cassazione sez. lavoro

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 31712 depositata il 10 dicembre 2024 – Il fatto che la contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale per il lavoro domenicale non è qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento ai lavoratori domenicali

Il fatto che la contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale per il lavoro domenicale non è qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall'ordinamento ai lavoratori domenicali

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Sentenza n. 30258 depositata il 25 novembre 2024 – In tema di APE sociale di cui all’articolo 1 comma 179 lettera a) della legge 232 del 2016, che i requisiti di accesso alla prestazione (occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti alla cessazione del rapporto, e successiva disoccupazione) vanno riferiti all’ultimo dei lavori -a tempo indeterminato o a tempo determinato con durata superiore a sei mesi- precedenti la prestazione, restando irrilevante che dopo la cessazione del detto rapporto vi sia stata rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi

In tema di APE sociale di cui all’articolo 1 comma 179 lettera a) della legge 232 del 2016, che i requisiti di accesso alla prestazione (occupazione per 18 mesi nei 36 mesi precedenti alla cessazione del rapporto, e successiva disoccupazione) vanno riferiti all’ultimo dei lavori -a tempo indeterminato o a tempo determinato con durata superiore a sei mesi- precedenti la prestazione, restando irrilevante che dopo la cessazione del detto rapporto vi sia stata rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 30701 depositata il 29 novembre 2024 – In tema di computo dei termini lo spostamento nel tempo della scadenza dei termini da calcolarsi a ritroso, se cadenti in giorno festivo, dev’essere pure esso calcolato a ritroso, individuando il “dies ad quem” nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, non già nel giorno successivo, così da non abbreviare l’intervallo di tempo, previsto a tutela di chi deve ricevere l’atto

In tema di computo dei termini lo spostamento nel tempo della scadenza dei termini da calcolarsi a ritroso, se cadenti in giorno festivo, dev'essere pure esso calcolato a ritroso, individuando il "dies ad quem" nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, non già nel giorno successivo, così da non abbreviare l'intervallo di tempo, previsto a tutela di chi deve ricevere l'atto

Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 31242 depositata il 6 dicembre 2024 – In ordine alla domanda di risarcimento danni per la lesione dell’integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente in regime di diritto pubblico è strettamente connessa alla determinazione del petitum sostanziale giacché, se è  fatta valere   la responsabilità contrattuale  dell’ente datore di lavoro,  la cognizione  della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario

In ordine alla domanda di risarcimento danni per la lesione dell'integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente in regime di diritto pubblico è strettamente connessa alla determinazione del petitum sostanziale giacché, se è  fatta valere   la responsabilità contrattuale  dell'ente datore di lavoro,  la cognizione  della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario

Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 30628 depositata il 28 novembre 2024 – Il diritto ai permessi mensili retribuiti previsti dall’art. 33 della legge 104 del 1992 sorge a seguito di domanda amministrativa e, in presenza delle condizioni richieste dalla legge, si configura come obbligazione di durata che permane sino all’accertamento di eventuale sopravvenuta modifica delle predette condizioni

Il diritto ai permessi mensili retribuiti previsti dall'art. 33 della legge 104 del 1992 sorge a seguito di domanda amministrativa e, in presenza delle condizioni richieste dalla legge, si configura come obbligazione di durata che permane sino all'accertamento di eventuale sopravvenuta modifica delle predette condizioni

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Sentenza n. 30259 depositata il 25 novembre 2024 – L’art. 2 della legge n. 297 del 1982 e l’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1992 (che istituiscono e regolano il Fondo di Garanzia presso l’Inps) si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui il TFR diviene esigibile e in cui la domanda d’insinuazione al passivo viene proposta ed, inoltre, poiché il TFR diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturato per TFR fino al momento della cessione d’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l’Inps, che è estraneo alla procedura e che perciò deve poter contestare il credito per TFR, sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non opera ancora la garanzia della legge n. 297 del 1982, art. 2

L’art. 2 della legge n. 297 del 1982 e l’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1992 (che istituiscono e regolano il Fondo di Garanzia presso l’Inps) si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui il TFR diviene esigibile e in cui la domanda d’insinuazione al passivo viene proposta ed, inoltre, poiché il TFR diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturato per TFR fino al momento della cessione d’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l’Inps, che è estraneo alla procedura e che perciò deve poter contestare il credito per TFR, sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non opera ancora la garanzia della legge n. 297 del 1982, art. 2

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 30082 depositata il 21 novembre 2024 – La colpa grave della lavoratrice madre, ai fini del recesso, non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero di una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva, essendo invece necessario verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla suddetta norma e diversa, per l’indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina pattizia per i generici casi d’inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto

La colpa grave della lavoratrice madre, ai fini del recesso, non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero di una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva, essendo invece necessario verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla suddetta norma e diversa, per l'indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina pattizia per i generici casi d'inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 30426 depositata il 26 novembre 2024 – La mancata evocazione delle norme violate e del canale di accesso, nello specifico il n. 4 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. il solo che avrebbe consentito al giudice di legittimità di trasformarsi in giudice del fatto processuale, in modo da verificare la fondatezza delle doglianze relative alla mancata valorizzazione di allegazioni che – si assume – sarebbero state tempestivamente svolte e neglette, il motivo difetta sotto l’indicato profilo di specificità, in quanto, pur dopo la sentenza della Corte Edu Succi contro Italia del 28.10.2021, così come precisato dal giudice di legittimità nella sua massima composizione, il ricorrente avrebbe dovuto quantomeno indicare dove negli atti processuali ha svolto dette allegazioni o riportarne stralcio

La mancata evocazione delle norme violate e del canale di accesso, nello specifico il n. 4 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. il solo che avrebbe consentito al giudice di legittimità di trasformarsi in giudice del fatto processuale, in modo da verificare la fondatezza delle doglianze relative alla mancata valorizzazione di allegazioni che – si assume - sarebbero state tempestivamente svolte e neglette, il motivo difetta sotto l’indicato profilo di specificità, in quanto, pur dopo la sentenza della Corte Edu Succi contro Italia del 28.10.2021, così come precisato dal giudice di legittimità nella sua massima composizione, il ricorrente avrebbe dovuto quantomeno indicare dove negli atti processuali ha svolto dette allegazioni o riportarne stralcio

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