/2020).
Il suddetto principio, ora presente nel rito civile, era un principio già espresso nel processo amministrativo (art. 3 c. 2 d. lgs. 104/2010).
La Corte di Cassazione, anche di recente, con l’ordinanza n. 7600 depositata il 16 marzo 2023 ha riaffermato, quanto statuito dalle Sezioni Unite “… «Il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c.» (ex plurimis Sez. U, Ord. n. 37552 del 2021). …”
Successivamente alla pronuncia delle Sezioni unite del 2021 sopra richiamata è stato precisato, alla luce dei principi Cedu, che il principio di specificità del ricorso per cassazione, in base al quale il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza Corte Edu del 28 ottobre 2021, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte e il diritto di accesso della parte a un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza. Può incorrere nel giudizio d’inammissibilità, pur in mancanza di sanzione espressa riferita alla lunghezza del ricorso, una esposizione così lunga da impedirne la comprensibilità (Cass., n. 8425/2020), come accade quando vengono affastellati, senza un preciso filo conduttore, stralci di atti di tutti i gradi del giudizio di merito e si perde di vista il canone della trascrizione essenziale degli e dei documenti rilevanti (Cass., n. 3612/2022)
Per cui la mera lunghezza espositiva, qualora non è di ostacolo alla comprensione del motivo, non può essere oggetto di sanzione e che, in relazione alle criticità riscontrate in dottrina in ordine al requisito dell’autosufficienza del ricorso, la “trascrizione essenziale” del contenuto di un documento è, anche alla luce delle nuove disposizioni processuali, sufficiente per non incorrere nel difetto di specificità, dovendosi ritenere superati quegli orientamenti – peraltro minoritari – che richiedevano a pena d’inammissibilità una minuziosa indicazione delle modalità di reperimento dell’atto, pur se prodotto secondo i dettami dell’art. 369 cpc.
Principio di specificità e localizzazione
Nel protocollo d’intesa del 2023 al punto 1.5 viene chiarito che il suddetto principio é rispettato quando:
- ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di chiarezza e sinteticità previsti dal codice di rito;
- nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.), con l’illustrazione del contenuto rilevante e la precisazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce;
- nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati la fase processuale e il momento in cui è avvenuto il deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo;
- siano depositati mediante allegazione nella busta telematica, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso.
Sul punto la giurisprudenza di Strasburgo (Corte EDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c. Italia, Nos. 55064/11, 37781/13, 26049/14) che ha riconosciuto la legittimità di filtri o meccanismi articolati su requisiti di accesso anche rigorosi, purché applicati in modo non eccessivamente formalistico, al punto di precludere il diritto di accesso al giudice ex art.6 § 1 CEDU, essendo richiesto allo Stato responsabile di garantire che le procedure per le impugnazioni siano chiare, prevedibili e proporzionate.
In applicazione di questo insegnamento la Corte a Sezioni Unite ha precisato la portata del principio di autosufficienza e specificità, escludendo che possa essere applicato in modo da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e statuendo che non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. SS.UU., Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022; Cass. ordinanza n. 23683/2023).
Il Supremo consesso, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 15519 depositata il 4 giugno 2024 ha precisato che “… in base all’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il “decisum” della sentenza gravata (così ad es. sez. 5 n. 17125 del 2007 e sez. 1 n. 4036 del 2011; ex multis,Cass., Sez. V, 16 febbraio 2022, n. 5021; Cass., Sez. V, 1° febbraio 2022, n. 2940). In altri termini, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (così Cass., sez. 5, n. 20152 del 2021; n. 21296 del 2016; Sez. 6 – 5, n. 187 del 08/01/2014; Sez. 5, n. 17125 del 03/08/2007; sez. 3, n. 359 del 2005 e altre); le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che “in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni
(…)
quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della violazione o della falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. 3, n. 15177 del 28/10/2002; Cass., Sez. 2, n. 1317 del 26/01/2004; Cass., Sez. 6 – 5, n. 635 del 15/01/2015) …”
Infine al fine di rispettare l’onere di specificità dei motivi l’art. 366, comma 1, n. 4), “impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura”, non solo “di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione”, ma anche “di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo” (ciò che nella specie non risulta avvenuto), “non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa” (Cass., Sez. Un., 28/10/2020, n. 23745; Cass. ordinanza n. 23489/2023);
In ordine al vizio di violazione di legge o falsa applicazione la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 2668 depositata il 29 gennaio 2024 ha riaffermato che “… il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012); in realtà il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione, per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma, della cui esatta interpretazione non si controverte (in caso positivo vertendosi in controversia sulla “lettura” della norma stessa), non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicché il processo di sussunzione, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; al contrario del sindacato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti; …”
Sempre sul tema del vizio di violazione di legge o falsa applicazione la Suprema Corte ha già chiarito che « In tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente » (Cass., S.U., 12/11/2020, n. 25573; Cass., sez. V, ordinanza n. 2746 del 2024).
I giudici di piazza Cavour con l’ordinanza n. 13457 depositata il 15 maggio 2024 hanno precisato che “… in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394). …”
Sempre in tema di specificità del ricorso in cassazione è stato ribadito che “… la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 c.p.c., integrante “error in procedendo”, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, 4 e n. 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza” (Cass. 3612 del 4.02.2022 e Cass. n. 29495 del 23.12.2020); …” (Cass. ordinanza n. 20368/2023)
Il Supremo consenso ha ribadito, con l’ordinanza n. 28884 depositata il 5 ottobre 2022, in tema di specificità del motivo di ricorso che “… La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.; dovendo i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, contenere, a pena di inammissibilità, oltre all’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnato, l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto» (Cass., Sez. 5, 03/08/2007, n. 17125; Cass. n. 4036 del 18/02/2011).
In particolare, deve ritenersi che l’onere di specificità del motivo, prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., implica la necessità che il ricorrente individui innanzitutto la ratio decidendi della sentenza impugnata ed operi poi un “raffronto” tra la regola giuridica applicata dai giudici di merito e la giurisprudenza della Corte suprema. Tale raffronto sarà sufficiente ai fini della specificità del motivo ex 366 n. 4 cod. proc. civ. ove dimostri che il giudice di merito si è discostato dalla giurisprudenza di legittimità; ove, al contrario, il detto raffronto dimostri che il giudice di merito ha deciso in modo conforme a tale giurisprudenza, il motivo sarà inidoneo al raggiungimento del suo scopo, sarà perciò non specifico, se il ricorrente non completi la censura con l’ulteriore elemento (espressamente indicato dall’art. 360 bis) di cui alla lettera che segue.
