cassazione tributi

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 3709 depositata il 13 febbraio 2025 – Nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi

Nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 3770 depositata il 14 febbraio 2025 – Ai fini della deducibilità dei costi per la determinazione del reddito d’impresa non è sufficiente che l’attività svolta rientri tra quelle previste nello statuto sociale, circostanza che ha un valore meramente indiziario circa la sua inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa, incombendo sul contribuente l’onere di dimostrare che un’operazione, anche apparentemente isolata e non diretta al mercato, sia inserita in una specifica attività imprenditoriale e destinata, almeno in prospettiva, a generare un lucro in proprio favore

Ai fini della deducibilità dei costi per la determinazione del reddito d'impresa non è sufficiente che l'attività svolta rientri tra quelle previste nello statuto sociale, circostanza che ha un valore meramente indiziario circa la sua inerenza all'effettivo esercizio dell'impresa, incombendo sul contribuente l'onere di dimostrare che un'operazione, anche apparentemente isolata e non diretta al mercato, sia inserita in una specifica attività imprenditoriale e destinata, almeno in prospettiva, a generare un lucro in proprio favore

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 2801 depositata il 5 febbraio 2025 – In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del D.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo D.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità

In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa (e non dall'art. 75, comma 5 del D.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo D.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 2798 depositata il 5 febbraio 2025, n. 2798 – In tema di contenzioso tributario, la trattazione del ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un’istanza di una delle parti ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. n. 546 del 1992, integra una nullità processuale che travolge la successiva sentenza per violazione del diritto di difesa

In tema di contenzioso tributario, la trattazione del ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un'istanza di una delle parti ai sensi dell'art. 33 del D.Lgs. n. 546 del 1992, integra una nullità processuale che travolge la successiva sentenza per violazione del diritto di difesa

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 2799 depositata il 5 febbraio 2025 – In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, dopo che l’Amministrazione ha assolto al suo obbligo probatorio, ai fini della dimostrazione della propria buona fede, l’operatore commerciale deve provare di essersi attivato nel migliore dei modi possibili, secondo le circostanze del caso concreto, per accertare la concreta affidabilità commerciale della controparte, sotto un profilo sostanziale e non meramente formale, come accade con l’acquisizione di informazioni soltanto da banche dati pubbliche

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, dopo che l'Amministrazione ha assolto al suo obbligo probatorio, ai fini della dimostrazione della propria buona fede, l'operatore commerciale deve provare di essersi attivato nel migliore dei modi possibili, secondo le circostanze del caso concreto, per accertare la concreta affidabilità commerciale della controparte, sotto un profilo sostanziale e non meramente formale, come accade con l'acquisizione di informazioni soltanto da banche dati pubbliche

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 2800 depositata il 5 febbraio 2025 – L’amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente “sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale

L'amministrazione finanziaria deve inoltre provare la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, che non si sostanzia nella prova della partecipazione del soggetto all'accordo criminoso né nella prova della sua piena consapevolezza della frode, ma solo che il contribuente "sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in una evasione fiscale

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