Difetta perciò di specificità un motivo che si limiti a denunciare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, senza prendere chiaramente in esame il contenuto precettivo delle norme che si assumono violate, lette alla luce dell’interpretazione della giurisprudenza della Corte; oppure un motivo che, pur tenendo conto di tale giurisprudenza, non si curi però di raffrontare con essa la ratio decidendi della decisione impugnata; oppure un motivo che, pur avendo operato tale raffronto, all’esito del quale risulti che la sentenza impugnata ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, ometta poi del tutto di offrire argomenti per contrastarla (Cass. 5001/2018). Pertanto, deve ritenersi che, ove il motivo non contenga gli elementi appena illustrati, in coerenza con quanto previsto dall’art. 360 bis cod. proc. civ., lo stesso sarà non specifico, inidoneo al raggiungimento dello scopo e, dunque, inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.. …”
Motivazione per relationem
La sentenza d’appello può essere motivata per relationem a quella di prime cure, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass., sez. 1, 5/08/2019, n. 20883, Rv. 654951-01: Cass. sentenza n. 22763/2023).
Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame. Dunque, se è vero che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem alla sentenza di primo grado, occorre pur sempre che il giudice del gravame dia conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre deve essere cassata la decisione di mera adesione alla decisione di primo grado senza che emerga dalla sentenza di appello che a tale risultato il giudice sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (così, tra le altre, Cass., sez. lav., 24.6.2020, n. 12486: Cass., sez. lav., ordinanza n. 2821 del 2024).
Motivazione apparente
La Corte Suprema ha precisato che “… ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6 1, 1.3.2022, n. 6758, Rv. 66406101; Cass., sez. 1, 30/06/2020, n. 13248, Rv. 658088-01); …” (Cass. sentenza n. 22763/2023)
Sussiste “… il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e dalla Cost., art. 111 sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, 14.2.2020, n. 3819, Rv. 656925-02); …” (Cass. sentenza n. 22763/2023)
Per i giudici di legittimità “… esula dal vizio di legittimità art. 360 c.p.c., n. 5 qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità (Cass. sez. 3, 1/06/2021, n. 15276, Rv. 661628-01). …” (Cass. sentenza n. 22763/2023)
Inoltre “… il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione, nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga sostanzialmente a trovarsi priva di fondamento (cfr., da ultimo, Cass., sez. 6-1, 16/06/2022, n. 19466, Rv. 665333-01) …” (Cass. sentenza n. 22763/2023)
Per le Sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 (p. 7.2.), che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono stati espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 (p. 2.4.); Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 (p. 3.5.)). Ancor più di recente (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 e Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) è stato precisato che “nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione“; (Cass., sez. tributaria, ord. n. 5522 del 2024)
Ricorso per vizio di motivazione
I giudici di piazza Cavour, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 16488 depositata il 13 giugno 2024 hanno precisato che “… la parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1166/2012). …”
Inoltre, nella suddetta ordinanza, è stato evidenziato che il ricorrente, incorre nell’inammissibiltà, nelle ipotesi di “… un motivo coacervato ossia senza possibilità, nel corpo del discorso, di distinguerli, denunciando sostanzialmente vari vizi, anche in contrasto logico tra loro (omesso esame, errore valutazione prove, omessa pronuncia su eccezione, difetto di motivazione), che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte. …”
Incompatibilità dei giudici di legittimità
Il Supremo consesso (Cass., n. 15009 del 2019; n. 2872 del 2024) ha ritenuto che “… non si ravvisano profili di incompatibilità nei confronti di alcuni componenti del collegio che hanno esaminato il precedente ricorso per Cassazione nell’ambito del medesimo giudizio (sentenza n. 32258 del 2019).
Come hanno avuto modo di sottolineare le Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio di legittimità non si riferisce direttamente alla domanda proposta dall’attore, bensì alla decisione già assunta su tale domanda al fine di verificarne, appunto, la correttezza; pertanto, qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto di un nuovo ricorso per cassazione, il collegio può essere composto anche con magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice (v. Cass., S. U., n. 24148 del 2013).
Le Sezioni Unite hanno, invero, ritenuto che non sussiste la concreta possibilità che il giudice che abbia partecipato al precedente giudizio di legittimità sia meno libero di decidere o sia condizionato dalla volontà di ‘difendere’ la precedente decisione di legittimità. …”
Redazione del ricorso in cassazione
L’articolo 366 del c.p.c. regola il contenuto del ricorso in cassazione, come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022 art. 3 (riforma Cartabia) al comma 1 n. 3 prevede ” la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso; “
Il giudizio di cassazione costituisce rimedio a critica vincolata per cui il ricorso introduttivo deve essere articolato, a pena di inammissibilità, in motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.
Il ricorso, in altri termini, deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal giudice a quo (v., fra le numerose altre, Cass. n. 7600/2023; Cass. n. 24464/2020; Cass. n. 23745/2020; Cass. n. 4905/2020; Cass. n. 33963/2019; Cass. n. 5001/2018; Cass. ordin. n. 20381/2023)
Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate (Cass., sez. 5, 3 agosto 2007, n. 17125; Cass., sez. 1, 18 febbraio 2011, n. 4036; Cass. ordinanza n. 20157/2023)
Inoltre nelle ipotesi di contestazione dei giudici di secondo grado che hanno proposto la propria valutazione in materia, aderendo a quanto deciso dai primi giudici risulta essenziale, ai fini dell’ammissibilità, riportare nel ricorso, in forma integrale, la decisione adottata dai primi giudici, al fine di consentire di verificare l’invocata omissione della pronuncia sul punto, rispettando il principio di specificità dei motivi di impugnazione e di autosufficienza del ricorso per cassazione.
La censura ex 5 dell’art. 360 c.p.c. “… deve riguardare un fatto storico, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (ex multis, v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017). …” (Cass. ordinanza n. 20395/2023 ; Cass. ordinanza n. 20410/2023)
Inoltre nelle ipotesi, di prove presuntive, di cui al n. 3 comma 1 dell’art. 360 c.p.c. la giurisprudenza ha puntualizzato che ” … sebbene il ragionamento presuntivo non possa sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3, c.p.c., la critica sfugge al concetto di falsa applicazione quando si concreta in una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali ovvero nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1, risolvendosi in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio, ponendosi così su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. …” (Cass. ordinanza n. 20395/2023)
Inoltre non risulta configurabile la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del «nuovo» art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.). (Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395; Cassazione ordinanza n. 11279/2022).
Occorre far valere attraverso lo strumento della revocazione e non con il ricorso per cassazione la falsa percezione dei fatti in cui sia incorso il giudice di merito (Cass. n.24539 del 2007; Cass. n. 4893 del 2016; Cass. ordinanza n. 20405/2023).
Qualora il ricorrente voglia censurare la sentenza impugnata per vizio di extra o ultrapetizione di cui all’art. 112 del c.p.c. allora “… deve essere fatta valere dinanzi alla Corte di cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo errar in procedendo ai sensi del n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, codice di rito (cfr., ex multis, Sez. 6 – 3, n. 6835 del 16/03/2017 Rv. 643679 – 01; Sez. L, n. 13482 del 13/06/2014 Rv. 631454 – 01, con riferimento alla specifica ipotesi di deduzione del vizio di omessa pronuncia, riconducibile, al pari di quello di extra o ultrapetizione, sotto il paradigma della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.).
Vero è, come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 17931 del 24/07/2013 Rv. 627268 – 01), che, se […] non è necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Tuttavia, le stesse Sezioni unite hanno precisato che, nel caso in cui il ricorrente lamenti la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. da parte dell’impugnata sentenza (nel caso esaminato dalle Sez. U.,sotto il profilo dell’omessa pronuncia, ma la ratio decidendi è estensibile anche all’ipotesi che qui occupa), è comunque indispensabile che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare – come è dato registrare nella specie – sulla violazione di legge.
Invero, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta il vizio di extra o ultrapetizione, per erronea individuazione del “chiesto” ex art. 112 cod. proc. civ., affermandosi che nulla è stato dedotto […] nel giudizio di merito, è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, trascriva o riporti specificamente nella parte di rilievo il contenuto essenziale delle domande ed eccezioni formulate nei precedenti gradi di giudizio, così da dimostrare la mancata attinenza della pronuncia del giudice (in questo caso, di appello) al thema decidendum, dovendosi ritenere, in mancanza, che la Corte non sia posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure; e ciò indipendentemente dal potere di procedere all’esame diretto degli atti del merito. (Cass. ordinanza n. 23079/2022)
Sempre in ordina alla violazione dell’articolo 112 c.p.c., denunciabile in cassazione ai sensi del n. 4) dell’articolo 360 c.p.c., rientra l’omesso esame di uno specifico motivo di appello. Infatti, si ricorda che tale motivo ricorre in caso di violazione di norme processuali che regolino la sentenza come atto e la costituzione del giudice, sia in caso di nullità per derivazione della sentenza stessa. Quest’ultima ipotesi si ha quando la nullità di alcuni atti del processo si propaga fino alla sentenza.
Il Supremo consesso ha più volte precisato che “… il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l‘esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296). …” (Cass. ordinanza n. 23709/2023)
In particolare secondo il consolidato orientamento (Cass. ordinanza n. 25518 del 2023) “… la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio (tra le tante: , Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509);
[…] «l’esercizio del diritto di impugnazione può considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517)» (così, Cass. Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429); …”
Il Supremo consesso con l’ordinanza n. 2001 depositata il 18 gennaio 2024 ha ribadito che “… nel giudizio di legittimità, secondo quanto disposto dall’art. 372 cod. proc. civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullità inficianti direttamente la decisione impugnata, nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., rimanendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’art. 378 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 24942 del 15/09/2021; Cass. n. 28999 del 12/11/2018; Cass. n. 7515 del 31/3/2011); …”
Motivi di impugnazione
In ordine alla corretta esposizione dei motivi di impugnazione il consolidato della Suprema Corte ha statuito “… il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Cass. 11/01/2005, n. 359; v. anche ex aliis Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; Id. 05/08/2016, n. 16598; Id. 03/11/2016, n. 22226; Cass. 15/04/2021, n. 9951; 05/07/2019, n. 18066; 13/03/2009, n. 6184; 10/03/2006, n. 5244; 04/03/2005, n. 4741). …” (Cass., sez. III, ordinanza n. 12910 del 2022)
Inammissibilità del ricorso
Il ricorso per cassazione proposto contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel giudizio di merito è inammissibile per difetto di rituale instaurazione del processo, ciò che preclude l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti legittimati, non potendosi ordinare l’evocazione in giudizio di altri soggetti in una situazione di radicale carenza del rapporto processuale di base (Cass. n. 25779 del 2016; Cass. sez. un. n. 15145 del 2001; Cass. ordinanza n. 20526/2023).
Altra questione di inammissibilità del ricorso riguarda la circostanza di indicare nel ricorso di cassazione l’allegazione ma anche l’indicazione in quale atto sia stata riportata. Infatti per giurisprudenza pacifica della Suprema Corte, “… qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23 marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre 2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2022, n. 35885)» (così Cass., Sez. T, 21 febbraio 2023, n., 5429; Cass. ordinanza n. 20553/2023); …”
Sul tema è utile rammentare che non è consentito proporre contestazioni i cui frammenti sono distribuiti in più motivi di ricorso, richiedendo al giudice di legittimità di ricostruirli per poter poi procedere a valutarne la possibile fondatezza. gli strumenti di impugnazione sono integralmente inammissibili anche quando il ricorrente propone le proprie critiche mescolando profili di impugnazione diversi (nullità della sentenza, violazione di legge, vizio di motivazione), richiedendo in tal modo a questa Corte regolatrice di selezionare le sue critiche, qualificarle, e quindi valutarne la fondatezza, il che non è evidentemente consentito..
Su tale aspetto la Corte di Cassazione ha stabilito che “… in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo … Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse”, Cass. sez. I, 23.10.2018, n. 26874 (in senso conforme, amplius, cfr. Cass. sez. I, 23.9.2011, n. 19443)” …” (Cass. ordinanza n. 18545/2023; Cass. ordinanza n. 20405/2023; Cass. sentenza n. 2529 del 2024)
Il Supremo consesso con l’ordinanza n. 22510 depositata l’ 8 agosto 2024 ha ribadito che “… è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facendo riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (così Cass., sez. lav., 28.5.2020, n. 10212; n. 1859/2021). E’, infatti, principio consolidato che in seno al medesimo motivo di ricorso non possono coesistere censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità, così che non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (cfr. Cass., sez. lav., 25.6.2020, n. 12625). Piuttosto, perché censure tra loro eterogenee e cumulativamente formulate non incorrano nella ricordata preclusione è necessario che nell’ambito dell’unica esposizione risulti ben identificata e specificamente trattata sia la doglianza relativa all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie che i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (cfr. Cass., sez. lav., 9.7.2020, n. 14634). …”
Oppure ancora quando “… L’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 26790 del 2018). …” (Cass. n. 26874 del 2018, nello stesso senso, Cass. n. 19443 del 2011 nonché Cass. n. 36881 del 2021 quando la sovrapposizione di censure non consente alla Corte di cogliere con certezza le singole doglianze prospettate, dando luogo all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità). (Cass. ordinanza n. 20405/2023;)
In termini la sentenza n. 9590 del 2019 ha ritenuto che è “… inammissibile la censura motivazionale nel caso in cui lo stesso ricorrente prospetti che trattasi di fatti non controversi, in quanto, in forza del riformato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 essa deve avere ad oggetto fatti, cioè specifici accadimenti in senso storico-naturalistico (Cass. sez. 2, 18/10/2018, n.
26274, Rv. 650840-02), che siano stati oggetto di discussione tra le parti e, quindi, necessariamente controversi
(Cass. sez. 2, 18/10/2018, n. 26274, Rv. 650840-02).
La censura è altresì inammissibile, a fortiori, laddove con essa si sindaca l'”omessa o insufficiente motivazione su punti di fatto decisivi”, essendo difatti denunciabile in cassazione, in forza del riformato art. 360, c.p.c. solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in “violazione di legge costituzionalmente rilevante”, nei termini innanzi evidenziati ed insussistenti nella specie, ovvero l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, esclusa qualunque rilevanza della (contraddittorietà e della) insufficienza motivazionale (si vedano i riferimento giurisprudenziali di cui innanzi). …”
Sull’omesso esame circa un fatto decisivo, i giudici di piazza Cavour hanno chiarito (vedasi sez. V, ordinanza n. 12902 del 10 maggio 2024) che “… la censura di omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 83/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134/2012, può trovare ingresso nel giudizio di legittimità solo quando abbia ad oggetto l’esame di un fatto storico, che abbia costituito oggetto di discussione inter partes e che abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia. Per fatto non deve pertanto intendersi una “questione”, quanto un vero e proprio fatto in senso storico e normativo ex art. 2697 c.c., ossia costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo, ovvero anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale. Inoltre, esso deve essere decisivo, nei termini sopra indicati. Ne consegue che non costituiscono “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., né le argomentazioni o deduzioni difensive, né gli elementi istruttori o i documenti in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato disatteso dopo essere stato preso in considerazione dal giudice, ed ancorché il giudicante non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014, Cass. n. 22786/2018).” (Cfr. Cass., V, n. 2231/2021). …”
Inoltre è inammissibile per difetto di interesse, nei casi in cui la decisione si fonda su più motivi ed il ricorrente impugni solo alcuni di essi, il ricorso in cassazione “… Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa» (Cass., n. 2108 del 14 febbraio 2012, Rv. 621882-01; conforme, da ultimo, Cass., n. 11493 dell’11 maggio 2018, Rv. 648023-01). …” (Cass. sentenza n. 10012 del 2021) (cfr. Cass. 21/06/2017 n. 15360, Cass. s.u. n. 16602 del 2005 e n. 2273 del 2005; Cass. ordinanza n. 3845 del 2024).
Doppia conforme
Anche la c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ. (ora disciplinato dal comma 4 dell’art. 360 c.p.c.), cioè della duplice pronuncia di rigetto nel corso del giudizio di merito, rende inammissibile le censure formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.. (trattasi dell’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti)
In particolare il n. 5 c.1 dell’art. 360 c.p.c. concerne la valutazione della correttezza della “motivazione in fatto” rientra, invero il quale suppone che una motivazione vi sia e sia anche comprensibile, ma se ne denunci l’incompletezza, o la non condivisibilità (Cass. 21 ottobre 2019, n. 2676) Tale motivazione in fatto concerne il confronto del contenuto della motivazione con le risultanze istruttorie o alla valutazione della sua sufficienza e correttezza rispetto ad una o più circostanze ritenute decisive ai fini della decisione. (rientrano nel n. 5 c. 1 dell’art. 360 c.p.c. la motivazione per relationem e contradditoria, vizio di difetto di motivazione)
La Corte Suprema ha precisato che “… ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., 9 marzo 2022, n. 7724, anche in motivazione; Cass. ordinanza n. 22261/2023). …” (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023, n. 2516/2024)
Infatti l’art. 348-ter c.p.c. (ora disciplinato dal comma 4 dell’art. 360 c.p.c.) esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, num. 5 cod. proc. civ. la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado (cfr., su tali pacifici principi, tra le tante, Cass., Sez. L., 7 marzo 2023, n. 6826, che richiama Cass., Sez. II, 10 marzo 2014, n. 5528; Cass., Sez. VI/II, 15 marzo 2022, n. 8320, che richiama Cass., Sez. T, 18 dicembre 2014, n. 26860 e Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774 e, nello stesso senso Cass., Sez. VI/II, 9 marzo 2022, n. 7724, nonché Cass., Sez. 6/T, 24 febbraio 2023, n. 5746), dovendo aggiungersi sul punto che questa Corte ha avuto di modo di chiarire che la predetta previsione si applica anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053);
Preclusione alla limitazione della doppia conforme
La suddetta inammissibilità (doppia conforme) non opera quando dal resoconto fornito dalla difesa della ricorrente sui contenti della sentenza di primo grado si rilevano percorsi argomentativi dissimili rispetto alla più ampia valutazione offerta dalla Commissione regionale.
Inoltre nel caso di omessa considerazione dei fatti, non opera il principio sotteso all’art. 348 ter proc. civ. (Cass. n. 29222 del 12/11/2019; Cass. ordinanza n. 26483 del 2023). anche la deduzione del vizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. non è impedita dalla doppia conforme, essendo stata contestata già al primo Giudice l’omessa pronuncia (cfr. sul principio, Cass., Sez. II, 12 novembre 2019, n. 29222). (Cass. ordinanza n. 8087 del 2023)
Tuttavia, il fatto decisivo che deve essere omesso per integrare la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è quello che costituisce l’oggetto di prova nel giudizio di merito e le circostanze rilevanti ai fini della decisione (esempio: aliquota e criteri di determinazione delle imposte, notificazione delle cartelle di pagamento, inerenza dei costi sostenuti in favore dell’intermediario, esame della contabilità parallela, inesistenza delle operazioni e la consapevolezza della frode da parte della società contribuente) sono state esaminate dal giudice di appello (e, prima ancora, dal giudice di primo grado) (Cass. ordinanza n. 1013 del 2023; n. 8087 del 2023; n. 5905 del 2023)
In altri termini la doppia conforme – in base alla quale non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado che confermano la decisione di primo grado (c.d. “doppia conforme”) – presuppone che nei due gradi di merito le “questioni di fatto” siano state decise in base alle “stesse ragioni” (cfr. comma quarto dell’art. 348 ter cit. ora comma 4 art. 360 c.p.c.); ciò che non avviene quando l’informazione probatoria sia del tutto mancata (cfr., mutatis mutandisi, Cass. n. 28174 del 2018, ove l’informazione era stata travisata) (Cass., Sez. II, 12 novembre 2019, n. 29222)
Non opera la preclusione del principio di doppia conforme quando la motivazione è meramente apparente (Cass. sentenza n. 25778 del 2023)
L’inammissibilità per doppia conforme (art. 348-ter c.p.c. ora art. 360 comma 4 c.p.c.) egualmente non opera con riferimento al vizio di motivazione apparente ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. (per violazione dell’art. 132, comma 2°, n. 4 c.p.c.). («La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01; Cassazione ordinanza n. 23491/2023; Cass. ordinanza n. 21993/2023 in motivazione; Cass. ordinanza n. 21990/2023 )
Pertanto la preclusione dell’impugnazione delle decisioni ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) non opera nei seguenti casi:
- quando dal resoconto fornito dalla difesa della ricorrente sui contenti della sentenza di primo grado si rilevano percorsi argomentativi dissimili tra la decisone di primo grado e quella di secondo grado;
- nel caso di omessa considerazione dei fatti;
- il fatto decisivo che deve essere omesso per integrare la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è quello che costituisce l’oggetto di prova nel giudizio di merito e le circostanze rilevanti ai fini della decisione;
- nei due gradi di merito le “questioni di fatto” siano state decise in base alle “stesse ragioni”;
- motivazione è meramente apparente.
Gli Ermellini con l’ordinanza n. 2516 depositata il 29 gennaio 2024 hanno ribadito che “… quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; il ricorrente per cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; conf. Cass. n. 20994/2019, n. 8320/2021, n. 5947/2023) …”
Querela di falso
Il Supremo consesso, con la sentenza n. 10284 del 2023, in tema di querela di falso ha ribadito che “… Nel contenzioso tributario, infatti, la querela di falso è proponibile, nel giudizio di cassazione, soltanto nei casi in cui concerna documenti attinenti al relativo procedimento, e non anche quando riguardi quelli che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata, l’eventuale falsità dei quali, ove definitivamente accertata, potrà essere fatta eventualmente valere, nelle forme e nei limiti consentiti dall’ordinamento processuale generale e tributario, come motivo di revocazione della sentenza impugnata, ai sensi del combinato disposto degli artt.64 del d.lgs.n. 546 del 1992 e 395 cod.proc.civ. (v.Cass.n.24846 del 6.11.2020). …”
Modalità di presentazione del ricorso: obbligo telematico
Dal 1° gennaio 2023 entra in vigore l’obbligo di deposito telematico del ricorso e del controricorso per cassazione. Pertanto, non sarà più possibile effettuare il deposito cartaceo, ovvero la spedizione a mezzo del servizio postale.
Di conseguenza sono stati abrogati gli articoli da 134 a 137 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Modificato altresì l’art. 369 c.p.c. sia nella parte in cui prevedeva l’obbligo di deposito in cancelleria, sia nell’ultimo comma là dove si prevedeva l’onere di richiedere la trasmissione del fascicolo con istanza da depositare munita di visto.
Dal 28 febbraio 2023 (essendo stata anticipata l’entrata in vigore originariamente prevista per il 30 giugno 2023) il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
E’ stato infatti modificato l’ultimo comma dell’art. 372 c.p.c. che in origine prevedeva a pena di inutilizzabilità la notifica dell’elenco alle altre parti.
Dal 1.1.2023, per effetto dell’obbligo telematico, sono state apportate le seguenti modifiche:
- il venir meno dell’elezione del domicilio in Roma per le comunicazioni, posto che è richiesta soltanto l’indicazione del domicilio digitale, cioè l’indirizzo PEC;
- le notificazioni processuali vanno effettuate soltanto all’indirizzo PEC, ai sensi dell’art. 366 c.p.c.; lo stesso dicasi anche per quelle tra il difensore e la cancelleria;
- è eliminato il deposito in cancelleria del ricorso e del controricorso;
- è eliminato l’obbligo, di cui all’art. 369 c.p.c., di trasmissione del fascicolo d’ufficio alla Corte di cassazione (osservanza punita a pena di inammissibilità fino al 31.12.2022) in quanto è la segreteria della Corte di cassazione a subire l’onere dell’acquisizione del fascicolo, d’ufficio, richiedendone l’invio alla Corte di Giustizia Tributaria che ha emesso l’atto impugnato (art. 137-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c.);
- il controricorso deve essere soltanto depositato in via telematica entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso. Ai sensi dell’art. 371 c.p.c., la parte cui è stato notificato il ricorso può proporre, entro 40 giorni il controricorso con atto depositato (e non più con atto notificato al ricorrente principale).
- Dal 1° gennaio 2023 entrano in vigore i nuovi codici di classificazione per i ricorsi civili in Cassazione (testo in calce): eliminate le materie coni i vecchi codici dal 154 al 203 e introdotte 19 nuove materie con codici dal 204 al 222.
La Corte di Cassazione con un comunicato ha reso noto che dal 1° gennaio 2023 cambiano i codici di classificazione per il deposito telematico dei ricorsi.
In particolare il precedente elenco è stato aggiornato eliminando tutte le materie con i codici precedentemente compresi tra il numero 154 ed il numero 203. Sono state introdotte 19 nuove materie, di cui 17 relative ai ricorsi in materia tributaria. Le nuove voci, contenute nella tabella allegata al comunicato, sono numerate con i codici dal 204 al 222.
Inoltre tra le note esplicative é stato precisate che in materia tributaria, se il ricorso riguarda una pluralità di tributi, si applicano le seguenti regole:
- sulle imposte generali (codici 157,158,159 e 162) prevalgono quelle specifiche (da 163 a 171);
- tra le imposte generali prevale l’imposta di maggior valore, salvo che la questione controversa di prevalente rilievo riguardi un’altra imposta;
- in caso di riscossione tra le diverse imposte con prevalenza nell’ordine i codici 166,172, e 161;
- tra avviso e riscossione prevalgono i codici relativi all’avviso;
- le sanzioni seguono l’imposta cui afferiscono anche se quest’ultima non è specifico oggetto di ricorso.
L’art. 35 del decreto-legge 24 febbraio 2023 n. 13, ha modificato il citato art. 196 quater delle disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile estendendo l’obbligo del deposito telematico anche alle attività del pubblico ministero e deposito dei verbali di udienza e dei provvedimenti da parte dei magistrati.
SUL PROCESSO CIVILE IN CASSAZIONE
tra la Corte Suprema di cassazione, la Procura Generale della Corte di cassazione, l’Avvocatura Generale dello Stato ed il Consiglio Nazionale Forense
Premesso che
Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, di «Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», ha comportato una rilevante riforma del processo civile di cassaz10ne.
Nell’ambito della medesima riforma sono state introdotte norme che potrebbero essere definite “trasversali”, come l’estensione e il rafforzamento del processo civile telematico ovvero l’accentuazione della “dimensione valoriale” del processo, sottolineando il ruolo fondamentale dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti e di collaborazione tra le parti e il giudice.
Si tratta di modifiche importanti, finalizzate a garantire maggiore effettività alla tutela giurisdizionale in sede civile, sia attraverso la riduzione della durata dei procedimenti, sia consentendo di concentrare risorse ed energie nell’espletamento della funzione nomofilattica propria di una Corte Suprema.
Tutto ciò rende necessario aggiornare e ricalibrare i vari Protocolli d’intesa intercorsi tra la Corte di cassazione, la Procura Generale, l’Avvocatura Generale dello Stato e il Consiglio Nazionale Forense di seguito elencati: il Protocollo sulle regole redazionali dei ricorsi, civili e tributari, del 17 dicembre 2015; il Protocollo sull’attuazione del rito civile in cassazione del 15 dicembre 2016;
il Protocollo sull’avvio del processo telematico e sulla digitalizzazione del 27 ottobre 2020, come integrato in data 18 novembre 2020 e 7 aprile 2021.
Attraverso la sottoscrizione di un testo unico dei protocolli, destinato a ricomprendere e superare quelli sinora siglati, si intende manifestare la volontà comune di costruire insieme una prassi organizzativa e un’interpretazione condivisa di alcuni snodi altrimenti problematici delle modifiche normative, nella convinzione che il modo più efficace per produrre il cambiamento culturale richiesto dalla riforma sia quello del pieno e fattivo coinvolgimento di tutti i soggetti del processo sui quali ricade la comune responsabilità di farlo funzionare, e che nessuna significativa modifica del modo di essere e funzionare della Corte di cassazione può prescindere dal consenso e dal contributo della classe forense.
La realizzazione di questo Protocollo, suscettibile di progressivi aggiornamenti è espressione della necessità – avvertita da tutti i sottoscrittori – di affrontare i temi di comune interesse con il metodo del confronto sui problemi e della condivisione degli obiettivi.
tanto premesso
la Corte di cassazione, la Procura Generale della Corte di cassazione, l’Avvocatura Generale dello Stato ed il Consiglio Nazionale Forense approvano il seguente
PROTOCOLLO D’INTESA
1. REGOLE REDAZIONALI DEGLI ATTI PROCESSUALI
Si conviene che, in considerazione della codificazione del principio di chiarezza e sintesi degli atti e provvedimenti, di cui al novellato art. 121 c.p.c., si rende necessario ribadire le regole redazionali già convenute nel protocollo siglato nel 2015, con le attualizzazioni imposte dalla obbligatorietà del processo civile telematico e l’adozione di un modulo redazionale dei ricorsi, che ne definisca l’estensione e ne agevoli la comprensione, senza che l’eventuale mancato rispetto della regola sui limiti dimensionali comporti un’automatica sanzione di tipo processuale.
1.1 Redazione dei ricorsi
I ricorsi dovranno essere redatti secondo lo schema strutturato, approvato e pubblicato sul p.s.t. (portale servizi telematici), inserendo, in particolare, le seguenti indicazioni.
parte ricorrente
Cognome e nome – denominazione sociale – data e luogo di nascita – legale rappresentante – luogo
di residenza – sede sociale – codice fiscale
dati del difensore (cognome e nome, codice fiscale)
dati del dom1ciliatario (cognome e nome, codice fiscale) – eventuale –
parte intimata
Gli stessi dati indicati per la parte riconente (se noti alla medesima parte riconente ).
sentenza impugnata
Estremi del provvedimento impugnato (Autorità giudiziaria che lo ha emesso, codice ufficio, Sezione, numero del provvedimento, data della decisione, data della pubblicazione, data della notifica se notificato).
codice materia
Codice materia conelato al codice-oggetto del giudizio di merito (ad eccezione del giudizio tributario), secondo le disposizioni riportate sul sito della Corte di cassazione ed allegate al presente protocollo (v., All. n. I), al fine della conetta assegnazione del ricorso alla Sezione tabellarmente competente.
valore della controversia
Specificazione del valore della controversia ai fini della determinazione del contributo unificato.
parole chiave
Massimo 10 ( dieci) parole, che descrivano sinteticamente la materia oggetto del giudizio.
sintesi dei motivi
Sintesi dei motivi del ricorso (in non più di alcune righe per ciascuno di essi e contrassegnandoli numericamente), mediante la specifica indicazione, per ciascun motivo, delle norme di legge che la parte riconente ritenga siano state violate dal provvedimento impugnato e delle questioni trattate. Nella sintesi dovrà essere indicato per ciascun motivo anche il numero della pagina ove inizia lo svolgimento delle relative argomentazioni a sostegno nel prosieguo del ricorso, eventualmente inserendo il link di invio diretto alla pagina di riferimento.
svolgimento del processo
Esposizione, di regola, in massimo 5 pagine, del fatto processuale in modo funzionale alla chiara percepibilità delle ragioni poste a fondamento delle censure sviluppate nella parte motiva.
motivi di impugnazione
Argomenti a sostegno delle censure già sinteticamente indicate nella parte denominata “sintesi dei motivi”.
L’esposizione deve rispondere al criterio di specificità e di concentrazione dei motivi e deve essere contenuta, di regola, nel limite massimo di 30 pagine.
Per ciascuno dei motivi devono essere indicati gli atti processuali, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi sui quali il motivo si fonda, illustrandone il contenuto rilevante (eventualmente inserendo apposito link).
conclusioni
Provvedimento richiesto (ad esempio: cassazione con rmvio, cassaz10ne senza rmv10 con decisione di merito, ecc.).
documenti da depositare ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.
Atti e/o documenti espressamente indicati in relazione a ciascun motivo, elencati secondo un ordine numerico progressivo.
I relativi file vanno denominati utilizzando la stessa nomenclatura e numerazione utilizzate nell’elenco.
caratteri
Per facilitare la lettura, si raccomanda di utilizzare caratteri di tipo corrente e di dimensioni di almeno 12 pt nel testo, con interlinea 1,5 e margini orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5.
1.2. Redazione dei controricorsi e ricorsi incidentali.
Tutte le indicazioni relative al ricorso, comprese quelle sulle misure dimensionali e i caratteri, si estendono, per quanto compatibili, ai controricorsi.
In particolare, per quanto attiene alla sintesi dei motivi, sarà opportuna una sintesi degli argomenti difensivi correlati ai singoli motivi di ricorso (“contromotivi”).
Analogamente, sarà opportuno indicare, in relazione a ciascun motivo del ricorso avversario, gli eventuali atti, documenti o contratti collettivi su cui si fonda la difesa.
Qualora il controricorso contenga anche un ricorso incidentale, si applicano integralmente le previsioni dettate per i ricorsi.
1.3. Memorie illustrative.
Le memorie non devono superare, di regola, le 15 pagine, con l’osservanza delle raccomandazioni sull’uso dei caratteri previsti per i ricorsi.
1.4. Atti codificati del processo civile telematico.
Per il deposito telematico occorre utilizzare l’apposito atto codificato dal sistema informatico (v., All. n. 2) per la corretta indicizzazione nel fascicolo informatico ai fini della più immediata consultabilità.
1.5. Principio di specificità e localizzazione.
Tale principio deve ritenersi rispettato quando:
- ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di chiarezza e sinteticità previsti dal codice di rito;
- nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.), con l’illustrazione del contenuto rilevante e la precisazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce;
- nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati la fase processuale e il momento in cui è avvenuto il deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo;
- siano depositati mediante allegazione nella busta telematica, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso.
1.6. Note a chiarimento.
- Il mancato rispetto dei limiti dimensionali e delle ulteriori indicazioni sin qui previste non comporta l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso (e degli altri atti difensivi or ora citati), salvo che ciò non sia espressamente previsto dalla
- Nel caso che per la loro particolare complessità le questioni da trattare non appaiano ragionevolmente comprimibili negli spazi dimensionali indicati, dovranno essere esposte specificamente, nell’ambito del medesimo ricorso (o atto difensivo), le ragioni per le quali sia risultato necessario scrivere di più. La presentazione di un ricorso incidentale, nel contesto del controricorso, costituisce di per sé ragione giustificatrice di un ragionevole superamento dei limiti dimensionali fissati.
- L’eventuale riscontrata e motivata infondatezza delle motivazioni addotte per il superamento dei limiti dimensionali indicati, pur non comportando inammissibilità del ricorso (o atto difensivo), può essere valutata ai fini della liquidazione delle spese.
- Dai limiti dimensionali sono esclusi: a) l’intestazione; b) l’indicazione delle parti processuali, del provvedimento impugnato, dell’oggetto del giudizio, del valore della controversia, della sintesi dei motivi e delle conclusioni; c) l’elenco degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso; d) la procura in calce; e) la relazione di notificazione.
- L’uso di particolari tecniche di redazione degli atti (in particolare, quando consentano la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto), tali da agevolarne la consultazione e la fruizione al magistrato e alle altre parti del processo, comporta l’aumento del compenso professionale, ai sensi dell’art. 4, comma 1-bis, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
2. DISPOSIZIONI PER IL RITO CAMERALE UNIFICATO
2.1. Avviso di fissazione dell’adunanza camerale
L’avviso di fissazione dell’adunanza camerale sarà redatto secondo il modello predisposto dall’ufficio e riporterà:
- l’indicazione della data, dell’ora e del luogo dell’adunanza stessa;
- l’indicazione che l’adunanza camerale non è partecipata;
- l’indicazione del termine entro il quale le parti hanno facoltà di depositare memoria;
- l’indicazione della facoltà di cui al punto 4.
2.2. Conclusioni scritte del Procuratore generale.
Le conclusioni scritte formulate dal Procuratore Generale e trasmesse tramite piattaforma p.c.t. saranno rese disponibili alle parti attraverso la consultazione del p.s.t.
2.3. Istanza di trattazione della causa in pubblica udienza.
Qualora un ricorso sia avviato alla trattazione camerale, le parti potranno richiedere motivatamente, nella memoria depositata a norma dell’art. 380 bis.I, c.p.c. o con apposita istanza, che la trattazione avvenga invece in pubblica udienza indicando la questione di diritto di particolare rilevanza che, a loro avviso, giustifica la discussione pubblica.
2.4. Regime transitorio (di cui al comma 2 dell’art. l bis del d.l. n. 168 del 2016, conv. in l. 197 del 2016).
Per i ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 per i quali venga successivamente fissata l’adunanza camerale, l’intimato che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora avuto la possibilità di partecipare alla discussione orale, potrà, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà, presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro quali può farlo il controricorrente.
Della possibilità di avvalersi di tale facoltà si darà notizia alle parti destinatarie dell’avviso di fissazione dell’adunanza.
Nei medesimi casi la parte intimata, che non ha notificato il controricorso, è autorizzata a presentare l’istanza prevista dall’art. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137 del 2020.
3. PROCEDIMENTO PER LA DECISIONE ACCELERATA DEI RICORSI EX ART. 380 BISC.P.C.
Quanto alla sintetica proposta di definizione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c., tenuto conto dell’esigenza manifestata dall’Avvocatura di una adeguata informazione circa le ragioni addotte, si conviene che:
la proposta dovrà indicare:
- quanto alla prognosi di inammissibilità o di improcedibilità, a quale ipotesi si faccia riferimento (tramite menzione del dato normativo o, in alternativa, del precedente o, ancora, con breve formula libera);
- quanto alla prognosi di manifesta infondatezza, quali siano i precedenti giurisprudenziali di riferimento e le ragioni del giudizio prognostico sui motivi di ricorso, anche mediante una valutazione sintetica e complessiva degli stessi, ove ne ricorrano i presupposti.
Tale proposta sarà formulata secondo un modello informatizzato e verrà comunicata ai difensori con l’indicazione espressa che entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione e che, in mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvederà ai sensi dell’art. 391 c.p.c., nonché con l’avvertimento che, se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procederà ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
4. DIGITALIZZAZIONE DEGLI ATTI NEI PROCESSI CIVILI DAVANTI ALLA CORTE DI CASSAZIONE
Considerato che è attualmente pendente innanzi alla Corte un numero rilevantissimo di procedimenti civili introdotti nelle forme ordinarie, mediante il deposito degli atti esclusivamente in forma cartacea, per favorire lo sviluppo del processo telematico appare di estrema utilità che gli atti processuali già depositati in modalità analogica dalle parti siano veicolati in via telematica tramite piattaforma p.c.t., nei tem1ini e con le modalità di seguito specificate, e così resi disponibili ai magistrati nell’apposito applicativo ministeriale (il cd. desk del magistrato) in uso presso le sezioni civili della Cassazione e della Procura Generale.
A tal fine si conviene quanto segue.
4.1. Contenuto del provvedimento di fissazione dell’udienza.
- Con la comunicazione contenente l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica o dell’adunanza camerale non partecipata, la Cancelleria della Corte di cassazione inviterà i difensori e l’Avvocatura Generale dello Stato a trasmettere, ove nella loro disponibilità e secondo le forme di cui agli articoli seguenti del presente protocollo, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, copia informatica – nel formato pdf previsto per i documenti informatici allegati, ex art. 12 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 – di tutti gli atti processuali del giudizio di cassazione già depositati in cartaceo nelle forme ordinarie (ricorso, controricorso, nota di deposito ex art. 372, comma secondo, c.p.c., provvedimento impugnato).
4.2. Modalità di deposito delle copie informatiche degli atti cartacei.
- I difensori delle parti, compresa l’Avvocatura Generale dello Stato, provvederanno a depositare in via telematica sulla piattaforma p.c.t. le copie informatiche di tutti gli atti processuali del giudizio di cassazione, già depositati in cartaceo, ove nella loro disponibilità.
- L’adesione all’invito di cui al presente protocollo implica l’impegno a trasmettere copie informatiche di contenuto uguale agli originali o alle copie già presenti nel fascicolo
4.3. Utilizzo della piattaforma del processo telematico per le memorie e le richieste dell’udienza cartolare.
Secondo le stesse modalità saranno depositate le memorie e le richieste previste dall’art. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 37 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 76 del 2020, la cui efficacia è stata prorogata con il d.l. n. 198 del 2022 sino al 30 giugno 2023.
5. COSTITUZIONE DEL GRUPPO DEI REFERENTI PER L’ATTUAZIONE DEL PROTOCOLLO.
Per seguire lo sviluppo delle attività atte a garantire la piena attuazione e l’aggiornamento del protocollo è costituito un gruppo di lavoro, formato da: per la Corte di cassazione: Segretario generale agg. cons. Irene Tricomi, Vice Segretario generale cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli; Direttore del CED cons. Enzo Vincenti, Magistrato addetto al CED cons. Ileana Fedele; per il Consiglio Nazionale Forense: Avvocato Francesco Greco, Avvocato Alessandro Patelli; per l’Avvocatura Generale dello Stato: Avvocato dello Stato Marco La Greca, Avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio; per la Procura Generale della Corte di cassazione: Avvocato Generale Renato Finocchi Ghersi, Avvocato Generale Rita Sanlorenzo. Il gruppo dei referenti provvederà altresì a promuovere la formazione per tutti i soggetti coinvolti (personale amministrativo e tecnico, avvocatura, magistrati), anche attraverso l’organizzazione di iniziative congiunte e trasversali fra i diversi interlocutori istituzionali.
Il medesimo gruppo provvederà infine a promuovere l’adozione delle misure organizzative necessarie a supportare l’efficace avvio e sviluppo della riforma, anche attraverso l’eventuale formulazione di modifiche normative che si rendessero opportune.
6. ABROGAZIONE DEI PRECEDENTI PROTOCOLLI
Con la sottoscrizione del presente protocollo cessano di avere validità i precedenti protocolli sottoscritti dalle medesime parti in materia civile.
Roma, 10 marzo 2023
Il Primo Presidente Il Procuratore Generale
della Corte di Cassazione della Corte di Cassazione
L’Avvocato Generale dello Stato La Presidente del Consiglio
Gabriella Palmieri Sandulli Nazionale Forense
Allegati
All. n. 1: elenco codici materia;
All. n. 2: elenco atti di parte ed allegati codificati.
Ricorso per cassazione d.c. (dopo Cartabia)
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
RICORSO PER CASSAZIONE
Per…
………… elett.nte dom.to ai fini del presente giudizio di legittimità, pressol’Avv. ……(cod. fisc.:….. , indirizzo pec comunicato all’Ordine ….., n. telefax….. ). del forodi……………….. , che lo difende, in forza di procura speciale congiunta al presente atto e rilasciata su foglio separato;
ricorrente
contro
………….., rappresentato e difeso nel giudizio di appello dall’Avv………(C.F………pec ………….), del foro di……………….. ;
intimato
per la cassazione
della sentenza n…………………… pubblicata in data ………………… resa inter partes dalla Corte d’Appello di …………….. Cons. Rel. Dott. , nel giudizio n……………………R.G. della Corte d’Appello di ……………….., non notificata;
Oggetto della controversia:………………………………………………………………………………………………
Sintesi dei motivi di ricorso:……………………………….
Valore della controversia:………………….
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
Con il presente atto si impugna quest’ultima sentenza per i seguenti
MOTIVI
………………..
……………
………………
…………………………
Si vedano in particolare:
* * *
Conseguentemente, si chiede la cassazione della sentenza n. ………………….. emessa da ………………….. con ogni conseguente provvedimento di legge.
* * *
Unitamente al presente ricorso, notificato alla controparte, si depositano i seguenti atti e documenti:
• copia autentica sentenza della Corte d’appello di …………………………..;
• procura speciale (se rilasciata su foglio separato)………………..
• fascicolo di parte relativo al giudizio d’appello con l’allegato fascicolo di parte di primo grado.
Si depositano inoltre in copia i seguenti atti e documenti sui quali si fonda il ricorso: A B C D E
Data e Luogo Firma